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Santo Stefano nel ricordo dei bombardamenti a Empoli: "Ferita scolpita nella città"

Cerimonia commemorativa a 81 anni dal 26 dicembre 1943, quando 123 persone morirono sotto le bombe. Sindaco Mantellassi: "Furono il primo pezzo di un martirio di Empoli"

Ogni anno quel ricordo, quella immane ferita scolpita nella storia della città di Empoli. Questa mattina, giovedì 26 dicembre 2024, nella Collegiata di Sant’Andrea è stata officiata la santa messa dal proposto don Guido Engels, cominciando con le sue parole la cerimonia commemorativa per mai dimenticare ciò che accadde il 26 dicembre del 1943: un giorno di festa in cui furono spazzate vie intere famiglie in alcune zone della città. Furono 123 le vittime per 210 bombe sganciate sopra la città. La ferrovia era l'obiettivo principale, ma quel giorno viene ancora ricordato per l'altissimo numero di morti civili.

Parole di responsabilità, di impegno per la pace coltivandolo, ogni giorno, in questa città per essere protagonisti di un altro mondo. Terminata la messa si è formato un corteo diretto al monumento dei caduti in viale IV Novembre, a due passi dalla stazione, dove è stata deposta una corona, ai piedi dell’opera del maestro e partigiano Gino Terreni.

Presenti il sindaco del Comune di Empoli, Alessio Mantellassi, rappresentanti della Giunta e del Consiglio comunale, le autorità civili e militari, associazioni cittadine, rappresentanti di Comuni limitrofi, e cittadini.

Sulle note del Silenzio intonato dal trombettista, a cui sono seguiti il Riposo, l’Inno di Mameli e l’Inno alla Gioia, è intervenuto il primo cittadino.

"Appuntamenti come questi - spiega il sindaco Alessio Mantellassi - hanno due significati: è una ferita che riguarda quelle famiglie e quell'intimità, le vite che vengono stravolte. La guerra e la violenza entrano fino dentro casa e ne cambiano gli affetti e la quotidianità. Il 26 dicembre piombò nel quartiere e nella città nel giorno di Santo Stefano, all'ora di pranzo quando la famiglia si riunisce. L'altro significato dice che accanto ai ricordi di famiglia ci sono quelli della città, colpita nella sua integrità e nella sua interezza. Quella città che resisteva e si impegnò nella resistenza nei 20 anni precedenti contro il fascismo senza cedere mai, quella città desiderava la pace e la fine di quella oppressione. Vide arrivare invece le conseguenze della guerra. Il 1943 fu il primo caso grande di bombardamento a Empoli, i morti e i feriti e chi fu toccato dalle bombe furono le prime grandi vittime di un primo momento così grande per la città. Santo Stefano fu il primo martire, e il 26 dicembre 1943 fu un primo pezzo di un martirio di una città che subì altri momenti di quelle dimensioni. Da lì si vide distruggere simboli importanti come il campanile e il teatro civico Tommaso Salvini e altri pezzi della città. Poi il 1944 cambiò la storia della città e delle famiglie, con le deportazioni. Empoli decide di non sostenere la guerra che aveva voluto il fascismo con i suoi alleati, portando l'intero Continente in guerra. Empoli scelse la fine di quella storia di guerra e l'inizio di un mondo diverso. Le bombe del 26 dicembre erano le bombe degli Alleati, spese per una causa giusta, ma che fecero comunque morti e feriti. Le bombe non fanno distinzione tra gli obiettivi strategico-militari e i civici delle Cascine, Ponzano e altre località. Siamo in un luogo che richiama la pace e immagina la costruzione di percorsi di pace, li facciamo ogni giorno con Investire in Democrazia, i viaggi della memoria o l'incontro di Filofesta con Luciana Castellina, oltre alla cooperazione internazionale come il viaggio fatto nei campi profughi saharawi. Anche in questi impegni si misura la trasmissione dell'impegno di pace".

Fonte: Comune di Empoli - Ufficio Stampa

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