Da vari giorni i media trasmettono immagini e notizie drammatiche sull’invasione del cantone di Afrin, territorio, collocato nella parte occidentale della Federazione Democratica della Siria del Nord e bombardato senza pietà.
L’esercito Turco, al fine di non sporcarsi le mani e cancellare il numero di morti dalle sue statistiche, sta conducendo l’attacco servendosi di milizie jihadiste. Queste milizie, che in principio facevano parte di Al-Qaeda e che nel 2014 si sono riorganizzate nella forma di Daesh, vanno oggi sotto il nome di FSA. Le immagini brutali che gli invasori stanno pubblicando sui propri social media, così come le chiamate rumorose alla guerra contro gli infedeli, ci ricordano che il Rojava sta ancora combattendo lo stesso nemico che ha già sconfitto a Kobane e Raqqa.
Recep Tayyip Erdogan, ha dichiarato pubblicamente che, attraverso questa invasione ai danni di un territorio autonomo all’interno di una nazione sovrana, si augura di “restituire Afrin ai suoi veri proprietari”. Dietro questa messinscena, si sta effettivamente portando avanti una pulizia etnica e un genocidio ai danni del popolo Curdo e di altre minoranze che vivono ad Afrin da tempo immemore.
La comunità internazionale sta chiudendo gli occhi di fronte alle continue richieste di aiuto che arrivano da Afrin. Il 24 Febbraio, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha unanimemente adottato una risoluzione per una tregua in tutta la Siria. Ciò ha offerto un barlume di speranza per evitare altri massacri di civili. Nonostante questo, resta innegabile il silenzio seguìto all’intensificazione degli attacchi turchi.
L’esercito Arabo Siriano ha scelto di evitare ogni confronto diretto che potrebbe opporsi ai piani di Erdogan e di abbandonare le forze siriane democratiche. La sua dipendenza dalla Russia e la sua ostilità nei confronti della Federazione Democratica della Siria del Nord sta permettendo alle forze jihadiste neo-ottomane di occupare Afrin.
Le forze di occupazione sono ai cancelli della città. Una città che offre riparo non solo ai suoi abitanti, ma a molti rifugiati che hanno lasciato i propri villaggi dopo la distruzione causata dai bombardamenti turchi. Oltre ai bombardamenti massicci, sono stati registrati attacchi chimici contro i civili, in particolare con cloro gassoso. Anche le infrastrutture vitali alla sopravvivenza della popolazione civile sono state volutamente attaccate. Una settimana fa la Turchia ha interrotto la fornitura di acqua e elettricità alla città, costringendo i residenti a fuggire.
L’assedio continua e la popolazione va incontro ad un massacro imminente. Ieri si trattava dell’ISIS a Kobane, oggi dello stato turco ad Afrin.
Per questi motivi Arci Empolese Valdelsa e Anpi Empoli, rispondendo alla richiesta di unirsi in una giornata di azioni e solidarietà globale, esortano soci, cittadini, associazioni, partiti e istituzioni a partecipare al #worldAfrinday sabato 24 marzo.
In questa giornata invitiamo tutti a riunirsi alle ore 16,30 al presidio per Afrin a Empoli in piazza della Vittoria, piazza che auspichiamo sia riempita dai colori del Kurdistan invece che dalle nostre singole bandiere, per dimostrare che la nostra solidarietà va oltre l’appartenenza.
Fonte: Ufficio Stampa
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