Il Premio Boccaccio 2024 al coraggio della narrazione, per ritrovare fiducia e rovesciare la tirannia
Il dramma della vita in Iran, ma anche lo smarrimento post ideologico del cittadino italiano, di fronte alla politica e alla cultura consumistica "del frammento" pervasiva e dominata dall'intelligenza artificiale, sono stati al centro della serata clou del Premio Boccaccio 2024. Con il tema della "speranza", che caratterizzava nella volontà degli organizzatori questa 43esima edizione, che ha fatto spazio a quello della fiducia da ritrovare. Fiducia nella buona politica, fiducia nella forza del popolo per ribaltare le tirannie, fiducia nel giornalismo che racconta la realtà, fiducia nella cultura vera, nelle buone letture, nel teatro.
Sul palco del cinema teatro Boccaccio di Certaldo, si è parlato ieri sera di politica estera e interna, di popoli e individuo. La serata è entrata nel vivo subito con la presenza di Stefania Battistini, giornalista RAI premio Boccaccio al giornalismo 2023, che ha accompagnato sul palco Pegah Moshir Pour, premio “Etica della comunicazione” (e con una vistosa pancia che segnalava il suo stato di gravidanza), per dialogare con lei insieme a Walter Veltroni.
Il presidente della giuria del Premio Boccaccio, Veltroni, ha voluto anzitutto manifestare solidarietà alla giornalista Stefania Battistini, per "l'assurdo procedimento del governo russo nei confronti di una giornalista che fa solo il proprio dovere", per poi rivolgere a Pegah Moshir Pour la domanda su "Come è essere donne in Iran?". Domanda alla quale la Pour ha risposto spiegando che, grazie ai suoi genitori, che sono venuti in Italia, lei ha avuto "la fortuna di non conoscerlo fino in fondo" come è vivere in Iran: "ho la fortuna di vivere in un paese libero, anche se qui abbiamo un po' di questioni" riferendosi non troppo velatamente all'Italia e alle problematiche sulla cittadinanza agli stranieri, delle quali parla nel suo libro, le cui pagine sono state lette in apertura dall'attrice Benedetta Giuntini. Oltre a dipingere la cruda realtà dell'Iran teocratico, ha poi detto "abbiamo un presidente moderato ma lo sappiamo che è solo fumo negli occhi" e che il regime strumentalizza il conflitto israelo palestinese, ma "gli iraniani ridono nel momento in cui passano le notizie sull'Iran che attaccherà, sappiamo che non succederà nulla, non hanno la forza o lo faranno per vie traverse, non ne hanno la forza". La conversazione si è spostata poi sul popolo, unico soggetto in grado di ribaltare lo status quo: "le donne hanno stimolato la parte maschile a combattere per la libertà, non possiamo sperare di avere una vittoria se l'altra metà non combatte con noi. Donna vita libertà, è uno slogan che può contenere tutto e tutti". E sul suo ruolo di intellettuale: "vorrei essere voce di quelle donne che mettono il loro copro che danno la vita per combattere. C'è un velo che dobbiamo togliere e raccontare la realtà e le storie vere". Perché, spiega Pegah Moshir Pour, contro la cultura e la comunicazione la censura non può vincere, a patto che ci sia la forza, l'impegno e il coraggio per diffondere una narrazione diversa.
Corrado Augias, Premio Giornalismo, è intervenuto invece sul tema di com'è cambiata l'Italia e gli italiani, dal dopoguerra ad oggi. "Eravamo un paese povero, arretrato, distrutto dalla guerra, però da quell'abisso di distruzione è germinata una fiducia, era più che una speranza, che si potesse ricominciare". Una fiducia che ha fatto crescere l'Italia e che poggiava su "un sistema politico che nell'apparente turbinio del cambiamento dei governi e dell'apparente dissidio a volte aspro tra i due partitomi che c'erano, DC e PCI, in realtà dava a noi solidità, punti di riferimento, ragione per partecipare". Ma dopo la caduta del muro e Tangentopoli, tutto è cambiato: "siamo diventati il popolo smarrito che tuttora siamo, pronti a passare da Grillo a Salvini, da Berlusconi alla Meloni, alla ricerca di qualcuno che ci salvi, alla ricerca di un salvatore, ignorando che i salvatori non esistono, che i popoli si devono salvare da soli, che se qualcuno dice non ci pensate, vi salvo io, non è un salvatore ma è un pericolo". E per ritrovarsi e ritrovare una bussola, in un contesto dominato e complicato dall'intelligenza artificiale, la ricetta è la stessa che serve a trovare una bussola e a "salvarsi" dalla cattiva politica: "una buona scuola, delle buone letture, informarsi, imparare a confrontare le fonti".
In chiusura sul palco Giuseppe Montesano e Toni Servillo, vincitori del Premio Letterario che quest'anno guarda anche al teatro, con le giurate Anna Cilento e Marta Morazzoni. Montesano ha ricordato. elogiando la serata del Premio, come sia importante "riunirsi per parole dotate di verso senso, parole che non diventano azioni sono parole morte, anche azioni interiori, atti, trasformazioni, metamorfosi" ribadendo il valore di una cultura vera e non effimera. Mentre Servillo, invitato a parlare, ha elegantemente glissato schermando nel suo modesto, si fa per dire, ruolo di interprete della parola scritta: "di questa opera non so dire niente, se non quando vado in teatro, ho paura, entro in scena e la recito" ha detto l'attore napoletano. "Il teatro e in parte i concerti, soprattutto grandi sinfonie, ci offrono occasione sempre più rara di esperienza nella nostra vita, cominciano si svolgono e finiscono. Il problema di oggi invece è il frammento, sono solo frammenti che si spostano da una zona all'altra dei nostri sentimenti dei nostri pensieri" ha detto mettendo all'indice una realtà sociale di consumismo culturale, fatta appunto di milioni di brandelli di vita rilanciata dai social ma che non possono sostituire una sola storia che sia narrata e vissuta per intero, dall'inizio alla fine.
E così si è conclusa una serata di grande cultura, iniziata con la lettura della novella di Landolfo Rufolo del Decameron fatta da Oranona Teatro - Associazione Polis, in collaborazione con Ente Nazionale Giovanni Boccaccio, con l'interpretazione vocale di Simona Lazzerini e l'accompagnamento alla chitarra classica di Alessio Montagnani, proseguita con i saluti del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e del sindaco di Certaldo Giovanni Campatelli, la presentazione e il dibattito con gli autori (preceduta sempre dalla premiazione da parte degli sponsor), una parallale narrazione a video con le illustrazioni di Domitilla Marzuoli, in arte Domimarzu, le cui opere sono state poi donate ai protagonisti delle stesse.
E sul palco dall'inizio, nel molteplice ruolo di conduttrice, aiutante, interlocutrice, la presidente dell'associazione letteraria, Simona Dei, anima e regista del Premio, ringraziata meritatamente più volte da più parti, alla quale è andato anche un particolare riconoscimento della Regione Toscana, consegnatole direttamente da Giani.
Il Premio Letterario Giovanni Boccaccio è organizzato dall'Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio, con il contributo del Comune di Certaldo, della Regione Toscana, del Consiglio Regionale, in collaborazione con Federighi Editori e il Centro Culturale "Ichneutai. Cercatori di tracce".
Filippo Belli