Misure a sostegno delle imprese
Il decreto “Cura Italia”, DL 17 marzo 2020, n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, insieme alle decisioni assunte dalla BCE, sono le prime risposte all’emergenza, debbono essere adeguatamente spiegate a cittadini e imprese.
Il presupposto che deve presiedere alle decisioni nelle materie trattate dal decreto è che l’emergenza, in quanto tale, richiede misure eccezionali e destinate ad adeguamenti costanti.
Non fa eccezione la materia economica, in quanto serviranno altri provvedimenti di analoga eccezionalità per il sostegno alle famiglie, ai lavoratori e alle imprese.
Il sistema economico-produttivo, infatti, vive una condizione di eccezionale emergenza.
Vi sono, con la Toscana che non farà eccezione, settori basati soprattutto sull’export, come il sistema moda, in cui l’attività, una volta riavviata, non potrà ripartire da dove si era fermata perché non tutti i paesi saranno nelle medesime condizioni nel medesimo tempo e settori, come il turismo, che dovranno probabilmente azzerare un’intera stagione, perché tra gli ultimi settori nei quali rimuovere il vincolo del contenimento e, comunque, sconterà la caduta dei flussi dall’estero.
Molte, tra queste imprese, sono di micro, piccole e medie dimensioni. In Italia, le MPMI rappresentano oltre il 90% delle imprese attive e occupano oltre l’80% dei lavoratori attivi e saranno quelle a subire gli effetti più pesanti della crisi, se non debitamente sostenute. Si stima che la perdita media di fatturato, tra coloro che hanno dovuto sospendere l’attività sarà del 20-30% e, in molti casi, perfino superiore.
Un numero non irrisorio,fra queste imprese e fra i lavoratori autonomi,non potrà resistere alla sospensione dell’attività, dovrà rinunciare a parte del personale e, quelle che saranno in grado di riaprire, avranno necessità indifferibili di liquidità e di riduzione dei costi, per l’aggravio di bilanci che chiuderanno inevitabilmente in perdita.
Su questi due fronti, la politica nazionale deve elaborare interventi che tengano insieme provvedimenti interni e misure europee.
Alla data odierna - poiché giornalmente si registrano azioni attuative e nuovi provvedimenti - si ritiene di proporre le seguenti riflessioni, espresse in forma sintetica, in vista degli adeguamenti e dei nuovi provvedimenti che saranno adottati.
- Riduzione dei costi:
Il decreto Cura Italia ha individuato linee di intervento riguardanti sia il lavoro dipendente, prorogando scadenze e adempimenti fiscali in un orizzonte temporale che coincide con quello fissato della fine dell’emergenza che, al momento, è fissata al 31 luglio, sia per il lavoro autonomo.
In entrambi i casi, dovrebbe essere ridefinita la scadenza, prorogandola oltre la fine dell’emergenza e dovrebbe essere adeguato l’importo del sostegno al lavoro autonomo, insieme allo snellimento delle procedure.
Inoltre, dovrebbe essere valutata la proroga della moratoria al 30 settembre per il rimborso dei prestiti per le MPMI e i professionisti.
Quanto al Fondo di Garanzia per le MPMI, si ritiene che debba essere potenziato, che la moratoria non debba essere produttiva di ulteriori interessi sul capitale residuo e che sia indifferibile prevedere che l’accesso al Fondo debba avvenire per tramite di appositi consorzi, al fine di superare le contrattazioni tra banche e imprese e stabilire condizioni facilitate sia in riferimento alle procedure che ai costi (tassi rimborso, spese di istruttoria, tassi di interesse ecc.)..
- Interventi sulla liquidità:
Sono indispensabili e urgenti le garanzie dello Stato a copertura della liquidità che viene attivata sia per interventi nazionali che europei, in questa fase di emergenza,a favore del sistema bancario, che funge da cinghia di trasmissione verso le imprese e si dovranno, comunque, mantenere e, anzi, implementare, i contributi a fondo perduto, collegati a progetti mirati.
