Una giornata da ricordare per Pisa. Il presidente della Repubblica ha fatto visita all'inaugurazione dell'anno accademico e al palazzo della Sapienza: le foto e i video
“La vera forza del nostro Paese: il senso civico che la nostra gente esprime, coltiva, manifesta e pone in essere. E di questo senso civico, questo senso delle comunità, gli atenei sono un punto di formazione decisivo. La formazione, la trasmissione del sapere, del senso critico, del senso verso il futuro è compito degli atenei. Per questo è importante quanto fanno, e per questo auguro a questo Ateneo buon anno accademico”. Con queste parole il Presidente della Repubblica, on. Sergio Mattarella lunedì 18 ottobre ha inaugurato l’anno accademico 2021/2022 dell’Università di Pisa, il 678° dalla sua fondazione.
Parole che hanno trovato eco anche nel discorso del Rettore Paolo Mancarella, in particolare nel ricordare i mesi di emergenza appena trascorsi. “Vogliamo, signor Presidente - ha detto il Rettore - un Ateneo sempre più inclusivo, capace di tutelare pienamente quello che è il diritto allo studio di ogni nostro giovane. Ma soprattutto un’Università in cui si rifuggono, con ogni mezzo, la parcellizzazione delle competenze, gli interessi peculiari e le miopie corporative”.
"Con un certo orgoglio - ha aggiunto il Rettore - posso dire che l’Università non ha avuto un solo momento di sospensione delle sue attività: era fondamentale per non arrestare la carriera dei nostri studenti e per garantire la continuità delle attività di ricerca. Una Università che, per dirla con il sommo poeta, “sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti. Ci siamo riusciti grazie ad una comunità universitaria che ha risposto in modo rapido e compatto, dando prova non solo di grande professionalità, ma anche di una generosità encomiabile. A dimostrazione che le grandi Università non si costruiscono con i mattoni e il cemento, ma con le persone che vi lavorano e studiano".
Rinnovamento, comunità, conoscenza, sapere, ricerca. Queste dunque alcune delle parole chiave della giornata pisana del Capo dello Stato che è iniziata alle 10 con la visita del Palazzo della Sapienza, simbolo e sede storica dell’Ateneo, tornato recentemente a risplendere dopo una profonda ristrutturazione durata alcuni anni. Il Presidente Mattarella, accompagnato dal Rettore Mancarella, si è soffermato nelle due aule magne prima di inaugurare simbolicamente la nuova Biblioteca di Scienze giuridiche, economiche e sociali. Il corteo si è quindi spostato al PalaCus di via Federico Chiarugi per la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2021/2022 a partire dalle 11. Alla presenza del Presidente Mattarella, il Coro e l’Orchestra dell’Università di Pisa hanno eseguito l’Inno di Mameli. Subito dopo è intervenuta la Ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, e il rettore Paolo Maria Mancarella ha letto il suo Indirizzo di saluto.
Sono poi seguiti gli interventi di Giovanni Passalacqua (studente), Elena Orbini Michelucci (personale tecnico-amministrativo), Daniele Mazzei (ricercatore senior di Informatica), Paola Binda (professoressa associata di Fisiologia) e Leonardo Massantini (dottorando in Filosofia). A conclusione della cerimonia è quindi intervenuto Presidente della Repubblica, on. Sergio Mattarella. Hanno infine chiuso la cerimonia il Coro e l’Orchestra dell’Ateneo con l’esecuzione dell’Inno universitario.
Il discorso del presidente Mattarella
Rivolgo un saluto molto cordiale a tutti i presenti, alla Ministra dell’Università, al Presidente della Regione, al Sindaco, al Presidente della Provincia, a tutte le Autorità presenti, ai Rettori di altri atenei, al Corpo accademico, al personale tecnico e amministrativo, particolarmente alle studentesse e agli studenti di questo Ateneo.Un saluto ai Sindaci di altri Comuni presenti.
