Il capo dei capi della mafia cinese finisce in manette: 33 arresti nell'operazione China Truck

"Se andate verso la mia corrente vivrete, se andrete contro la mia corrente, morirete!” questo è il sinistro biglietto da visita con cui il responsabile di un’associazione a delinquere cinese si è presentato ad una riunione di affari per una fusione di società. Una delle tante frasi di cui l’uomo si è poi vantato al telefono mentre veniva intercettato dalla Polizia nel corso dei sette anni di indagine. Questa mattina la conclusione dell’attività con l’operazione “China Truck” diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze.

In carcere 33 persone mentre altre 21 sono indagate in stato di libertà. L’organizzazione di carattere internazionale si occupava principalmente della gestione in regime di monopolio del trasporto su strada della merce di origine cinese o prodotta in Italia da cittadini cinesi. Gli investigatori sono stati in grado di documentare l’evoluzione dell’associazione che, da Prato, aveva esteso la propria influenza a Firenze, Roma, Milano, Padova e Pisa, sino a varcare i confini nazionali e arrivando in Francia e Spagna.

Al vertice della piramide un cittadino cinese che a Prato ha cominciato la propria carriera criminale; all’inizio della sua espansione è entrato prima in conflitto e poi in affari con un connazionale, che ha assicurato all’organizzazione il braccio armato. Attraverso intimidazioni e vere e proprie violenze il gruppo criminale si è impossessato, passo dopo passo, di tutto il sistema di trasporti delle merci prodotte in Cina.

Per l’organizzazione non era tanto importante il territorio di espansione, quanto piuttosto l’area culturale di influenza, esercitando il proprio potere criminale solo ed esclusivamente all’interno delle comunità cinesi diffuse sul territorio italiano.

Attività collaterali della banda erano la gestione del gioco d’azzardo, la prostituzione, lo spaccio di stupefacenti ed il prestito ad usura.

La forza intimidatoria, in alcune circostanze, era addirittura sostituita dall’autorevolezza; molti componenti delle comunità facevano infatti appello all’organizzazione per dirimere controversie interne alla comunità stessa.

L’organizzazione piramidale contava sui vincoli di affiliazione e su una fedeltà assoluta al capo; i doveri verso il vertice erano talmente forti che avrebbero dovuto superare anche antipatie e contrasti tra i vari membri.

Molto forte anche il legame con la madrepatria ed in particolare con la regione del Fujian, di cui sono originari molti componenti del “braccio armato” dell’organizzazione. Ma se negli affari l’associazione era quasi impermeabile a qualunque tipo di influenza esterna, diverso era invece l’atteggiamento nei momenti conviviali. Gli investigatori hanno infatti documentato, tra le altre cose, il sontuoso banchetto offerto dal capo in occasione del matrimonio del proprio figlio: in un albergo di Roma sono stati pagati quasi 80mila euro per il servizio offerto agli invitati.

L’operazione, che si è conclusa stamattina, ha messo in campo centinaia di uomini del Servizio centrale operativo, delle Squadre mobili, dei cinofili, dei Reparti prevenzione crimine e degli elicotteristi della Polizia.

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