A proposito degli specifici bandi di finanziamento europeo che saranno via via predisposti, si ritiene utile privilegiare la forma di partecipazione diretta da parte delle imprese nonché la costituzione di una struttura dedicata per accrescere la diffusione della conoscenza dei bandi e per supportare le imprese nella presentazione delle domande di partecipazione.
Affinché la suddetta liquidità,che viene immessa eccezionalmente nel sistema, non resti nei bilanci delle banche, come accaduto con la crisi economica del 2008, vanificandone gli effetti e minando irreparabilmente alle basi l’avvio della ricostruzione, appare indispensabile una sospensione delle attuali regole di erogazione dei fidi bancari per la parte garantita, direttamente o indirettamente, dallo Stato.
Necessario, inoltre, semplificare le procedure a carico delle imprese per accedere alle garanzie e ai fidi, unitamente alla rapidità (in ordine di meno di un mese) di erogazione e a tempi di rimborso sufficientemente posticipati (dai cinque anni in poi).
Ingenti devono essere i suddetti fondi nazionali/europei in termini che si stanno valutando nella misura di almeno ¼ del Pil (500 md) da erogare almeno ¼ del fatturato che l’impresa ha registrato nel 2019.
Altrettanto fondamentale sarebbe la rapidità di intervento, attraverso i previsti provvedimenti del Mef, in modo che questa tipologia di finanziamenti venga erogata alle riaperture delle attività, aperture che avverranno con gradualità e, solo in parte, prima della fine del periodo definito di emergenza.
Sarebbe altresì importante, a rafforzare tale misura, la sospensione delle regole di Basilea per tutto il 2020, pena l’impossibilità delle banche di operare pienamente in questa direzione, dovendo provvedere ad accantonamenti a fronte dei finanziamenti erogati.
Misure a sostegno degli enti locali
A fianco della sospensione delle rate di mutui, prestiti ecc in favore delle famiglie e gli interventi a sostegno delle imprese, occorre intervenire altrettanto urgentemente per il sostegno alla liquidità a disposizione degli enti locali e dei Comuni, in particolare.
Gli interventi, anche in questo settore, vengono costantemente aggiornati.
Anche per la finanza locale, dovrebbe valere il medesimo presupposto che presiede agli interventi in materia di sanità, famiglie economia e, cioè, che a situazioni di emergenza si risponde con interventi caratterizzati da eccezionalità, per assicurare ai Comuni la liquidità necessaria a fronte delle indifferibili e urgenti azioni in campo sociale.
Vanno nella direzione giusta, i provvedimenti sui buoni spesa, l’imminente sostegno al reddito ecc. in favore di categorie svantaggiate o escluse in via temporanea dal mercato del lavoro.
Altrettanto fondamentale, sarebbe un piano di azione riguardante la fiscalità locale, basato su un impianto analogo a quello strutturato dal decreto “Cura Italia” a favore delle imprese e lavoratori, che consista nella sospensione e differimento delle scadenze per l’anno 2020 dei tributi locali a cui far corrispondere, per pari importo, l’anticipazione per cassa da parte di enti statali, come la CDP, considerato che molti Comuni stanno già provvedendo a differire le scadenze di quei tributi locali (Tosap, imposta di pubblicità), in quanto ne abbiano attribuita la competenza.
Si ritiene, infatti, che non possa gravare su famiglie e imprese il pagamento alle scadenze ordinarie dell’anno 2020 di imposte impegnative come Tari e Imu, in primis, ma deve essere assicurata ai Comuni la disponibilità di tale liquidità, per pari importo ed in via anticipata, da parte dello Stato,perché questi possano garantire l’erogazione dei servizi ai propri cittadini ed assicurare la continuità degli investimenti, quale contributo alla ripresa economica.