Vorrei ringraziare molto il Magnifico Rettore e coloro che sono intervenuti per le parole così cortesi di accoglienza nei miei confronti, e vorrei dire al Rettore e ai docenti di questo Ateneo, agli studenti e alle studentesse, che sono davvero molto lieto di essere qui, in questo Ateneo che ha una lunga storia. Non molti giorni addietro – era presente anche la Ministra Messa - in un altro Ateneo, ho cercato di sottolineare come la comune cultura d’Europa nasce in larga misura dalle università, particolarmente da quelle che, sorte dopo l’anno 1000, hanno realizzato allora un tessuto di interscambio, di approfondimenti culturali su cui si è impiantata la comune civiltà europea.
Tra questi atenei c’è quello di Pisa che ben prima del 1343 - data della Bolla di Clemente VI, una Bolla arrivata dalla Francia perché era un Papa che risiedeva ad Avignone (se non ricordo male, il quarto Papa avignonese) – ben prima di quella data, già così remota, così antica, in cui questo Ateneo riceveva la definizione di studium, qui si svolgeva attività universitaria, accademica. Nei tre, quattro anni precedenti la data della Bolla di Clemente VI, qui ha insegnato Bartolo da Sassoferrato. Poc’anzi, ho ammirato un volume di una delle sue opere, stampato poi nel ‘500, nella biblioteca di questo Ateneo che raccoglie nel grande patrimonio librario alcuni tesori di volumi antichi di grande pregio e valore.
Bartolo da Sassoferrato è stato non soltanto il principale giurista della scuola dei commentatori, ma una delle figure più importanti della storia della formazione del pensiero giuridico.
Questa storia così importante di questo Ateneo ha visto tante figure tra i suoi docenti e studenti. Qui hanno studiato personalità di grande pregio e rilievo nella vita del nostro Paese, da Carducci a Enrico Fermi, a Rubbia, a due Presidenti della Repubblica - Gronchi e Ciampi - a maestri della letteratura e dell’arte del cinema. Vi è una grande storia di questo Ateneo che ha trovato impronta nella relazione con cui il Rettore ci ha presentato lo stato dell’Ateneo. Lo ringrazio molto non soltanto per aver dato indicazione dell’ampiezza degli ambiti di impegno e di attività di questo Ateneo per l’insegnamento e per la ricerca, ma per aver fatto comprendere il livello eccellente di questa attività di insegnamento e ricerca, l’apertura alla dimensione internazionale, l’attenzione verso l’innovazione, e anche l’impegno nella terza missione che dà la misura di un Ateneo che si sente comunità.
Ho registrato le sollecitazioni provenienti dal rappresentante degli studenti e dalla rappresentante del personale. Ho ascoltato con attenzione, e con un certo coinvolgimento, le esposizioni fatte dai ricercatori sui loro progetti.
Vorrei raccogliere due tra i tanti spunti che questa mattina sono stati proposti.
Il primo riguarda la multidisciplinarietà. Già nella relazione del Rettore si è colta l’importanza non soltanto dell’offerta di tante discipline, ma della interrelazione fra di esse, e la percezione - che il Rettore ha esplicitato - che va accrescendo la consapevolezza della connessione sempre maggiore e indispensabile fra le varie discipline. Se ne è avuta prova in quello che hanno esposto i tre ricercatori.
La Professoressa Binda ci ha sottolineato come siano state preziose le interrelazioni collaborative tra discipline che appaiono lontane ma in realtà lo sono soltanto apparentemente.
L’altro spunto che vorrei riprendere nasce dalle parole del Rettore che ha parlato di questo anno come di un nuovo inizio. E lo è naturalmente, ben lo sappiamo. Lo è senza alcun dubbio per le condizioni che abbiamo attraversato e per quello che riaprire in pieno l’attività accademica significa per il nostro Paese, oltre che per l’Università. È un nuovo inizio che sovente siamo chiamati ad affrontare. La vita ci pone sovente rispetto a nuovi inizi.
