Mostra di Shozo Shimamoto e del collettivo Gutai a Firenze
Una mostra di grande rilievo ‘ Shozo Shimamoto Gutai Primo Assalto’ si apre oggi a Firenze, ospitata a palazzo Bastogi (via Cavour 18).
La mostra vede esposte le opere dell’artista Shozo Shimamoto e del collettivo artistico Gutai, la rassegna è curata da Giuseppe Morra e da Giuseppe Simone Modeo. Fondato dall’artista Jiro Yoshihara nel 1954 ad Ashiya, vicino a Osaka, il Gruppo Gutai nasce con la volontà di esplorare nuove forme d’arte, unendo performance, pittura e ambienti interattivi, per dar vita a un terreno comune internazionale dell’arte sperimentale attraverso un’ampia attività espositiva e numerose pubblicazioni a livello mondiale.
Nel 1998 Shimamoto viene scelto come uno dei quattro più grandi artisti del mondo del dopoguerra assieme a Jackson Pollock, John Cage e Lucio Fontana, per un’esposizione al MOCA di Los Angeles, e l’anno successivo partecipa alla 48a Biennale di Venezia con David Bowes e Yoko Ono. Muore ad Osaka nel 2013.
Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti Antonio Mazzeo presidente del Consiglio regionale, Pasquale Giuseppe Macrì comitato scientifico ArsNova, Isabella Morra della Fondazione Morra, Giuseppe Simone Modeo editorialista, Italo Tomassoni critico d’arte.
Al taglio del nastro, oltre al presidente, erano presenti il vicepresidente del Consiglio regionale Marco Casucci, la presidente della Commissione Cultura Cristina Giachi e la presidente della Commissione Territorio e Ambiente Lucia De Robertis.
“È con grande piacere che il Consiglio regionale della Toscana apre le porte delle sale espositive di Palazzo Bastogi per la mostra “Shōzō Shimamoto. Gutai – Primo Assalto” – ha detto Antonio Mazzeo presidente del Consiglio regionale – dove sono esposte le opere dell’artista giapponese omonimo e del collettivo artistico Gutai. Si tratta di una personalità di primo piano, protagonista assoluto dell’arte contemporanea: Shōzō Shimamoto nella sua ricerca rifiuta ogni convenzione e restituisce l’arte alla sfera primordiale dell’esperienza umana, fuori dal controllo razionale e dalla logica ferrea che invece ha contrassegnato l’evoluzione artistica occidentale. Una provocazione che colpisce profondamente lo spettatore e genera quello “stupore” che per Shimamoto è la fondamentale caratteristica del gesto artistico. In un tempo come quello che viviamo, accogliere questa provocazione e favorire questo percorso spirituale diventa una necessità che anche le istituzioni devono fare propria. In merito, ringrazio la Fondazione Morra e l’Associazione Shōzō Shimamoto per l’opportunità offerta: una mostra che rende i nostri spazi, già segnati dalla bellezza, ulteriormente densi di quello stupore che solo l’arte sa generare.”
“Accostiamoci quindi alle opere di questi artisti che da un mondo lontano – dice il critico e curatore Giuseppe Simone Modeo – portano oggi la loro arte nella Città di una diversa concretezza, fatta di massa e di misura e da qui indicano la strada della indeterminatezza, della leggerezza, del caos “cosmetizzato” da una profonda spiritualità. Quanta gioia avrebbero ancora provato questi artisti proprio per questa mostra, a Firenze, nella città del Brunelleschi che sì, forse, avrebbero inviso tanto quanto e forse più che Piet Mondrian! Come il pittore olandese, infatti, il nostro grande architetto riteneva di poter misurare, contenere, coprire tutto. Per tutto poteva esserci una forma ed il Tutto avrebbe potuto essere, dalla forza creativa dell’artista, assoggettato al disegno umano. La Firenze del ‘400, come l’Amsterdam della prima metà del Novecento, rappresenta il momento di generativa antitesi dell’estetica Gutai. Firenze ricorda il punto in cui l’arte diventa per secoli sapienza occidentale ma è anche la città, e questo sarebbe piaciuto ai nostri giapponesi, in cui tramonta l’arte e l’astrazione bizantina in nome di una nuova concretezza. Ecco, è questa la mia confessione e comunione di gioia nell’ammirare e nel narrare l’arte di Shimamoto e del suo gruppo: gioia che deriva dalla effrazione di ogni limite pittorico e dalla diffusione dello spirito, del senso, della percezione intellettuale in ognuno di noi.”