Misure a sostegno degli investimenti pubblici
La situazione contingente impone di procedere a riformare l’impianto legislativo che regola gli appalti pubblici nell’ottica della semplificazione, in quanto un piano nazionale di opere pubbliche necessarie per lo sviluppo del paese, da avviare al più presto, costituisce la base per la ripresa.
E’ questo il tempo, infatti, per far partire tutte quelle infrastrutture, sia strategiche per lo sviluppo (porti, aeroporti, ferrovie, scuole, reti tecnologiche) che necessarie per la messa in sicurezza del paese dai rischi idrogeologici e sismici, anche ricorrendo a commissari straordinari – come nel caso del Ponte Morandi- nell’attesa che si metta mano alla riforma della normativa in tema di appalti.
Proposte in merito alla riforma della normativa sugli appalti pubblici e sull’edilizia privata
I settori delle opere pubbliche e dell’edilizia privata devono essere trainanti la ripresapost crisi e devono essere sostenuti, non solo con le misure di natura economica e fiscale, sopra richiamate, ma anche con adeguamenti e riforme delle normative di riferimento, che già hanno prodotto le note distorsioni e non più differibili, perché il rischio è di vanificare gran parte dei provvedimenti incentivanti adottati.
In merito alla normativa sugli appalti pubblici,devono essere introdotte forme snelle di messa a bando di appalti per opere, forniture e servizi, eliminando le procedure che tendono ad allungare tempi ed incrementano gli adempimenti burocratici (troppe volte fini a se stessi), così come è necessario eliminare tutti quei limiti alla libera partecipazione, come le soglie di fatturato degli anni precedenti, la cui fissazione è lasciata spesso alla discrezionalità dell’ente banditore e impedisce, di fatto, l’accesso a giovani professionisti e imprenditori per carenza dei requisiti richiesti, oltre a mortificarne e, quindi, a disincentivare la loro capacità progettuale e imprenditoriale.
E’, inoltre, indispensabile eliminare la pratica del massimo ribasso, in quanto si accentuerebbe ancor di più il livello di spregiudicatezza con cui troppe imprese si apprestano alla partecipare alle gare in una logica del contenimento del prezzo di offerta, con il conseguente, crescente abbassamento della soglia di garanzia dei diritti dei lavoratori e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Quanto alle normative che riguardano il settore dell’edilizia privata, trattandosi di materia concorrente statale-regionale, devono essere eliminate le note divergenze,perché troppe volte portano a rivendicazioni di esclusività, con impugnazioni dei reciproci provvedimenti, che minano alle basi la certezza del diritto, bloccano le opere fino a renderle, troppe volte, irrealizzabili e disincentivano l’impresa. Ciò, a partire dall’adeguamento, in questa direzione, del DPR 380/01 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”.
A proposito di semplificazione, potrebbe essere utilmente introdotto il principio, secondo cui ogni nuova legge di semplificazione comporta l’abrogazione di almeno tre leggi preesistenti, con il preciso intento di sfoltire il numero infinito di norme che si stratificano e si intersecano su di un medesimo argomento. E’, infatti, oramai irrinunciabile, produrre testi coordinati per materia, in modo che essi e soltanto essi rappresentino l’unica fonte applicabile per quella stessa materia.
Gli incentivi al settore edilizio che verranno confermati o adottati, dovranno essere strettamente legati alla sostenibilità degli interventi, al rigoroso rispetto del limite di consumo di suolo e a criteri di efficienza energetica. E’ necessario, inoltre, predisporre un ambizioso piano di recupero dell’edificato esistente, superando le discrasie tra pianificazione regionale e strumenti statali e ammettendo, in modo definitivo, a recupero ed adeguamento strutturale, quegli edifici o loro parti che, pur non avendo conseguito il necessario titolo edilizio autorizzativo, ad oggi risultino sanabili sul piano urbanistico, in quanto in possesso dei requisiti di doppia conformità e consentire, così, interventi di adeguamento strutturale ed impiantistico. In mancanza, una consistente fetta di patrimonio edilizio privato rimarrà “congelata”, con la duplice conseguenza di lasciare immobili non in sicurezza, nel caso siano abitati o utilizzati per attività produttive e impedire alle imprese del settore edilizio di lavorare.
