Un’occasione per celebrare i migliori interpreti della pizzeria napoletana a Firenze, per festeggiare i professionisti di quella “Arte del pizzaiuolo napoletano” che l’Unesco ha recentemente riconosciuto patrimonio mondiale immateriale dell’umanità. È con questo spirito che oggi, lunedì 8 gennaio, si ritrovano insieme alla Buoneria (via del Fosso Macinante) gli otto maestri pizzaioli che hanno portato l’eccellenza dell’arte bianca nel capoluogo toscano.
In ordine rigorosamente alfabetico, si tratta di Mario Cipriano (Il vecchio e il mare), Agostino Figliola (Fratelli Cuore), Domenico Luzzi (Fuoco Matto), Marco Manzi (Giotto), Raffaele Menna (Mamma Napoli), Romualdo Rizzuti (Le follie di Romualdo), Giovanni Santarpia (Santarpia) e Ciro Tutino (Buonerìa). I loro nomi sono stati selezionati in base a una serie di criteri - a partire dallo stile napoletano della loro pizza fino al riconoscimento ottenuto da almeno una guida gastronomica di settore – con la supervisione del “guru” Sabino Berardino, uno dei massimi esperti del settore a livello nazionale.
Il riconoscimento è stato consegnato ai pizzaioli dai rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni di categoria che hanno sposato l’iniziativa, organizzata dal Forchettiere Marco Gemelli con il patrocinio del Comune di Firenze e la partecipazione di Coldiretti Toscana, Fipe-Confcommercio e Confesercenti Firenze. A consegnare le pergamene agli otto “big” della pizza napoletana a Firenze sono stati Carlo Francini (responsabile dell’Ufficio Unesco del Comune), Fabio Giorgetti (presidente della Commissione Sviluppo Economico del Comune), Antonio De Concilio (direttore di Coldiretti Toscana), Aldo Cursano (vicepresidente di Fipe Confcommercio) e Claudio Bianchi (presidente Città Metropolitana Confesercenti Firenze).
“Firenze è una città che negli ultimi anni ha visto esplodere il fenomeno della pizza d’ispirazione napoletana di alta qualità – spiegano gli organizzatori – e ci sembrava giusto premiarne gli interpreti più significativi tra quelli che qui vivono e lavorano, soprattutto alla luce del riconoscimento dell’Unesco. Non è un caso, se la Toscana è una delle regioni che contano il maggior numero di pizzerie partenopee segnalate dalle guide di settore, ovviamente dopo la Campania. Ognuno col proprio stile e le sue peculiarità, questi otto pizzaioli sono un vanto e un patrimonio per l’intera città”.
Coldiretti: il riconoscimento Unesco per l’arte del pizzaiolo anche grazie al nostro impegno
Un mese fa si concludeva un percorso che ha portato alla raccolta in 100 Paesi di oltre 2 milioni di firme, più della metà delle quali grazie alla mobilitazione della Coldiretti, dopo un cammino durato complessivamente sette anni. Solo in toscana Coldiretti ha raccolto oltre 70mila firme per giungere alla dichiarazione Unesco che la pizza napoletana è un bene immateriale patrimonio mondiale dell'umanità e come tale un "valore" da proteggere e valorizzare.
E visto che Firenze è una delle città con un altissimo numero di maestri pizzaioli di tradizione partenopea, anche qua in riva all'Arno si è voluto rendere omaggio a questa eccellenza italiana diventata celebre nel mondo.
Il riconoscimento è stato consegnato ai pizzaioli dai rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni di categoria che hanno sposato l’iniziativa, organizzata dal Forchettiere Marco Gemelli con il patrocinio del Comune di Firenze e la partecipazione di Coldiretti Toscana, Fipe-Confcommercio e Confesercenti Firenze. A consegnare le pergamene agli otto “big” della pizza napoletana a Firenze sono stati Carlo Francini (responsabile dell’Ufficio Unesco del Comune), Fabio Giorgetti (presidente della Commissione Sviluppo Economico del Comune), Antonio De Concilio (direttore di Coldiretti Toscana), Aldo Cursano (vicepresidente di Fipe Confcommercio) e Claudio Bianchi (presidente Città Metropolitana Confesercenti Firenze).
Ecco i pizzaioli premiati: Mario Cipriano (Il vecchio e il mare), Agostino Figliola (Fratelli Cuore), Domenico Luzzi (Fuoco Matto), Marco Manzi (Giotto), Raffaele Menna (Mamma Napoli), Romualdo Rizzuti (Le follie di Romualdo), Giovanni Santarpia (Santarpia) e Ciro Tutino (Buonerìa). I loro nomi sono stati selezionati in base a una serie di criteri - a partire dallo stile napoletano della loro pizza fino al riconoscimento ottenuto da almeno una guida gastronomica di settore – con la supervisione del “guru” Sabino Berardino, uno dei massimi esperti del settore a livello nazionale.
La leggenda vuole che nel giugno 1889 il cuoco Raffaele Esposito fu convocato al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, perché preparasse per Sua Maestà la Regina Margherita le sue famose pizze. La pizza per la prima volta venne così realizzata con pomodoro, mozzarella e basilico, che rappresentavano i colori della bandiera italiana.
“Il processo per il riconoscimento – ricorda Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Toscana- è iniziato nel marzo 2010 per arrivare alla presentazione della candidatura ufficiale da parte della Commissione Nazionale Italiana Unesco nel marzo 2015 e poi ripresentata il 4 marzo 2016, quando il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, riunitosi a Roma, ha deliberato all’unanimità di ricandidare per l’anno 2017 nella Lista dei Patrimoni immateriali dell’Umanità dell’Unesco “L’Arte tradizionale dei pizzaioli napoletani”. Un risultato ottenuto anche grazie alla grande mobilitazione ad Expo di Coldiretti, Fondazione UniVerde, e Associazione Pizzaioli Napoletani con il coinvolgimento delle delegazioni dei Paesi partecipanti all’esposizione universale di Milano”.
L’arte dei pizzaioli napoletani è l’ottavo “tesoro” italiano ad essere iscritto nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, che conta 365 elementi culturali iscritti nella Lista Rappresentativa di 108 Paesi. L’elenco tricolore comprende anche l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014) e la Falconeria, iniziativa cui l'Italia partecipa assieme ad altri 17 Paesi.
“Questo riconoscimento è testimonianza del grande patrimonio agroalimentare made in Italy e non a caso è giunto alla soglia del 2018 – conclude De Concilio - che è stato proclamato l’anno internazionale del cibo italiano nel mondo. Nel nostro Paese, dove è più radicata la cultura alimentare, l’arte della pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale, minacciata dalla globalizzazione, distorta e spesso contraffatta in tutto il mondo”.
Fonte: Ufficio Stampa
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