
Consegnato a San Miniato il Premio Ghinetti a Giuliana Sgrena e Max Brod: un riconoscimento all’impegno per un giornalismo libero e di pace
Guerra e pace, due concetti contrapposti, ma che oggi tendono sempre più ad essere complementari creando contraddizioni e paradossi, come quello di "fare la guerra per promuovere l'iniziativa di pace". È proprio attraverso la comprensione di questa complementarità che possiamo rimetterli nella giusta prospettiva. Sembra questo il messaggio su cui hanno invitato a riflettere i due giornalisti Giuliana Sgrena e Max Brod, in occasione del conferimento del premio Roberto Ghinetti. Soltanto attraverso il confronto tra le due è infatti possibile comprendere cosa significhi raccontare la guerra e soprattutto comprendere quale sia il ruolo del giornalista nella narrazione di un conflitto.
La premiazione si è svolta nel pomeriggio di mercoledì 10 aprile, nella Sala del Consiglio comunale di San Miniato. Il Premio Ghinetti, in memoria del giovane giornalista scomparso all’età di 32 anni, incoraggia un’informazione libera e trasparente, oggi più che mai messa in crisi.
Presenti alla cerimonia il sindaco Simone Giglioli, il presidente del consiglio comunale Matteo Betti, l’assessore alla cultura Matteo Squicciarini, il direttore de Il Tirreno Cristiano Meoni e il vicedirettore Cristiano Marcacci.
Giuliana Sgrena, a vent’anni dal suo rapimento a Baghdad mentre era inviata per Il Manifesto — episodio in cui perse la vita l’agente del SISMI Nicola Calipari durante le operazioni di liberazione — ha ribadito la necessità, più che mai attuale, di un giornalismo trasparente e libero dalle logiche di chi le guerre non le subisce, ma le scatena: "Le vittime delle guerre non sono i potenti, ma anziani e bambini. Ho sempre cercato di raccontare i conflitti dal punto di vista di chi li subisce, non di chi li scatena, perché il modo migliore per promuovere la pace è denunciare i suoi orrori", ha spiegato la giornalista.
Sgrena ha raccontato di come il modo di fare informazione sia "cambiato molto da quando ho iniziato: oggi è diventato istituzionalizzato, militarizzato e uniformato alla propaganda di guerra".
Ha fatto riferimento al fenomeno del giornalismo embedded, in cui l’inviato di guerra fatica a raccogliere informazioni in autonomia e si basa su ciò che i militari gli riferiscono: "Ormai i giornalisti ricevono le notizie direttamente dai militari", ha affermato.
Parlando dell’attuale conflitto a Gaza, ha aggiunto: "Oggi i veri giornalisti sono i palestinesi che raccontano la guerra da vicino, perché per noi è diventato troppo rischioso: rischiamo di finire sotto le bombe di Israele. Quello che avviene in Palestina è disastroso: 200 giornalisti palestinesi morti, il prezzo più alto mai pagato dal giornalismo".
Anche rispetto alla guerra in Ucraina, Sgrena ha sollevato perplessità: "Lì non c’è vera libertà. Si accettano i limiti imposti dal governo. Ma possiamo davvero chiamarla informazione? Un’informazione indipendente e libera non è più possibile".
Sul tema del giornalismo polarizzato è intervenuto anche Max Brod, secondo premiato, promotore dell'iniziativa No Peace No Panel. Ha sottolineato la "necessità di una 'pax condicio' quando si parla di guerra", spiegando che, così come la 'par condicio' in politica dà voce a entrambi gli schieramenti, anche nei dibattiti sui conflitti dovrebbe esserci equilibrio: "Accanto a chi parla dell’inevitabilità della guerra, ci deve essere anche chi difende la pace", ha affermato.
È necessario, secondo Brod, cambiare il modo in cui si parla di guerra, che ormai "è diventata qualcosa di normale: accendendo la televisione aspettiamo il bollettino dei morti. Siamo talmente abituati che anche i bambini ormai si mettono a disegnare la guerra!".
Rispondendo a chi spesso afferma, parlando dei rischi corsi dai giornalisti di frontiera, che "se l’è andata a cercare", Sgrena ha risposto: "Sì, me la sono andata a cercare nel senso che facevo il mio lavoro. Ho fatto cose rischiose perché credevo in questo mestiere".
Anche il sindaco Simone Giglioli, prima della consegna del premio, è intervenuto sottolineando: "Abbiamo potuto ascoltare le parole di Giuliana Sgrena, che rappresenta il volto della determinazione e della resilienza in un contesto di conflitto e incertezza. La sua storia, segnata dall’orribile esperienza del rapimento e dall’eroico intervento dell’agente Nicola Calipari, ci ricorda l’importanza di dare voce a chi vive in prima persona le conseguenze delle guerre e dell’ingiustizia. Max Brod ci ha offerto una prospettiva fresca e necessaria, quella di una nuova generazione di giornalisti che si battono per dare spazio a voci e idee che promuovono la pace. La sua iniziativa No Peace No Panel è un appello cruciale affinché i media diventino strumenti di dialogo e comprensione, anziché di divisione, un appello che ci sentiamo di condividere".
"In un momento storico in cui la disinformazione e la polarizzazione sembrano prevalere, il lavoro di giornalisti come Giuliana Sgrena e Max Brod ci fa riflettere sull'importanza di un'informazione libera e responsabile. Per questo li ringrazio: perché sono in grado di illuminare le verità scomode e dare voce a chi non ha possibilità di farsi sentire", conclude il primo cittadino.
Niccolò Banchi
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