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Serie tv e film per riposarsi tra Natale e Capodanno: i consigli per le Feste

(foto di archivio)

Per qualcuno le Feste sono un momento di serenità e relax. C'è chi si riposa di fronte al pc o alla tv e cerca un film o una serie. E c'è anche chi ha bisogno fisico di serie o film perché non ha voglia di stare a tavola coi parenti... Anche stavolta - come per i libri - gonews.it vi viene incontro e vi consiglia qualche chicca: ecco i film o le serie tv della redazione per passare Natale e Capodanno in allegria!

UNA SQUADRA

Il 2023 sarà l'anno del nuovo innamoramento dell'Italia verso il tennis. Dopo Fognini e Musetti, Jannik Sinner ha trovato la quadra per diventare il volto vincente simbolo del tricolore, smentendo anche la polemica costruita ad arte dalla Gazzetta dello Sport. Ma se volete conoscere la scorsa generazione di tennisti che hanno vinto la Coppa Davis, in circostanze incredibili, dovete guardare Una squadra (da non confondere con La Squadra). Uscito su Sky, ora disponibile su Netflix, Una squadra racconta con le voci dei protagonisti gli anni '70 dell'Italia del tennis: Panatta, Barazzuti, Bertolucci, Zugarelli, capitano non giocatore Pietrangeli. Le dinamiche tra il grande vecchio Nicola Pietrangeli, unico per vittorie come per boria, e le nuove leve (Panatta e Bertolucci compagni di doppio e di bella vita, Barazzuti e Zugarelli più umili e al servizio della squadra), diventano irresistibili da seguire. A causa dei 50 anni passati dai giorni di Santiago in Cile, ci sono ancora versioni differenti, smentite e ricostruzioni, che ammantano tutto di leggenda. Starei ore a sentire Panatta che racconta di come a Parigi si fece recapitare le Superga prima della finale di Roland Garros, o di come Zugarelli viene celebrato dal tennista afroamericano Arthur Ashe. Tutti questi aneddoti sono 'contorni' migliori del piatto principale, ossia la vittoria nel Cile di Pinochet. Pietanza che consigliamo di consumare in un'insalatiera. [ELIA BILLERO]

ASTEROID CITY

Verso la metà degli anni ’50, nella cittadina del deserto chiamata Asteroid City, viene organizzata una convention astronomica, la Junior Starzager. Il convegno attira l’attenzione di numerosi studenti e delle loro famiglie che arrivano ad Asteroid City da ogni parte degli USA. In questo luogo, tanti anni prima, un meteorite aveva scavato un cratere nel suolo. Da quel giorno la città è diventata appannaggio di appassionati di astronomia e turisti curiosi. Gli studenti che giungono al convegno prendono tutti parte ad una competizione accademica basata su esperimenti e sullo sviluppo di progetti astronomici.

Ed è proprio durante la convention che i partecipanti assisteranno ad un evento che sconvolgerà le loro visioni e le loro esistenze: un incontro ravvicinato. Sarà questo incontro del terzo tipo a mobilitare l’esercito americano che bloccherà tutti i testimoni in una sorta di quarantena alla ricerca di risposte dallo spazio. In questa città ai confini del mondo, circondata solo dal deserto e sovrastata dal cielo, le esperienze e percorsi degli studenti e dei loro genitori si intrecceranno in modi bizzarri e inattesi. Il tutto condito dall’inconfondibile eccentricità e saturazione cromatica di Wes Anderson. [CHIARA CAPEZZUOLI]