Il Dottor Mazzei poc’anzi ricordava che qui, nell’aprile del 1986 si è realizzata la prima connessione a Internet. Ci ha detto che aveva quattro anni, quindi Internet lo ha accompagnato nel corso del tempo, col suo sviluppo, la sua diffusione, le sue evoluzioni. In quell’anno, io ne avevo quarantacinque. Per me è stato un nuovo inizio anche quello, rispetto non soltanto agli strumenti disponibili ma all’impostazione della vita sociale.
Siamo sempre chiamati a nuovi inizi. Vengono in mente le parole che milleottocento anni fa, Gregorio di Nissa scriveva: “Si passa da un inizio all’altro -diceva grossomodo -, una serie di inizi che non hanno mai fine”. Al di là del significato spirituale che lui attribuiva a queste parole, esse esprimono una grande fiducia nel futuro, una grande apertura verso il futuro.
Vorrei riprendere quanto diceva il Dottor Massantini poc’anzi, mettendoci in guardia –mi pare abbia detto - dalla pericolosa illusione di cercare il recupero dal passato di presunte età d’oro, di antichi fasti. È sempre un pericolo questo, che pone a rischio la proiezione verso il futuro cercando di rivolgere lo sguardo verso il passato.
Vorrei mettere in collegamento questa affermazione che abbiamo ascoltato poc’anzi con quanto ha detto la Ministra Messa sull’esigenza di contrastare la deriva antiscientifica che si registra un po’ ovunque, anche nel nostro Paese, sia pure in piccole dosi, per fortuna. Una deriva antiscientifica che mira a bloccare il futuro e porta a ricondurre tutto al passato.
Noi dobbiamo molto alla scienza. Abbiamo attraversato un periodo lungo – oltre un anno e mezzo - che non dobbiamo dimenticare, anche per rispetto dei tanti morti che lo hanno caratterizzato.
Tutti lo rammentiamo ancora. Abbiamo attraversato un periodo con centinaia di vittime ogni giorno. Gli ospedali stracolmi di pazienti di Covid; i sanitari generosamente impegnati fino allo stremo delle forze; i malati con altre patologie che non potevano essere ricoverati; accertamenti sanitari rinviati con grave pregiudizio per la salute di tante persone; il Paese sostanzialmente chiuso; l’attività industriale ridotta ai minimi; una drammatica perdita di posti di lavoro.
Tutto questo è alle nostre spalle perché la scienza ci ha consegnato i vaccini, perché la vaccinazione, le misure e i comportamenti di prudenza – dai distanziamenti alle mascherine - hanno sconfitto la diffusione del contagio. Speriamo - se le manteniamo con saggezza - di averlo sconfitto e posto alle nostre spalle.
Questo dobbiamo anche al senso di responsabilità, alla saggezza di gran parte dei nostri concittadini.
Siamo ripartiti: aprono le università; sono aperte le scuole; l’industria lavora a pieno ritmo. La condizione economica del Paese è in una crescita che supera le speranze, ai massimi come media rispetto all’Europa. Crescono ogni giorno i posti di lavoro. Abbiamo prospettive incoraggianti. Sono riaperti appieno teatri e cinema; sono riaperti gli impianti sportivi. Il Paese è ripartito, torna a respirare e a vivere. Tutto questo lo dobbiamo alla scienza e al senso di responsabilità dei nostri concittadini.
Lei poc’anzi, Magnifico Rettore, ha ricordato le parole di uno studente illustre di questo Ateneo, Piero Calamandrei, che nel ‘46 parlava di quel momento come di un’occasione irripetibile di rinnovamento dell’Italia. Siamo nuovamente in questa condizione. Grazie alla scienza, alle vaccinazioni, al comportamento dei nostri concittadini, alla coraggiosa scelta dell’Unione europea con grandi risorse consegnate, abbiamo di fronte a noi la possibilità, irripetibile, di rinnovare il nostro Paese.