“C’è da farsi una domanda – ha detto il prof. Pasquale Giuseppe Macrì – che senso hanno queste macchie di colore? Shimamoto e il gruppo Gutai hanno cercato nel mondo della non forma, nel mondo contemporaneo un nuovo concetto di bello e di armonia che fosse coniugabile con la fisica moderna che pensa che l’universo non sia armonico, ma sia in esplosione. L’artista giapponese usa la tecnica dell’esplosione che dà un senso all’opera, quello di trovare la bellezza non nell’ordine, ma nel caos. Anche dentro di noi spesso i momenti più belli non sono quelli ordinari e quotidiani, ma quelli che il caos ci porta a vivere delle passioni forti.”
“Shōzō Shimamoto (classe 1928, attivo dal 1947 e protagonista dal 1954 nel Movimento d’Arte Concreta Gutai), non è estraneo alla cultura della civiltà del paese al quale appartiene – afferma il critico Italo Tommasoni – e non si può affermare che la sua sia una creazione senza radici, cioè senza differenza rispetto a una cultura internazionale omologata dalle avanguardie. Ritiene pregiudiziale cancellare la tradizione decorativa, ornamentale e fluttuante dell’arte giapponese tra Settecento e Ottocento (Utamaro, Hokusai, Hiroshige, Sharaku), tutt’ora perdurante nello stereotipo figurativo divulgato dai media. Quanto alle categorie visive proprie del suo tempo, lavora in coincidenza temporale con le ricerche estetiche dell’Occidente. Dalla coscienza di questo grado zero Shimamoto parte con azioni estetiche che danno vita a un viaggio che porta verso materie, immagini e mondi mai toccati dalla storia. Nel suo incessante inoltrarsi nell’ignoto della metamorfosi, vuole rimanere dentro il reale quanto la pittura della tradizione voleva distaccarsene, oggettivandola nella rappresentazione naturalistica. Si fa regista di sé stesso con azioni, colori, suoni, programmi, nei quali il fattore tempo, che non è mai aritmetico, funziona come molla di una circolazione di immagini in cui l’arte coincide con il flusso della vita”.
“L’associazione Shimamoto nata con l’intento di promuovere la ricerca artistica di Shimamoto – ha scritto in catalogo Giuseppe Morra presidente della Fondazione Morra – attraverso la pubblicazione di cataloghi, documentari e l’organizzazione di mostre ed eventi, ha sostenuto l’artista giapponese, individuando nel Mezzogiorno italiano un terreno privilegiato per le sue sperimentazioni: nell’ambito di Vento d’Oriente (2008), infatti, Shimamoto ha lasciato il segno a Napoli, Capri e Punta Campanella, dove la sua concezione poetica e lo spazio sono diventati un tutt’uno e, all’unisono, hanno creato una dimensione altra, impregnata di suoni e colori. Dopo la scomparsa dell’artista, l’Associazione ha intrapreso un’attività di ricognizione critica e storiografica della sua opera, oltre a curare l’organizzazione e la gestione del suo archivio. Dopo le più recenti esperienze di Palermo con la mostra Spazio nel tempo (2018), curata da Achille Bonito Oliva, e soprattutto con Shōzō Shimamoto – GRANDI OPERE (2021), a cura di Italo Tomassoni, al CIAC di Foligno, la mostra proposta a Firenze nella sede regionale di Palazzo Bastogi intende portare avanti gli scopi dell’Associazione nella divulgazione e rafforzamento della conoscenza nazionale e internazionale del Maestro. Ringraziamo il Consiglio regionale della Toscana nell’aver supportato tale iniziativa di grande rilevanza storico-artistica, con l’auspicio di progredire costantemente verso nuovi traguardi e orizzonti futuri.”
La mostra sarà visitabile a palazzo Bastogi fino al 30 novembre 2024 con il seguente orario: da lunedì al venerdì, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19 – sabato dalle 10 alle 19.
Fonte: Regione Toscana - Ufficio Stampa