THE CROWN

Casca a pennello per questo Natale, proprio perché gli ultimi e attesi episodi sono su Netflix dal 14 dicembre. La serie è The crown, che si conclude proprio con le ultime 6 puntate dell'ultima stagione, la sesta, divisa per l'uscita in due parti. Disponibile sulla piattaforma di streaming, racconta le vicende della famiglia reale britannica, dagli anni quaranta del Novecento con l'incoronazione della regina Elisabetta II ai tempi moderni. Tutto ruota intorno a Buckingham Palace ma, contemporaneamente, gli episodi raccontano il Regno Unito, le figure dei primi ministri inglesi che si sono succeduti nell'arco temporale affrontato, da Wintson Churchill a Margaret Thatcher e molti altri, intrecciando le storie alla politica e a fatti storici, come crisi e guerre. Protagonista la longeva regina Elisabetta II, interpretata dalla giovinezza all'età più anziana, e i componenti della famiglia al vertice del Commonwealth. Tra loro, solo per citarne alcuni, il consorte e principe Filippo di Edimburgo, la sorella, principessa Margaret, per poi continuare con i figli. Primo tra tutti nella narrazione è Carlo, oggi al trono come re Carlo III dopo la scomparsa della regina Elisabetta II del 2022, un anno dopo il consorte reale. Esplorati nelle puntate molti personaggi, da Camilla attuale regina consorte, alla nascita dei figli William e Harry dal matrimonio con Lady Diana Spencer. La figura di quest'ultima è in particolare approfondita nelle ultime stagioni, fino al divorzio e negli anni successivi, alla tragica scomparsa. Una serie sulla monarchia britannica che cattura lo spettatore dalla prima puntata all'ultima. E che, per questo Natale 2023, dà appuntamento all'ultimo capitolo. [MARGHERITA CECCHIN]

ULTIMO MINUTO

Il calcio di una volta forse era più bello, sicuramente più poetico. Lontano dalle cifre da capogiro di oggi, negli anni ’80 non era ancora il mondo-fuori-dal-mondo che sarebbe diventato a partire da una decina d’anni dopo. Eppure, quando ci si addentra nei racconti del calcio che fu, il ricordo corre agli eroi sotto i riflettori e non alle manovre dietro le quinte. “Ultimo minuto” (Pupi Avati, 1987) è la rappresentazione del calcio di periferia, in cui si intrecciano le vite di un direttore sportivo (Ugo Tognazzi) ha sacrificato anche la famiglia, di un attaccante dal carattere problematico ormai in declino e di una giovane promessa dal grande talento e debole temperamento.

I momenti di gioco si contano sulle dita di una mano e la storia si concentra sugli ingranaggi che muovono il carrozzone, sul faccendiere che agisce dentro e fuori la legge, sugli allenatori falliti e megalomani, sulle partite truccate e i calciatori “venduti”. Insomma, quell’anticalcio che a volte è l’anima più viscerale del calcio. Un mondo opaco dove alla fine quasi tutti perdono, anche quando vincono.

Piccola chicca, Diego Abatantuono nei panni di un procuratore, (piccolo) ruolo in bilico tra cinismo e umanità, distante anni luce dai tifosi di "Eccezzziunale... veramente". [GIOVANNI GAETA]

DARK

Raccontare qualche dettaglio di Dark significherebbe svelare un labirinto concettuale che gli ideatori Baran bo Odar e Jantje Friese vogliono far percorrere direttamente dallo spettatore, passo dopo passo, dettaglio dopo dettaglio. The Dark è davvero una bella serie: avvolgente, mai banale, ricca di colpi di scena, cavillosa e cervellotica, ma al tempo stesso coinvolgente e con un finale 'denso', pieno di riflessioni filosofiche sull'esistenza. La trama, che intreccia diversi piani temporali tra presente e passato (1888, 1921, 1953, 1986, 2019 e 2053) è davvero un rompicapo, un labirinto in cui lo spettatore rischia di perdersi se non presta attenzione ai minimi dettagli che i registi gli mettono sotto il naso, presentandogli al contempo false piste che vengono puntualmente smentite.Una serie perfetta per stare incollati alla sedia durante le fredde giornate d'inverno.

La storia si concentra sulla scomparsa di due bambini in una cittadina tedesca, rivelando misteri e segreti oscuri che coinvolgono quattro famiglie principali: i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler e i Tiedemann. Dopo la sparizione di un ragazzo, la polizia inizia le indagini, ma strani fenomeni come la morte di uccelli e impulsi elettrici inspiegabili indicano un legame con eventi simili avvenuti 33 anni prima con la famiglia Nielsen.