Non possiamo perdere questa occasione. Danneggeremmo duramente i giovani e le future generazioni. Dobbiamo collocarla a frutto, condurla a un buon risultato.
Per questo sorprende e addolora che proprio adesso, in questi momenti, non quando vi erano momenti con l’orizzonte oscuro, quando si temeva il crollo del Paese, ma oggi in cui vediamo una ripresa incoraggiante – economicamente, socialmente, culturalmente – in cui il Paese si sta rilanciando, proprio adesso esplodono fenomeni, iniziative e atti di violenza, di aggressiva contestazione, quasi a volere ostacolare, intercettare la ripresa che il Paese sta vivendo e che deve essere condotta a buon fine. Con fatica, con impegno, ma in maniera indispensabile.
Sono comportamenti che creano allarme, o meglio, creano tristezza. Non molto allarme perché si infrangono contro la determinazione, il senso di responsabilità, il senso civico dei nostri concittadini, della stragrande parte, della quasi totalità dei nostri concittadini.
Questa è la vera forza del nostro Paese: il senso civico che la nostra gente esprime, coltiva, manifesta e pone in essere.
E di questo senso civico, questo senso delle comunità, gli atenei sono un punto di formazione decisivo. La formazione, la trasmissione del sapere, del senso critico, del senso verso il futuro è compito degli atenei.
Per questo è importante quanto fanno, e per questo auguro a questo Ateneo buon anno accademico.
Il discorso del rettore Mancarella
Benvenuti a questa cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2021-2022 dell’Università di Pisa.
Signor Presidente, Le sono grato per aver accolto il nostro invito ad essere qui oggi e non Le nascondo una certa emozione. L’emozione di un cittadino italiano, prima ancora che di un Rettore; di chi ha l’onore di poterLa ringraziare personalmente per essere da sempre un esempio di forza, equilibrio e correttezza per tutti noi.
Valori in cui ci riconosciamo a pieno e quanto mai preziosi in un momento difficile come quello che stiamo ancora vivendo. Tanto da averci guidato anche nella scelta della sede di questa cerimonia non potendo utilizzare, a causa dell’emergenza in atto, l’Aula Magna Nuova del Palazzo alla Sapienza. Oggi siamo, infatti, in un luogo dedicato alla pratica sportiva che, ci sembra, di quei valori di forza, equilibrio e correttezza, rappresenta una perfetta sintesi.
Quello che si apre oggi è probabilmente uno degli anni accademici più “delicati” della storia moderna del nostro sistema universitario e ci coglie animati da una nuova consapevolezza; dalla necessità di un cambiamento radicale.
Una consapevolezza resa forse ancor più significativa dal ricorrere, quest’anno, del settantacinquesimo anniversario della consultazione referendaria che sancì la nascita della nostra amata Repubblica, dell'estensione del voto alle donne e dell'elezione dell'Assemblea Costituente.
Oggi, come nel 1946, il nostro Paese si trova, infatti, in un momento di svolta e come allora, con spirito unitario e fiducia nel futuro, la nostra comunità vuole fare la sua parte per cogliere questa “occasione irripetibile di rinnovamento dell’Italia”. La stessa occasione che un nostro celebre allievo, Piero Calamandrei, vide, 75 anni fa, proprio nell’Assemblea costituente.
Le sfide che ci attendono sono molte e occorre mettere in campo scelte e atteggiamenti nuovi e curare, con l’impegno di tutti, le fragilità che i mesi più bui della pandemia hanno messo in evidenza, così da essere all’altezza del futuro che ci attende.
L’Università di Pisa, in quasi 700 anni di storia, non è nuova a queste prove e anche nei momenti di maggior difficoltà è sempre riuscita a progredire, grazie a un immutato desiderio di guardare lontano.
Una propensione al futuro che oggi fa sì che il nostro Ateneo non solo sia tra le forze trainanti di un sistema universitario italiano sempre più apprezzato nel mondo, ma anche un nodo importante e autorevole nella rete globale delle Università e degli enti di ricerca.
