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Ricostruita la storia biologica di un bambino di 17mila anni fa: lo studio sul genoma più antico d'Italia

La ricerca internazionale, guidata dalle Università di Firenze, Bologna e Siena, ha portato alla luce dettagli sorprendenti su un bambino vissuto in Sud Italia nel Paleolitico Superiore

Un'importante ricerca condotta da un gruppo di ricerca internazionale guidato dalle Università di Firenze, Bologna e Siena ha portato alla luce dettagli sorprendenti sulla vita di un bambino vissuto circa 17.000 anni fa in Sud Italia durante il Paleolitico Superiore. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature Communications con il titolo “Life history and ancestry of the Late Upper Palaeolithic infant from Grotta delle Mura, Italy” (DOI: https://doi.org/10.1038/s41467-024-51150-x), hanno permesso di ricostruire con elevata precisione lo sviluppo e le caratteristiche biologiche del bambino, morto all'età di circa 16,5 mesi.

I resti scheletrici, rinvenuti dall’Università di Siena alla fine degli anni ‘90 nel sito archeologico di Grotta delle Mura (Monopoli, Puglia; direttore degli scavi Prof. Mauro Calattini), sono tra i pochi scheletri infantili del Paleolitico Superiore così ben preservati. L'approccio multidisciplinare delle più innovative metodologie di analisi ha combinato studi antropologici tradizionali con paleogenomica, paleoistologia dentale, analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale e datazione al radiocarbonio.

"L’integrazione di questi dati ci ha consentito di ricostruire una dettagliata storia biologica dell'infante, evidenziando sia lo sviluppo durante la prima infanzia sia le possibili cause della morte precoce", spiega David Caramelli, Professore di Antropologia dell’Università di Firenze. "Questo studio ha portato alla ricostruzione del genoma più antico in Italia, rivelando significativi cambiamenti nella popolazione dell'Italia meridionale alla fine dell'ultimo massimo glaciale, con l'arrivo di gruppi provenienti dai Balcani, i quali hanno colonizzato l’Italia da Nord-Est per poi scendere verso le regioni più meridionali della penisola".

"Il nostro lavoro è un tassello cruciale nella comprensione delle prime fasi di vita nel Paleolitico superiore," afferma Stefano Benazzi, Professore di Antropologia Fisica all'Università di Bologna. "Questo studio pionieristico, che combina diverse tecniche di analisi dei resti scheletrici, ha fornito una visione senza precedenti della crescita e delle condizioni di vita di un bambino vissuto in un periodo chiave per il popolamento della penisola italiana, consentendo anche di raccogliere informazioni sulla madre e sui gruppi di cacciatori-raccoglitori dell'epoca. La nostra ricerca rappresenta un significativo progresso, dimostrando l'importanza dell'interdisciplinarità per approfondire la conoscenza delle popolazioni preistoriche".

Le analisi antropologiche condotte dall'Università di Siena hanno fornito la base per comprendere lo sviluppo fisico del bambino. "La combinazione di queste diverse metodologie ci ha permesso di ricostruire con una precisione senza precedenti la vita e la morte di questo bambino", afferma Stefano Ricci, dell’Università di Siena.

Le analisi genetiche, condotte dal team dell’Università di Firenze, hanno giocato un ruolo fondamentale nella ricostruzione del profilo biologico del bambino. Utilizzando pochi milligrammi di polvere di osso prelevata dalla rocca petrosa, una porzione dell’osso temporale del cranio nota per la sua eccellente conservazione del DNA anche in reperti così antichi, è stato possibile ricostruire il genoma quasi completo del bambino. "I geni suggeriscono che il bambino, di sesso maschile, avesse occhi azzurri, pelle d’ebano e capelli ricci e scuri, un mix di caratteri piuttosto frequente nelle popolazioni dell’Europa centrale e sud-occidentale del periodo. Inoltre, l’analisi genetica ha evidenziato una stretta parentela tra i genitori del bambino, suggerendo che fossero probabilmente cugini di primo grado, un fenomeno riscontrato di rado nel Paleolitico, ma più comune durante il Neolitico", spiega la Dott.ssa Alessandra Modi, dell’Università di Firenze, coautore della ricerca assieme al Dott. Owen A. Higgins dell’Università di Bologna.

Le analisi istologiche, condotte all'Università di Bologna, hanno esaminato in dettaglio lo sviluppo dentale dell'infante attraverso la realizzazione di sezioni sottili di due denti e l’osservazione della loro microstruttura al microscopio. Questo approccio ha permesso di identificare eventi di stress fisiologico durante la vita del bambino. "L'analisi paleoistologica offre un quadro dello sviluppo e dei bioritmi odontogenici durante la fase fetale e l’infanzia, essenziali per comprendere i cambiamenti nelle tempistiche dello sviluppo dentale nel corso dell’evoluzione della nostra specie", spiega il Dott. Owen A. Higgins, dell’Università di Bologna. "Le analisi hanno rivelato uno sviluppo leggermente più precoce rispetto alla media delle popolazioni europee moderne e almeno nove episodi di stress fisiologico, tre dei quali verificatisi durante la vita intrauterina. La presenza di un alto numero di marcatori di stress è coerente con i risultati genetici, che suggeriscono che il bambino fosse probabilmente affetto da cardiomiopatia ipertrofica, una malattia cardiaca congenita associata a morte improvvisa nei giovani".

Le analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale, condotte sulle sezioni sottili dei denti presso il Frankfurt Isotope and Element Research Center (FIERCE) a Francoforte, basandosi sui segnali isotopici dello stronzio, hanno indicato che la madre del bambino aveva una bassa mobilità negli ultimi mesi di gravidanza, e che il bambino è nato e vissuto nella stessa area.

Il bambino di Grotta delle Mura rappresenta un'eccezionale testimonianza delle prime fasi di vita e del popolamento dell'Italia meridionale durante il tardo Paleolitico Superiore. Questo studio non solo arricchisce la nostra conoscenza delle dinamiche sociali e biologiche di quel periodo, ma sottolinea anche l'importanza della penisola italiana come crocevia per l'incontro di vari gruppi di cacciatori-raccoglitori durante una fase cruciale della storia umana.

I ricercatori auspicano che ulteriori ricerche multidisciplinari possano continuare a svelare dettagli preziosi sulla nostra storia biologica e sulle antiche popolazioni che hanno abitato la regione durante e dopo l'ultimo massimo glaciale.

Fonte: Università di Firenze - Ufficio stampa

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