L'idea centrale della serie è il principio di autoconsistenza, dove i personaggi possono viaggiare nel tempo ma sono incapaci di cambiare il loro destino o quello degli altri. Il passato e il futuro diventa così immutabile, e i continui viaggi nel tempo non fanno che confermare il paradosso della predestinazione, l'idea che la volontà del sindaco non possa nulla contro il destino, arrivando finaanche a negare il diritto di esistere di coloro che non dovevano esistere. [GIOVANNI MENNILLO]

BECKHAM

Nato a Londra è diventato calciatore a Manchester, poi star tra Madrid e Los Angeles. La carriera di David Beckham è meno scontata di quanto si pensi.

Qui la storia del calciatore, ottimo calciatore ma forse non fuoriclasse, si intreccia con quella di una persona sensibile e di un uomo bellissimo, più di un attore.

Allo stesso tempo il Beckham che esce dalla serie (4 episodi, su Netflix) è lo stesso raccontato dagli ex compagni e dagli allenatori: professionista incredibile e uomo che non se la tira.

La serie è ben fatta e serrata e ripercorre nei quattro episodi le quattro esperienze più importanti della carriera di Beckham:

- la storia con il Manchester United e il rapporto di amore-odio con l’allenatore Ferguson fino al famoso episodio dello scarpino lanciato da Sir Alex sulla faccia dell’ex pupillo

- l’esperienza con la nazionale dall’espulsione contro l’Argentina nel 1998 (con tanto di fischi per un anno da parte dei tifosi inglesi) fino al gol qualificazione per i mondiali del 2002

- il passaggio al Real Madrid che lo rese Galactico tra i galattici e lo costrinse anche a un cambio di ruolo e a vivere momenti difficili

- Il periodo ai Los Angeles Galaxy con l’esperienza al Milan e fino al definitivo ritiro dopo la parentesi al PSG.

Il tutto è legato dai racconti paralleli delle persone che sono state importanti: oltre a Beckham infatti intervengono anche Ferguson, Capello, Gary Neville, Rio Ferdinand, Eric Cantona, Roy Keane e altri. Ma soprattutto lei Victoria Adams, vera metà di Beckham. [RENÉ PIEROTTI]

THE COVENANT

Ti aspetti un film alla Guy Ritchie e invece ti ritrovi in una pellicola del tutto diversa. Il regista prende le sue debolezze, le riduce in frantumi e poi le trasforma modellandole alla perfezione. Un titolo imponente, che ti cattura non appena lo pronunci grazie alla sua forza fonetica: "The Covenant". Un tuono, un rimbombo dentro la tua mente che si trasferisce poi (in)direttamente all'interno delle scene del film. E se con The Gentlemen e Operation Fortune lo stile di Guy Ritchie aveva raggiunto delle massime, qui tutto cambia, inverte rotta, rompendo totalmente gli schemi 'ritchiani' e portando sullo schermo forse una delle sue miglior riuscite. Jake Gyllenhaal e Dar Salim sfornano due ottime interpretazioni. Nessuno dei due sovrasta l'altro, sono entrambi protagonisti. Ed è proprio questo che rende la loro performance rasente alla perfezione, senza uno l'altro cadrebbe ma insieme sono un concentrato di talento ed emozione.

La trama si accende sullo sfondo di un ribelle e irrequieto Afghanistan d'inizio 2018. Il sergente John Kinley (interpretato da Gyllenhaal) sta supervisionando con i suoi uomini un posto di blocco sulle strade, appunto, dell'Afghanistan. Durante le operazioni un'imboscata, personificata in un camion bomba, uccide uno dei soldati e l'interprete che era stato precedentemente assegnato alla squadra. Ed è qui che entrerà in scena Ahmed (interpretato da Dar Salim), interprete che accompagnerà il sofferente sottoufficiale in una missione che sarà una sorta di teso e ansiogeno viaggio. Una narrazione che differisce dal racconto armato della guerra e che va ad incanalarsi sui rapporti e i legami della fratellanza. D'altronde il titolo parla chiaro: "Il patto", un impegno umano nel rispettare le promesse date.