Ho voluto, signor Presidente, che oggi potesse sentire dalla viva voce di giovani colleghi e colleghe alcune “manifestazioni”, spesso appassionate, della ricerca che svolgiamo in questo Ateneo, spaziando dalle discipline umanistiche e sociali, a quelle tecnologiche, alle scienze pure fino alle scienze della vita, a testimonianza che le nostre eccellenze permeano tutti i rami del sapere, e di questo nostro essere “generalisti” siamo particolarmente orgogliosi, perché è già di per sé una missione di inclusività.
Se oggi siamo tutto ciò è perché in questi anni abbiamo investito, con decisione, sull’eccellenza accademica e sulla crescita strategica, destinando risorse significative allo sviluppo delle nostre infrastrutture.
In primo luogo, a quelle destinate proprio alla ricerca scientifica. Consapevoli che una ricerca di qualità non si possa condurre, in tanti campi del sapere, senza un adeguato supporto di laboratori, biblioteche e attrezzature.
In secondo luogo, incentivando i nostri ricercatori a svolgere sempre di più le loro attività nello spazio europeo della ricerca. Grazie a ciò, solo nel quadriennio appena trascorso, dal 2017 al 2020, l’Università di Pisa si è aggiudicata 162 progetti di ricerca su bandi competitivi della UE per un contributo complessivo pari a 55 milioni di euro: soltanto nel 2020 sono stati vinti 43 nuovi progetti europei di ricerca, di cui 39 nell’ambito di Horizon 2020 e 4 in ulteriori programmi europei, per un finanziamento complessivo di 13,4 milioni di euro.
Tutto ciò ha innescato un circolo virtuoso che favorisce scambi continui di docenti e studenti di tutto il mondo, promuovendo quel flusso di idee indispensabile per l’evoluzione del sapere.
Una circolazione di idee e di conoscenze che è il fondamento stesso di una buona Università e che abbiamo stimolato anche adottando una politica di reclutamento che non solo ha aumentato il numero dei docenti, ma ha anche portato a Pisa personalità di alto profilo scientifico provenienti sia da atenei internazionali che italiani.
Questo ci ha permesso di garantire ai nostri studenti una didattica che ha nella qualità, nella tradizione e nell’innovazione i suoi elementi di forza; oltre a far leva proprio sulle forti competenze di ricerca che abbiamo, convinti che solo dall’eccellenza possa nascere l’eccellenza.
Abbiamo fatto tutto ciò e continuiamo a farlo non solo perché è il nostro compito “istituzionale” o per scalare qualche classifica internazionale, ma perché crediamo che debba essere fatto.
Perché un’Università, per assolvere a pieno il suo compito, deve saper raccogliere, sia sul piano della didattica che su quello della ricerca, le sfide che derivano da una società complessa in crescente trasformazione e dialogare in maniera più efficiente con la società e con il mondo del lavoro.
Anche per questo è stato forte, negli anni, il nostro impegno per consolidare e valorizzare, attraverso vari protocolli d’intesa, le relazioni con il contesto economico del nostro territorio.
Ne è nato, nel tempo, un rapporto solido e proficuo che ci ha anche permesso di reperire, in più occasioni, risorse importanti.
A titolo di esempio, mi preme citare due casi recenti. Grazie ad una buona applicazione del Codice dei contratti pubblici, abbiamo ottenuto un finanziamento di 1,9 milioni di euro dall’industria – e ringrazio gli uffici che hanno saputo estrarre il meglio dai vari vincoli burocratici –. L’intento è di finalizzarli nell’ambito di un progetto speciale del CISUP, il Centro di ateneo per le grandi attrezzature, che ho voluto istituire nel 2018 e che conta già oggi quasi 500 adesioni di docenti e ricercatori da tutti i Dipartimenti. Il finanziamento è su un progetto di alta tecnologia applicata anche alla formazione, che consentirebbe di far lavorare in un’orchestra multidisciplinare i molti saperi del citato Centro di Ateneo.
