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Un secolo di Gam, la Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti

Un secolo di vita (e grande arte) per la Galleria di Arte Moderna (Gam) di Palazzo Pitti: il compleanno centenario scocca proprio oggi, e gli Uffizi celebrano l’evento pubblicando sul sito del museo (https://www.uffizi.it/mostre-virtuali/centenario-gam) una ricca mostra virtuale che racconta la Gam, aperta proprio l’11 giugno del 1924, attraverso una selezione di oltre 50 capolavori accolti nelle lussuose sale al secondo piano della reggia.

DAGLI INIZI DEL NOVECENTO ALL’APERTURA NEGLI ANNI VENTI: ALLE ORIGINI DELLA GAM

L’idea della costituzione di uno spazio museale dedicato all’arte moderna in Toscana risale agli inizi del Novecento, quando la collezione del critico e mecenate Diego Martelli fu legata alla città di Firenze, proprio al fine di creare un museo che testimoniasse gli indirizzi estetici più aggiornati del tempo.
Nella sua prima forma espositiva la Galleria d’Arte Moderna offriva dunque una sequenza storica nella quale ai dipinti di Pietro Benvenuti e di Giuseppe Bezzuoli si avvicendavano sale monografiche dedicate a Antonio Ciseri e a Stefano Ussi, un “sacrario” dei pittori macchiaioli costruito intorno al lascito dello stesso Martelli e, infine, una rassegna di artisti contemporanei selezionata entro i limiti ferrei della tradizione figurativa toscana incarnata da Libero Andreotti, Felice Carena, Giovanni Colacicchi, Baccio Maria Bacci, esposti accanto ad altri protagonisti dell’arte italiana fra le due guerre. Proprio con questi ultimi nomi la neonata Galleria intendeva connotarsi con una vocazione mirata a dare risalto a opere di arte contemporanea locale, tendenza che trovò ulteriore sviluppo nel Dopoguerra, quando la raccolta si aprì anche ad artisti di livello internazionale.

DOPOGUERRA DI ACQUISIZIONI: UN PATRIMONIO IN COSTANTE CRESCITA (MAI INTERROTTA FINO AD OGGI)

Con la riapertura del museo nel 1972 si volle dare spazio al dialogo tra il contesto architettonico e le opere esposte senza tralasciare gli arredi che, a partire dall’Esposizione Universale tenuta a Firenze nel 1861, Vittorio Emanuele II aveva cominciato a collezionare. Si propose il criterio della divisione in generi, riunendo i nuclei collezionistici dell’Accademia, quelli della reggia Sabauda e gli acquisti del Comune di Firenze, che confluirono in Galleria. Inoltre, la collezione venne incrementata con l’apporto di collezioni privati quali la raccolta di Leone Ambron (1947), il comodato di Emilio Gagliardini, le donazioni di Pietro Saltini e Domenico Trentacoste, fino ad arrivare a quella recentissima (2022) di Carlo Del Bravo. Si aggiunsero singole opere di artisti del calibro di Plinio Nomellini con Incidente in fabbrica (1993), Francesco Gioli con San Frediano a Settimo di Cascina (1995), Adriano Cecioni con I primi passi (1996). In tempi recenti, a seguito dell’accorpamento delle collezioni dei musei di Palazzo Pitti e della Galleria degli Uffizi, le raccolte ottocentesche e novecentesche si sono arricchite ancora, attraverso una politica di acquisizioni condivisa con la commissione Gam alla quale per statuto vengono periodicamente sottoposte le proposte di acquisto e di donazione relative ad opere di età moderna e contemporanea. Frutto di questo lavoro di squadra, in questi ultimi anni, è stato l’acquisto di importanti capolavori come Eva tentata dal serpente e Amore vince la Forza di Giuseppe Bezzuoli, caposcuola del Romanticismo in Toscana, e, nel quadro di un indirizzo teso ad estendere le raccolte a episodi fondamentali della storia artistica nazionale e non solo toscana, il Ritratto del Conte Arese in carcere di Francesco Hayez, lavori grafici e sculture di Adriano Cecioni, Libero Andreotti e Manzú.

Fonte: Gallerie degli Uffizi - Ufficio Stampa

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