Albor Gambassi Terme, lotta fino alla fine: lo sciopero

Il sindaco Paolo Campinoti alla Albor

Si fa sempre più complicata la situazione dei 36 dipendenti della ditta Albor spa, storica azienda di cornici di Gambassi Terme che ha richiesto un concordato: al momento non si sa se sarà liquidatorio o con continuità. “Per adesso non abbiamo trovato nessuna soluzione che potesse scongiurare i licenziamenti, e proseguono gli incontri presso la sede istituzionale metropolitana per la procedura di mobilità”, dice Alessandro Lippi di Fillea Cgil Firenze. La proprietà ha informato le rappresentanze sindacali che esiste un interessamento da parte di almeno una società per prendere in affitto l'azienda, con opzione successiva di acquisto, ma senza le complete garanzie occupazionali richieste dal sindacato. Sulla vicenda è stata attivata l'unità di crisi con il responsabile Regionale delle attività produttive Gianfranco Simoncini, che si è impegnato immediatamente - insieme al sindaco di Gambassi Paolo Campinoti- a convocare la società interessata all'affitto, per favorire un confronto e una soluzione fra le parti.

“Per noi rimane prioritaria la questione della salvaguardia occupazionale e di proseguimento dell'attività produttiva, per questo abbiamo proposto soluzioni che possono aiutare la definizione di un accordo con le necessarie garanzie occupazionali e di gestione delle maestranze”, conclude Lippi. Per rivendicare queste ragioni, la Fillea Cgil e ai lavoratori hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione e un pacchetto di ore di sciopero, con le prime 8 ore effettuate oggi, mercoledì 28 febbraio.

Le parole del sindaco di Gambassi Terme, Paolo Campinoti 

"In un clima di estrema civiltà e ovviamente di preoccupazione per il futuro. Il 12 marzo, in Regione, avremo un incontro con possibili investitori. A quel tavolo, il comune di Gambassi Terme, porterà la propria disponibilità a favorire il proseguimento dell'attività produttiva con lo scopo di mantenere quanti più posti di lavoro possibile. Sul piatto il trasferimento dell'attività produttiva in un altro capannone e la realizzazione di un piano urbanistico attuativo che consentirebbe la trasformazione dell'attuale area di produzione in area residenziale e urbanizzata. Nessuna promessa tranne quella di lavorare al massimo per ottenere qualcosa di concreto."

 

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