Ancora, la tradizionale generosità e lungimiranza della Fondazione di origine bancaria pisana ci ha consentito, con una donazione di 1,3 milioni di euro, di avviare, in alleanza con l’Azienda ospedaliera universitaria, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il CNR, un progetto in cui fisici, biologi, informatici e medici collaborano, anche attraverso strumentazioni e piattaforme analitiche di imaging all’avanguardia e attraverso simulazioni numeriche e analisi di dati con Machine Learning – operate con le risorse di calcolo del Data Center di Ateneo – . Questa collaborazione ha portato allo studio di un nuovissimo acceleratore lineare di elettroni capace di generare l'effetto flash, un effetto radiobiologico molto promettente per il trattamento efficace di tumori ad oggi incurabili quali, ad esempio, gravi forme tumorali al cervello.
Colgo allora l’occasione per ringraziare tutti coloro che in questi anni ci hanno sostenuto a vario titolo nel nostro cammino. Partner privati e pubblici senza i quali ciò che abbiamo realizzato non sarebbe stato in parte possibile.
Sono convinto che questa integrazione e collaborazione tra i diversi operatori del territorio ricopra, oggi più che mai, un ruolo strategico, creando occasioni di crescita e sviluppo per tutti. Oltre che importanti opportunità per i nostri studenti e ricercatori. Del settore pubblico, cito per tutti la Regione Toscana, perché è in primis dalla sinergia con essa che i tre grandi atenei toscani, Pisa, Firenze e Siena, oltre alle Scuole di eccellenza del territorio, realizzano la loro terza missione per poi innervarsi a tutta la nazione e all’Europa. In questo spirito di collaborazione e reciproco rispetto delle nostre differenze e similitudini, noi Università toscane, noi Università italiane, confidiamo di poter dare il nostro contributo all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Perché la pandemia ci ha insegnato che solo insieme possiamo ricostruire il futuro che vogliamo per noi e per i nostri figli.
Oggi che questa domanda di futuro che ci proviene dalle nuove generazioni si leva ancor più forte, l’Università di Pisa e tutto il sistema universitario italiano, sono pronti a fare la loro parte. La centralità dell’innovazione fa da filo conduttore per consentirci di giocare un ruolo importante nelle transizioni che l’Unione Europea ci spinge a condurre, al fine di rendere il nostro Paese e il nostro continente protagonisti delle trasformazioni ormai irrinunciabili. Una transizione digitale, una transizione culturale e una transizione sociale, in grado di generare una transizione verde, evitando il “corto circuito” tra innovazione tecnologica, spesso energivora, e riconversione ecologica della nostra economia.
Lo dobbiamo a quelle famiglie che, comprendendo come una società del genere possa nascere solo investendo in conoscenza, non hanno rinunciato ad iscrivere le proprie figlie e i propri figli all’Università.
Questi genitori ci hanno affidato ciò che di più caro posseggono e lo hanno fatto in un momento di forti difficoltà economiche come quello attuale.
Con il risultato che le immatricolazioni, anziché crollare come molti temevano, sono addirittura aumentate. A dimostrazione che per rispondere al “bla bla bla” denunciato da Greta Thunberg i giovani si appellano alla formazione, la quale, da strumento delle élites, diviene mezzo operativo non più solo dell’ascensore sociale ma del cambiamento già in atto, certamente nelle giovani coscienze.
Spetta a noi, adesso, saper accogliere questa chiamata che sta dando alle Università una nuova centralità. Ciò significa anche saper essere determinati nell’affrontare la questione di genere. Non basta più prendere atto che “l’equilibrata rappresentanza di genere in ogni aspetto della vita accademica” è un valore, non bastano più la proclamazione d’intenti e la promozione di mera facciata. Mi rivolgo alle colleghe, alle studentesse, alle lavoratrici: dovete pretendere, insieme, ogni giorno, che la fotografia delle disparità emerse dal Bilancio di Genere 2020 non resti cristallizzata nel futuro. Mi rivolgo poi alla governance tutta dell’Ateneo per dire che non dobbiamo smettere di ascoltare e soprattutto di agire in modo sempre più efficace, per essere protagonisti di quella transizione culturale che essendo alla nostra portata sarebbe particolarmente colpevole non realizzare.