Una"ZONA GRIGIA" del mercato del lavoro che reclama attenzione per se stessa e per il rilancio post crisi del Paese
Questa crisi sta portando alla luce anche un segmento del mercato del lavoro finora rimasto all'oscuro di molti - una "zona grigia" in cui hanno trovato occupazione moltissimi giovani laureati in attesa di un impiego stabile, se possibile vicino al rispettivo percorso di studi. Sono lavoratori attivi presso luoghi della cultura (addetti alla custodia e alla didattica museali, guide turistiche, archeologi, storici dell'arte, archivisti, musicisti e l'elenco potrebbe continuare a lungo), assunti con contratti atipici da società,ai quali le amministrazioni pubbliche hanno appaltato servizi i cui costi non erano in grado di coprire. Ecco, quei costi sono in larga misura contratti di lavoro. Il che significa che i servizi culturali, di cui sin qui tutti abbiamo usufruito, sono stati letteralmente offerti dai lavoratori, che hanno rinunciato ad una paga e ad un trattamento simili a quelli di altri professionisti di altri campi. Nel migliore dei casi, i lavoratori della "zona
grigia" usufruiscono di brevi contratti di collaborazione, più spesso presentano invece delle notule o sono pagati con contratti di prestazione occasionale. Non si tratta di compensi ricchi, perché le Amministrazioni Pubbliche destinano poche risorse alle società cui sono appaltati i servizi culturali. Stiamo parlando di alcune generazioni di lavoratori che per tanto tempo hanno guadagnato quel tanto che bastava loro per sopravvivere - spesso con l'indispensabile aiuto delle famiglie. La crisi provocata da COVID-19 ha messo queste persone nella beffarda situazione di essere impossibilitate a guadagnare alcunché e, contemporaneamente, risultare del tutto sconosciute ai servizi sociali, cui finora non erano dovute ricorrere. In altre parole, quei volti gentili che hanno accompagnato tanti cittadini in altrettante esperienze culturali (e che si sono formati per questo!) si sono ritrovati del tutto privi di tutele e di un sostegno economico. I provvedimenti, sin qui approvati dal Governo, hanno intanto permesso che anche questi lavoratori potessero usufruire di un sostegno al reddito di 600 euro e altri saranno necessari per accompagnare queste persone fuori dalla crisi. Quando tutto questo sarà finito, è però necessario ripensare da capo un mercato del lavoro in cui tanti nostri ragazzi sono completamente privi di diritti.
Così come occorre sostenere il vasto campo della cultura, costituito da ampie categorie di operatori, dalle case editrici, anche piccole, alle librerie, non solo grandi catene ma anche le librerie cd indipendenti, il mondo dello spettacolo, considerato in ogni sua espressione artistica, l’organizzazione di eventi, dai livelli cittadini a quelli internazionali e che impiega significativi numeri di occupati e professioni, il mondo dell’associazionismo e della cooperazione e così via.
Tutte queste attività fanno parte non solo dell’offerta culturale di un paese come l’Italia, ma, anche e a pieno titolo, dell’economia di un paese avanzato, nel quale contribuiscono alla costruzione del Pil.
Ora che la "zona grigia" è sotto gli occhi di tutti, non è più possibile fare finta di nulla e accettarla quale era. Le crisi ci mostrano i nostri limiti e i nostri punti di forza: è necessario mettere mano a questo settore, che ad oggi raccoglie talenti e competenze e permettergli di accedere, secondo i rispettivi meriti, ad impieghi che i cittadini ritengono fondamentali, ma che - ad oggi - ben pochi, a partire dallo Stato, hanno voluto pagare.
Fonte: PD Fucecchio
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