The Covenant racconta un tema troppo spesso dimenticato, quello degli interpreti afghani. Di fatti, pur non essendo basato su una storia vera, questo lungometraggio ripercorre la tragedia degli oltre 50 mila interpreti che furono assoldati dall'esercito americano durante la campagna militare in terra straniera. Una storia toccante che tasta con mano vari generi: dal war movie, al survival movie fino ad una sorta di thriller, ed è nel finale che la critica e la denuncia al governo americano si fa limpida e chiara. Se nel corso della pellicola vengono indagati più categorie di genere ciò che non cambia, ma bensì evolve, è proprio il titolo del film, che con il passare dei minuti assume sempre più centralità e importanza.

Guy Ritchie inserisce all'interno della pellicola tutta la sua esperienza, cambiando stile, schemi e tematiche, dimostrando di poter cambiare e di saperlo fare in modo eccelso, perché una mente che conosce è una mente aperta. Ci rende partecipi di una riflessione che riguarda tutti noi, una critica sul valore delle promesse e delle responsabilità, non solo individuali ma anche nazionali. [NICCOLÒ PISTOLESI]

LIE TO ME

Attenti a "come" parlate, se vi trovate davanti a Cal Lightman. E non saranno toni e termini che utilizzerete se interrogati dallo psicologo cinesico a rivelare il vostro intento, ma la vostra mimica facciale. Perché il dottor Lightman riesce a leggere la verità guardando ogni minimo movimento del vostro corpo: una stretta di spalle, un arricciamento del naso, una grattata della nuca. Riuscendo sempre a risolvere tutti i casi che la polizia affida alla Lightman Group.

"Lie to me" è una serie abbastanza corta: sono tre stagioni, per un totale di 48 episodi.

Protagonista è quel Tim Roth che ci ha regalato perle cinomatografiche come il personaggio di Zucchino in apertura di "Pulp fiction" o Novecento ne "La leggenda del pianista sull'oceano". Un Roth che si cala benissimo nel personaggio, facilitato anche dall'origine inglese di Lightman, lui che è nato a Londra e che in "Lie to me" parla con un acutissimo accento inglese, apprezzabile e comprensibile (almeno per chi scrive) solo con l'ausilio dei sottotitoli, se volete vedervi la serie in lingua originale.

Della serie, oltre all'interpretazione di Roth, potrete apprezzare il come le micro espressioni facciali influenzino il nostro modo di comunicare, portando il nostro messaggio in direzione opposta a quello che stiamo dicendo a voce.
Le tre stagioni sono facili da trovare sulle varie piattaforme in streaming, ma se volete fare contenta la persona a cui volete bene, regalatele un bel cofanetto in DVD. [CHRISTIAN SANTINI]

BOTTOMS

È un periodo strano, in cui c'è chi dà aria alla bocca - o alla tastiera - parlando di gender, sbandierando la mascolinità tossica come se fosse un pregio o ostentando una non ben celata omofobia (se non misantropia). Ecco perché bisogna prenderla un pochino sul ridere e non c'è niente di meglio di una commedia per spazzare via gli stereotipi e passare delle Feste ridendo di gusto, come accade raramente.

'Bottoms' è un film del 2023 di Emma Seligman in cui tutto riesce alla perfezione. La trama è semplice: due ragazze non troppo popolari a scuola vogliono far colpo sulle due cheerleader più in vista, ma in un crescendo di situazioni imbarazzanti e gag non riescono mai a farcela. Dunque, in mezzo a professori strampalati e compagni bislacchi, si inventano una specie di Fight Club tutto al femminile. Quel che viene fuori è uno spasso.

Sia chiaro, 'Bottoms' non è una semplice commediola nonsense. Certo, ci sono delle scene che ricordano 'American Pie' o addirittura le bizzarrie di 'Scary Movie', ma questo film è più che altro satira. Il cast è straordinario, su tutte le due protagoniste Rachel Sennott e Ayo Edebiri, veramente a loro agio in due ruoli pazzeschi. In definitiva fa molto ridere perché rappresenta tutti i cliché non solo dei film da college, ma anche degli Stati Uniti e della loro società contraddittoria (per usare un eufemismo). È soprattutto un film femminista, perché è il momento in cui bisogna essere femministi e femministe  [GIANMARCO LOTTI]

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