Siamo consapevoli, d’altronde, di poter fare la differenza nella traiettoria delle vite dei nostri giovani e che la nostra società sarà migliore se riusciremo a dar loro concrete opportunità di successo.
Ed è con questo obiettivo che, negli ultimi anni, abbiamo voluto arricchire la già consistente offerta formativa dell’Ateneo con nuovi percorsi formativi innovativi, a tutti i livelli. Percorsi mirati a quelle nuove professioni che le trasformazioni in atto nel Paese e nel mondo intero richiederanno nei prossimi anni. Come già il nostro Ateneo fece oltre cinquant’anni fa con l’istituzione del primo corso di laurea italiano in Informatica (allora Scienze dell’Informazione), abbiamo l’ambizione di anticipare il futuro. Cito, solo per fare qualche esempio tra i più recenti, la laurea triennale in lingua inglese in Management for Business and Economics, istituita nell’a.a. 2018/19, o le lauree magistrali in Diritto dell’Innovazione per l’impresa e le Istituzioni e in Cybersecurity istituite, rispettivamente, nel 2019/20 e 2020/21, fino al Dottorato nazionale in Intelligenza Artificiale, coordinato dall’Università di Pisa e dal CNR, che vede la luce proprio a partire da quest’anno, grazie anche a un significativo investimento mirato del Ministero dell’Università e della Ricerca.
Oltre agli obiettivi formativi, da Rettore ho cercato di aumentare l’inclusività della nostra Università, ad esempio, potenziando i nostri servizi per i diversamente abili e per gli studenti con DSA, introducendo le carriere alias, riducendo la tassazione studentesca fino al punto di equilibrio per il nostro bilancio pubblico – la cui sostenibilità è comunque un valore da perseguire – da ultimo, promuovendo uno studio sull’impatto sociale della DAD, per comprendere come le nuove tecnologie possano influire sui bisogni di studenti e docenti, in modo da attuare politiche che sempre abbiano come “faro” il miglioramento della vita delle persone.
Tra le tante nostre iniziative che mirano a soddisfare i bisogni delle persone anche terze rispetto all’Università – perché siamo chiamati dal nostro statuto e dalla Costituzione ad essere incubatori di inclusività – ne vorrei citare qui una che mi pare ben rappresenti la missione dell’Università di Pisa nella ricerca, ma anche nella formazione, ma anche nella Terza missione, qui finalizzata ad uno dei beni più preziosi, la salute del bambini, il nostro futuro, e non solo nelle nazioni ad organizzazione sanitaria ed economica avanzata, ma anche in paesi in via di sviluppo, in Asia, in Africa ed in particolare in Tanzania. Il progetto, finanziato con circa 5 milioni di euro da Horizon 2020, iniziato nel 2020, sperimenterà nuove modalità per la diagnosi ed il trattamento dei disturbi del sistema nervoso nel neonato e nei primi mesi di vita, con strumenti e procedure, alcune uguali in tutti i paesi coinvolti, altre personalizzate ai diversi contesti socioeconomici. Questo programma, molto ambizioso, è reso possibile dalla sinergia tra strutture universitarie di molti paesi, guidate dai ricercatori di UNIPI, un ospedale nazionale di ricerca per le neuroscienze pediatriche, l’IRCCS Stella Maris di Pisa e un importante Ente del III settore, Medici con l’Africa CUAMM (Collegio universitario aspiranti medici missionari), prima ONG in campo sanitario riconosciuta in Italia e la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane.
