Dimissioni Cerri, l'ex sindaco Filippeschi: "Serve chiarezza per creare unità"

Quella delle dimissioni di Fabrizio Cerri da segretario provinciale del Pd, dopo pochi mesi d’intenso, equilibrato e costruttivo lavoro – dopo il vuoto di direzione del primo partito pisano durato anni e non per caso – non è solo una vicenda interna ad un partito. Vuol dire molto di più e, non sembri contraddittorio, è il segnale che il Pd non rinuncia a prendere l’iniziativa che serve per affrontare la prospettiva.

I diktat e le intrusioni denunciate da Cerri si pensava appartenessero ad una stagione passata, drasticamente bocciata anche a Pisa da un congresso e dal buonsenso. Una persona seria non può svolgere il suo compito «a libertà limitata». Quando è così una persona seria, dopo aver proposto un chiarimento vero, trae le conseguenze dalle risposte ricevute. Soprattutto se le imposizioni sono forzate approfittandosi della composizione di organi di partito che risale al congresso Renzi contro Orlando, un’epoca fa, e non al congresso recente che ha visto prevalere nettamente la mozione di Nicola Zingaretti. Per di più, dopo una scissione subita pochi mesi fa. Lo spirito unitario necessario e ricercato con l’elezione di Cerri e una discussione libera su problemi e scelte che il segretario ha avviato partivano dalla consapevolezza di questa grave anomalia di regole e distanza dalla realtà, che non riguarda solo Pisa e la Toscana.

Ecco allora il primo punto critico: ciò che non sarebbe normale sarebbe farsi ancora uniformare all’esasperazione della personalizzazione e del correntismo. Si vogliono ancora leadership assolute in un partito inesistente come collettivo, dove il «segretario di fatto» sarebbe, insieme, principale rappresentante nelle istituzioni e guida di eletti, segretario provinciale, cittadino, di circolo...?

Dispiace doverlo constatare e dire, ma non può funzionare così. È un grave errore pensarlo e l’esasperazione personalistica può portare a nuove sconfitte per tutti. Sono d’accordo con Zingaretti quando ha detto: «non credo in un partito nel quale le idee si organizzano in filiere di gestione del potere e alla fine negano o restringono il nostro rapporto con la società». Rapporto che dev’essere orientato in coerenza con le scelte di cambiamento fatte dal congresso. In tantissimi a sinistra, iscritti e non iscritti al Pd, anche con idee differenti, la pensano così e vogliono finalmente voltare pagina. Non tanto per nostalgia del passato, ma per costruire il futuro con una politica libera di farlo.

Basta con le riunioni di partito nelle quali si entra sempre col magone, con posizioni preconfezionate che impediscono un confronto vero. Basta con la litigiosità cronica e con l’imposizione di una trattativa permanente fra correnti. Basta con la politica come finzione: si mostra una vernice di sinistra, ma dietro le quinte si usano metodi proprietari e magari si sostengono politiche d’altro genere.

Questi obiettivi di cambiamento, già praticati con successo, comune per comune, per le elezioni dell’anno passato, sono stati proposti da Fabrizio Cerri come programma al momento della sua elezione e credo siano stati anche la ragione della sua generosa disponibilità personale. Sono anche in buona parte la sfida che movimenti come quello delle Sardine rivolgono alla politica della sinistra.

Devono preoccupare e far riflettere i campi nei quali si è cercata la limitazione di un segretario, che sono politicamente molto sensibili per la nostra comunità, sui quali il segretario ha chiesto un chiarimento di sostanza. Anche coloro che magari hanno agito in buona fede mettendo Cerri in difficoltà ci devono riflettere. Non c’è stata solo l’irruzione impropria e scorretta nel delicato lavoro di costruzione di una proposta vincente per Cascina. Cerri ha denunciato l’impossibilità a prendere posizioni sulle prospettive dell’aeroporto “Galilei”, degli investimenti sulle infrastrutture e sul peso strategico di Pisa e della nostra provincia, in una visione di Toscana Costiera e regionale. Ciò quando la Lega relegherebbe il nostro territorio in un angolo e proprio in prossimità della scrittura di un programma di governo della Regione che deve sciogliere dei nodi. E sono certo che Eugenio Giani di ciò è consapevole.

Fabrizio ha denunciato la reprimenda subita quando ha difeso la Fondazione Pisa dall’attacco portato dalla Lega e dallo stesso Conti alla sua autonomia dalla politica. Ha ricordato come entrare nel merito delle scelte del Piano strutturale Pisa-Cascina – perimetro dettato solo dalla momentanea omogeneità politica leghista, con una forzatura assurda ma finalizzata a cattivi propositi – abbia provocato reazioni d’ostruzionismo. O come la sanità pubblica della nostra comunità si pretenderebbe fosse una sorta area riservata, sottratta ad un confronto necessario anche per valorizzarne le grandi qualità, con gli investimenti conquistati negli anni passati, difenderne le prospettive e superarne i limiti. In dialogo, con la disponibilità e l’umiltà dovute, con tutti gli operatori e gli attori sociali.

Bastano e avanzano queste denunce di Cerri, riscontrabili, a provocare una forte preoccupazione e a pretendere un chiarimento di fondo. Perché riguardano scelte politiche dirimenti, attengono al profilo di autonomia del Pd, alla capacità di rappresentare istanze sociali molto forti nella crisi, dicendo la verità, scegliendo. Senza limitare la possibilità di contribuire a scrivere un programma regionale forte e chiaro. Per prendere i voti e non perderli. Per essere alternativi alla destra e poter fare un’opposizione come si deve alla Lega, a partire dal capoluogo. Sulle questioni vere, perché la merita.

Il mancato chiarimento su temi di tanta rilevanza, di metodo e di sostanza, riproposti con chiarezza e apertura da Cerri, è certo un danno. Priva il Pd pisano di una guida particolarmente attiva, di un punto di riferimento. Ora spetta al partito nazionale il compito di garantire una conduzione – ciò anche vista la speciale e negativa situazione che regole nazionali sbagliate hanno favorito – e a quello regionale di ascoltare e raccogliere istanze.

C’è bisogno di tutti e di tutte, di valorizzare il lavoro compiuto e di andare oltre. Detto questo, nella nostra provincia, per quello che è accaduto nei cinque anni fino alla scelta di Eugenio Giani come candidato presidente, la proposta politica e la lista, questa secondo i criteri regionali che saranno fissati, hanno bisogno di una caratterizzazione nuova, come Cerri ha indicato e non di forzature e fatti compiuti, che sono state invece atti di delegittimazione e poi risposte negative all'appello del segretario.

La forza di un partito grande è agire con coerenza, secondo il cambiamento che Zingaretti ha promosso. È anche la libertà di far valere le differenze con rispetto e il dovere di prestare orecchio alla società, per decidere da che parte andare. Per questo oggi la chiarezza è necessaria anche per ricreare unità. Questo dice Fabrizio Cerri agli elettori di centrosinistra e per ciò resta comunque in campo, da protagonista di un’azione di rinnovamento e rilancio.

Marco Filippeschi, ex sindaco di Pisa

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