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Di Stefano (FdI): "Polizia municipale da potenziare, Unione dei Comuni ha fallito"

Danilo Di Stefano

Oggi, quando si fa riferimento alla sicurezza delle città, non si può fare a meno di parlare di sicurezza integrata: cioè di quel sistema di necessarie interazioni tra istituzioni, forze di
polizia statali, locali, cittadini e tecnologia che, attraverso il necessario coordinamento, nel rispetto delle rispettive competenze, garantisce l'ordine, la sicurezza pubblica e la tranquillità dei cittadini.

E, quando si parla di "politiche della sicurezza" e di forze da mettere in campo per tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica, il ragionamento si sposta inevitabilmente sui numeri di poliziotti, carabinieri, e agenti di polizia locale coinvolti a vario titolo e dei loro diritti.

Ebbene, dato che nell'ambito del territorio dell'empolese valdelsa la polizia locale, ora inquadrata nell'ambito dell'Unione dei comuni, è entrata nel dibattito politico elettorale poiché si parla dell'opportunità o meno di ricondurre gli agenti di p.m. in seno ai comandi territoriali per porli di nuovo a disposizione dei sindaci delle singole città; non posso fare a meno di intromettermi nel dibattito al fine di portare all'attenzione dei cittadini quelle che possono essere le riflessioni condivise con alcuni appartenenti alla polizia locale dell'Unione sia in servizio che in quiescenza.

Infatti, se la Polizia di Stato e le altre forze di polizia si occupano del pronto intervento in occasione della commissione di reati, la polizia locale si occupa del rilievo degli incidenti stradali in ambito urbano e, nel nostro caso, nell'ambito del territorio degli undici comuni dell'empolese valdelsa. Incidenti stradali che, in assenza della polizia locale, assente soprattutto nelle ore notturne, devono essere rilevati dalle pattuglie di polizia e carabinieri.

Oramai la polizia locale può considerarsi, a tutti gli effetti, al pari delle forze di polizia a competenza generale, dato che, nelle sue articolazioni operanti nelle grandi città, dispone di organici, attrezzature, tecnologie e strutture paragonabili alle stesse forze di polizia a competenza statale: ci sono comandi che hanno celle di sicurezza, uffici per il fotosegnalamento, nuclei specializzati nella lotta allo spaccio di stupefacenti e ai reati predatori; oltre, naturalmente, agli uffici verbali, incidenti, controllo del traffico urbano, annona, edilizia, ecc.

Ebbene, a questi comandi delle grandi città può assolutamente essere assimilata una struttura costituita sotto forma di unione di comuni come quella dell'empolese-valdelsa, la quale, però, rispetto ai comandi delle grandi città, presenta la criticità di essere a disposizione di più sindaci.

Ed è questo, oggi, a mio parere, il vero problema politico dell'Unione dei comuni del circondario empolese-valdelsa. Si tratta, cioè, di un organismo che deve servire realtà con esigenze diverse dal punto di vista della sicurezza urbana.

E, nei comuni dove esistono maggiori problemi di sicurezza legati alla presenza di soggetti dediti allo spaccio di stupefacenti o sono maggiormente colpiti da furti in abitazione, truffe
agli anziani, danneggiamenti delle strutture e infrastrutture urbane destinate all'uso collettivo come strade e scuole, la risposta che si chiede alla polizia locale non può essere ritenuta
soddisfacente se non inserita in un contesto di sicurezza integrata e, soprattutto, di aumento degli organici.

La legge regionale Toscana n. 11/2020, infatti, prevede la presenza di un agente di polizia locale ogni 1000 abitanti, per cui il conto è presto fatto: sarebbero 170 uomini e donne di
polizia locale al servizio del comando di polizia locale del circondario empolese-valdelsa che ha un bacino di utenza da servire di circa 170mila cittadini.

Come è ormai noto, poiché in tanti lo hanno già sottolineato, quando esistevano i comandi territoriali di polizia municipale, gli appartenenti al corpo erano 114, e, con l'Unione, sono
scesi a una ottantina, compreso il personale amministrativo; per cui appaiono evidenti le difficoltà in cui versa il corpo, in relazione anche alle aumentate richieste di intervento da parte dei sindaci per garantire la sicurezza urbana.

Ma a questo punto, la domanda da porsi è: può avere un senso tornare indietro ricostituendo i vecchi comandi territoriali o realtà più piccole dell'Unione in forma associata? Secondo il pensiero degli appartenenti alla polizia locale con cui ho avuto modo di condividere le riflessioni: no.

Non c'è dubbio che, prima di tornare ai comandi territoriali si dovrebbero ricostruire gli uffici verbali e gli uffici incidenti territoriali che oggi, invece, sono stati centralizzati con una
gestione in ambito unionale e con risparmio di personale.

Come non c'è dubbio sul fatto che la città di Empoli sia quella che ha pagato il maggiore tributo alla costituzione dell'Unione scendendo da circa 40 uomini agli attuali 12.

Ma qui sorgono ulteriori domande: perché il personale della polizia locale dell'Unione è sceso da 114 - sempre inferiore ai previsti 170 per 170 mila abitanti del circondario - a circa
una ottantina? Quali previsioni di spesa sono state fatte nel corso degli anni per la sicurezza delle città dell'Unione? Dove sono stati spesi i soldi che i singoli comuni avevano destinato
per i 114 uomini in organico della costituita Unione a seguito del trasferimento dei fondi che avevano già destinato ai comandi territoriali?

Le domande sembrano essere pertinenti dato che, ad oggi, non sarebbero mai state date risposte completamente soddisfacenti, stando a quanto viene detto dagli interessati.

E poi, è logico chiedersi come i sindaci del circondario possano pretendere di scaricare su altri le colpe di una una costante crescita dell'insicurezza urbana, reale o percepita, nelle
città da loro amministrate? Così come è logico chiedersi, al di là di specifiche competenze politico-amministrative e gestionali, se siano davvero in grado di interpretare le mutevoli esigenze legale al mantenimento della sicurezza urbana in relazione ai mutevoli scenari criminali di tipo predatorio o legati allo spaccio di stupefacenti: competenze che il decreto Minniti del 2017 demanda anche ai sindaci.

Quindi, in conclusione, e in ciò seguendo anche il pensiero dei colleghi della polizia locale coinvolti, ormai non sembra più avere una logica l'idea di tornare ai comandi territoriali o ad
associazioni di piccoli comuni, attesa la direzione che sta prendendo la polizia locale in termini di organizzazione e partecipazione alla gestione della sicurezza urbana.

La polizia locale deve essere necessariamente potenziata nei propri organici, con una visione prospettica che vada a prevedere la costituzione di unità specializzate unionali per la lotta ai
reati predatori, allo spaccio di stupefacenti, e per il rilievo di incidenti stradali prevedendo almeno due pattuglie nei turni notturni; mantenendo i comandi territoriali per le esigenze dei
singoli comuni in termini di presenza attiva sul territorio, rapporti con i gruppi di controllo di vicinato, con gli anziani e per tutte le altre esigenze di gestione della circolazione urbana.

Danilo Di Stefano, commissario capo della Polizia di Stato, responsabile per le politiche della sicurezza della segreteria del Sindacato Autonomo di Polizia di Firenze, candidato con Fratelli d'Italia ai consigli comunali di Empoli e Montelupo Fiorentino

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