Dopo un 2021 caratterizzato dalla ripresa dell’economia nazionale post pandemia, l’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF segnala come nel I semestre dell’anno in corso il numero di richieste di credito presentate dalle imprese italiane abbia fatto segnare una flessione del -7,2%.
La dinamica in atto va letta come il segnale di una necessità meno impellente rispetto al passato di rivolgersi agli Istituti di credito per far fronte alla contrazione dei fatturati e dei flussi di cassa che si erano registrati nella fase più acuta della pandemia, quando le aziende erano state indotte a richiedere un grande numero di finanziamenti anche per importi contenuti.
La frenata in atto riguarda sia le Società di capitali, che hanno fatto registrare un -4,2% rispetto al I semestre 2021, sia le Imprese individuali, per le quali la flessione è stata più consistente, pari a -12,8%.
Al contempo, l’importo medio richiesto è cresciuto del +13,6%, attestandosi a 120.227 euro, con un’accelerazione significativa nel secondo trimestre dell’anno (+26,8%) rispetto al pari periodo del 2021. Per quanto riguarda le Imprese individuali, che rappresentano la spina dorsale del tessuto economico e produttivo nazionale, le richieste di credito hanno visto nel I semestre un valore medio pari a 41.479 Euro (+7% rispetto al corrispondente periodo 2021) contro i 158.562 Euro delle Società di Capitali (+11,8%).
“La concatenazione degli eventi negativi che hanno caratterizzato questi ultimi tempi ha prodotto impatti estremamente significativi sulle attività produttive nel nostro Paese. In particolare, in una fase in cui l’economia nazionale stava faticosamente cercando di riportarsi sui livelli pre-pandemia, lo scoppio del conflitto in Ucraina, l’impennata dei costi delle materie prime e dell’energia e il rialzo dei tassi hanno prodotto un nuovo shock. Questo, però, non si è ancora riflesso sulla domanda di credito, con le imprese che non hanno ancora sentito la necessità di aumentare in modo consistente la provvista di liquidità per far fronte all’attività corrente. Al contrario, nel I semestre dell’anno il volume di richieste è complessivamente diminuito in virtù di una crescente tendenza a non frazionare eccessivamente i finanziamenti e a rivolgendosi primariamente a pochi istituti di credito di riferimento per importi più elevati rispetto al passato” commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.
LA SITUAZIONE IN TOSCANA
In Toscana la flessione delle richieste è superiore rispetto al dato nazionale, avendo fatto segnare un -9,1%.
Con 90.293 Euro, l’importo medio richiesto in Regione risulta inferiore rispetto al valore nazionale malgrado un balzo del +13%.
A livello di singole province, la Toscana presenta una crescita delle richieste solo ad Arezzo con un +1,9%. A Lucca la contrazione più marcata, con un -15,4%, seguita da Firenze (-11,3%), Prato (-10,6%) e Massa-Carrara (-10,6%)
Per quanto riguarda l’importo mediamente richiesto, invece, il valore più consistente è quello registrato a Pisa, con 102.347 Euro, e a Pistoia, con 98.821 Euro. Grosseto registra il valore più contenuto con 77.505 Euro.
L’ANDAMENTO DEL CREDITO PUO’ RISENTIRE DELL’ESPOSIZIONE DELLE IMPRESE AL RISCHIO CLIMATICO?
In questi ultimi mesi abbiamo dovuto fare i conti con gli effetti del cambiamento climatico, con la crisi idrica che ha posto le imprese di fronte a sfide che, se non affrontate tempestivamente, potrebbero avere impatti altamente negativi.
In questo scenario, un’analisi esclusiva realizzata da CRIF e RED – società specializzata nel settore dei servizi di consulenza per il risk assessment di disastri naturali e connessi al clima – ha valutato un campione rappresentativo delle imprese italiane, considerando tutte le loro sedi locali su un arco previsionale di trent’anni (entro la fine della decade 2040). Le proiezioni sviluppate tramite sofisticati modelli climatici hanno evidenziato che gli effetti saranno diversificati sul territorio, con variazioni di rischiosità sia in senso positivo (riduzione del rischio) sia in senso negativo (aumento del rischio).
Nello specifico, dall’analisi emerge che nei prossimi anni le imprese italiane esposte a perdite economiche causate da fenomeni naturali potranno salire fino al 36% del totale, con rischi acuti da affrontare quali frane, terremoti, ondate di calore, inondazioni, mentre lo stress idrico rimarrà il rischio prevalente tra quelli cronici. Inoltre, se ci limitiamo ai pericoli legati al clima (quindi escludendo i terremoti), la percentuale di imprese esposte sarà intorno al 30%.
Il Sud e le Isole risulteranno le aree potenzialmente più esposte, con il 50% delle imprese a rischio alto, a causa della maggiore esposizione ai rischi fisici cronici. Inoltre, considerando sia la localizzazione delle imprese sia la materialità di ciascun pericolo naturale per il settore di appartenenza dell’impresa, nei prossimi anni il settore agricolo risulterà il comparto maggiormente esposto ai rischi fisici, con circa metà delle imprese caratterizzata da una rischiosità significativa rispetto ad una media che si attesta al 35% del totale.
"Il cambiamento climatico è ormai una evidenza nella nostra vita quotidiana anche se purtroppo le imprese spesso non sono pienamente consapevoli dei rischi fisici che ne derivano e a cui sono sempre più esposte. La necessità per le imprese di mettere in atto una serie di azioni di contenimento di questi rischi, a beneficio della transizione verso modelli di business più sostenibili e resilienti, può tradursi in investimenti specifici che possono essere positivamente supportati dai player finanziari non solo con prodotti di credito ma anche con offerte assicurative dedicate" – conclude Capecchi.
Fonte: Ufficio Stampa
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