Troppo poco è il tempo per dare contezza della ricchezza di intenti e di valori che è racchiusa nelle mura secolari di questo nostro Ateneo: allo scopo di restituirla al mondo e conservarla al meglio abbiamo di recente istituito un Centro di ateneo per l’Innovazione e la Diffusione della cultura (Cidic) nel quale quattro Poli, sotto la responsabilità di professori universitari, sono dedicati: all’editoria con specifica missione di incrementare l’open access, alla musica, alla multimedialità e alla comunicazione istituzionale. L’intento è di sfruttare al meglio le competenze dell’Ateneo, mettendo a sistema i tools in grado di abilitare la menzionata transizione culturale, che senza il contributo delle Università pubbliche e delle loro scienze umane e sociali difficilmente potrà compiersi.
Vogliamo, signor Presidente, un Ateneo sempre più inclusivo, capace di tutelare pienamente quello che è il diritto allo studio di ogni nostro giovane. Ma soprattutto un’Università in cui si rifuggono, con ogni mezzo, la parcellizzazione delle competenze, gli interessi peculiari e le miopie corporative.
Solo così, come ha ricordato più volte anche il Presidente Mario Draghi, è possibile «unire solidarietà e merito, equità e concorrenza, per assicurare una prospettiva di crescita al Paese» e, aggiungo, alle nuove generazioni.
Ne abbiamo avuto una prova tangibile nei mesi del lockdown quando, con determinazione, energia e fatica, lasciando da parte i propri interessi di singoli e condividendo una missione, siamo riusciti a costruire una diversa normalità che ci ha permesso di andare avanti.
Lo abbiamo visto qui a Pisa dove, con un certo orgoglio, posso dire che l’Università non ha avuto un solo momento di sospensione delle sue attività: era fondamentale per non arrestare la carriera dei nostri studenti e per garantire la continuità delle attività di ricerca. Una Università che, per dirla con il sommo poeta, “sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti”.
Ci siamo riusciti grazie ad una comunità universitaria che ha risposto in modo rapido e compatto, dando prova non solo di grande professionalità, ma anche di una generosità encomiabile.
A dimostrazione che le grandi Università non si costruiscono con i mattoni e il cemento, ma con le persone che vi lavorano e studiano.
Per questo oggi ci tengo a dire pubblicamente grazie ai nostri docenti, al nostro personale tecnico amministrativo e alle nostre studentesse e ai nostri studenti.
Se ce l’abbiamo fatta è soprattutto grazie al loro contributo.
Vorrei però aggiungere che, se a Pisa l’emergenza ci ha trovati pronti, è anche perché in via ordinaria, prima dell’emergenza, avevamo programmato, investito e vagliato i nostri sistemi digitali. Dobbiamo imparare ad agire sempre così, non solo nell’Università e non solo nell’innovazione tecnologica.
Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti e sfide. In cui, come avrebbe detto Goethe, “conoscere non è abbastanza; dobbiamo mettere in pratica ciò che sappiamo” e “nemmeno volere è abbastanza; dobbiamo fare”. Questo è lo spirito che ci deve guidare nella costruzione del nostro domani.
Vorrei concludere dedicando la cerimonia odierna a due giovani che il destino ha voluto non fossero più con noi: Alberto Fanfani, scomparso nel tragico crollo del Ponte Morandi, e Christin Tadjuidje Kamdem, giovane vittima camerunense del Covid-19.
Alberto stava per portare a termine la Scuola di Specializzazione in Medicina interna e Christin avrebbe dovuto discutere la sua tesi di laurea in Scienze Agrarie di lì a pochi giorni. Ad entrambi l’Università di Pisa ha voluto conferire i rispettivi diplomi alla memoria.
Nella memoria di questi nostri studenti e nei loro sogni oggi si specchiano le aspirazioni di tutti coloro che riconoscono nella conoscenza lo strumento per contribuire alla costruzione di un mondo più giusto, equo e sostenibile, in cui nessuno venga lasciato indietro.
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