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"Per la morte assistita costretta dall'Asl Centro a un trattamento sanitario": il paradosso secondo l'associazione Coscioni

Nelle scorse ore l'Associazione Luca Coscioni ha annunciato 4 nuovi casi di persone che insieme al team legale dell’Associazione Luca Coscioni, coordinato dalla Segretaria Nazionale Filomena Gallooggi (giugno 2024) hanno fatto richiesta di accesso alla morte volontaria assistita in Italia.

L’aiuto al suicidio medicalmente assistito per le persone malate che ne fanno richiesta nel nostro Paese è legale, grazie alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, se la persona è in possesso di determinati requisiti verificati dal Servizio sanitario nazionale con parere del comitato etico competente per territorio: essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli, essere affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili ed essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Il criterio della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale è il più controverso nell’interpretazione, con potenziali effetti discriminatori e a causa del quale tanti italiani sono costretti ad andare in Svizzera per accedere al suicidio medicalmente assistito oppure a dover subire, contro la propria volontà, condizioni di sofferenza insopportabile. Proprio su questo criterio si attende la sentenza della Corte costituzionale, che dovrebbe definirne i contorni a seguito della questione di costituzionalità sollevata dal GIP di Firenze in seguito all’aiuto fornito da Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese a Massimiliano, toscano 44enne, affetto da sclerosi multipla e non dipendente da un trattamento di sostegno vitale in senso restrittivo, per raggiungere la Svizzera, dove ha ottenuto la morte volontaria. Anche le disobbedienze civili per l’aiuto dato alla signora Elena e al signor Romano vedranno lo stesso epilogo nei prossimi mesi, a seguito di una nuova questione di legittimità costituzionale sollevata dal GIP di Milano sollevata il 21 giugno 2024.

Uno di questi casi riguarda una donna di 54 anni (preferisce l'anonimato) affetta da sclerosi multipla progressiva, che ha diffidato l’azienda sanitaria competente per averle negato l’accesso alla morte assistita sulla base del fatto che, per potervi accedere, secondo la sentenza costituzionale Cappato-Antoniani (242/2019) occorre essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”. Alla paziente, totalmente paralizzata, era stata prescritta la PEG, ovvero la nutrizione artificiale, in quanto costantemente a rischio di vita per polmonite da soffocamento. La paziente aveva rifiutato l’inserimento della PEG, in quanto, nella sua condizione, era considerata un accanimento terapeutico a cui non si voleva sottoporre.

Filomena Gallo, avvocata coordinatrice del team legale della donna e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, a cui la donna si è rivolta dichiara: “il diritto di rifiutare trattamenti anche salvavita è previsto dall’art. 32 c.2 della Costituzione nonché dalla legge 219/2017. Il parere di maggioranza del Comitato etico competente, riconosce tutte le condizioni previste dalla Consulta presenti. Anche in caso di rifiuto della PEG è però sufficiente l’indicazione clinica con la prescrizione della PEG stessa a caratterizzare le circostanze di una situazione equivalente a quelle dell’effettivo posizionamento della stessa. La Commissione Aziendale dell’ azienda sanitaria toscana invece afferma che se la paziente avesse accettato la PEG, allora avrebbe avuto diritto alla morte assistita, prospettando dunque l’obbligo di sottoporsi ad un trattamento sanitario contro la sua volontà per poi poterlo interrompere. Riteniamo quest’ultime affermazioni gravissime in quanto si vuole far passare il messaggio che per poter fruire di un diritto costituzionale occorre sottoporsi ad una tortura, ovvero ad un trattamento sanitario invasivo contro la propria volontà”.

Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e presidente dell'associazione Soccorso Civile, conclude: “il requisito del trattamento di sostegno vitale per poter ottenere l’aiuto alla morte volontaria determina anche queste situazioni di paradossale e assurda violenza che non fanno altro che amplificare le sofferenze di chi già si trova in condizioni irreversibili o terminali gravissime. Nonostante la condizione della paziente toscana sia chiara e il rifiuto dell’azienda sanitaria sia in palese violazione dei suoi diritti costituzionali, la prossima sentenza della Corte costituzionale sul trattamento di sostegno vitale sarà fondamentale anche per sciogliere definitivamente queste interpretazioni illegittime del requisito”.

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Fonte: Associazione Luca Coscioni

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