Schmidt: “Lascio gli Uffizi più vivibili e più visibili. Quest’anno supereremo i 5 milioni di visitatori”
Il più grande rimpianto per quello che non ha potuto fare alla fine del suo incarico alla guida degli Uffizi? “Il Corridoio Vasariano: non sono riuscito ad aprirlo per i trent’anni della strage dei Georgofili, e questo veramente mi ha fatto molto arrabbiare. L’unico aspetto che non mi interessa è se sarò presente quando verrà aperto: certo sarei grato se mi invitassero all’inaugurazione”.
Sulla chiusura del Corridoio Vasariano, che definisce “molto inaspettata, da un giorno all’altro da parte dei Vigili del Fuoco nel 2016” non da la colpa a qualcuno in particolare: “a cantiere aperto sono emersi dei problemi statici, sia in corrispondenza con la zona colpita dalla bomba del 1993 sia anche in corrispondenza di quella che ha sofferto le grandi esplosioni del 1944, quindi lì i colpevoli non potevano che essere Cosa Nostra e la Wehrmacht nazista. Però abbiamo anche trovato qualcosa di buono e di bello, ovvero, in maniera non aspettata né prevedibile, il pavimento originale del Vasari”.
Numeri e progetti realizzati
Mentre nel novero delle medaglie da appuntare sul petto Schmidt, interloquendo con Finestre sull’Arte, snocciola numeri e progetti realizzati: “i visitatori “quest’anno dovrebbe superare per la prima volta i 5 milioni di ingressi”, ma soprattutto, adesso, “gli Uffizi sono un museo dove si possono rivedere dipinti e sculture noti e amati, ma in un’atmosfera molto più tranquilla, senza ricevere le gomitate dei vicini; ma allo stesso tempo sono anche un museo che adesso offre tante scoperte”.
"Dal 2016 siamo riusciti a tener aperte tutte le sale degli Uffizi, anche durante il fine settimana, e ad avere anche la guardiania per le tante nuove sale che abbiamo restaurato e aperto” e sugli incassi il cui 20% va al fondo di solidarietà per mantenere i musei più piccoli dice che quest’anno “gli Uffizi forniranno un aiuto ai musei “poveri” di circa 10 milioni!”. Più di ogni altra cosa si sente di lasciare un Museo a chi lo visita dopo i suoi otto anni dove “ l’elemento più visibile siano i nuovi allestimenti, i nuovi percorsi museali che abbiamo portato quasi al completamento qui agli Uffizi: oltre 75 sale rinnovate oppure aperte per la prima volta, con intere collezioni che non erano esposte oppure lo erano solo in piccola parte, come la pittura veneziana del Cinquecento che ora è articolata in tutta una serie di sale, la pittura della Controriforma, oppure gli autoritratti. Molte opere che prima erano esposte in mostre come “I mai visti” ora sono permanentemente visibili. Anche le opere che erano già esposte prima si vedono diversamente, perché abbiamo rifatto tutto il sistema illuminotecnico: quando magari non ci si ricorderà più del nome mio o di quello dell’architetto Antonio Godoli comunque la gente probabilmente dirà che il problema plurisecolare che già i viaggiatori del Sette e dell’Ottocento e ancora del Novecento lamentavano, ovvero che gli Uffizi hanno una collezione fantastica ma non si vede niente per la mancanza dell’illuminazione adeguata, è stato risolto”
L'accessibilità e il lockdown
Tra le cose di cui va orgoglioso anche il lavoro sulla accessibilità per i non normodotati: “L’accessibilità non è più soltanto servizio “di nicchia” che si offre in più, per i disabili, ma è la chiave che serve a tutti noi, anche ai normodotati, per poter apprezzare le collezioni: è qualcosa che riguarda la visita in maniera sostanziale. Per la prima volta concepiamo e produciamo libri tattili, per i non vedenti e vedenti insieme, facciamo corsi di Lingua dei Segni Italiana ai nostri funzionari e assistenti e così via”.
Forte anche l’impegno durante il lockdown “quando abbiamo offerto circa 600 “gite scolastiche virtuali” alle classi, con collegamenti personalizzati e non standard” e lo sviluppo del Dipartimento Didattico. E qui, da un quasi candidato a sindaco di Firenze per il centro destra indicato da più parti, la critica del centro destra che non ti aspetti: “All’improvviso - si legge nell’intervista a Finestre sull’Arte - l’educazione è stata vista come qualcosa di dispensabile e semmai aggiunto, e non sostanziale. Ancora nel codice Urbani del 2004” – la legge del Ministro ai Beni Culturali dell’epoca Giuliano Ubani, tra i primi a scendere in campo con Berlusconi Previti e Dell’Utri ndr – “i servizi didattici vengono annoverati tra quelli “aggiuntivi” da dare in concessione a privati. Ora mettiamo a disposizione centinaia di migliaia di euro ogni anno per ingaggiare educatori museali specializzati e di comprovata esperienza. Si tratta di liberi professionisti.”
Conclude così
Nell’intervista rivela anche dell’aiuto offerto e accettato di tanti ex dipendenti degli Uffizi, dai funzionari alla storica direttrice nell’anno della Strage dei Georgofili che all’epoca ha coordinato la salvaguardia del patrimonio, Anna Maria Petrioli Tofani: “Più di una dozzina di funzionari che sono andati in pensione prestano servizio volontariamente, senza essere pagati (naturalmente al di là della loro pensione). Sono risorse veramente preziosissime”, dove la ex direttrice “lavora praticamente ogni giorno nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe sempre sul suo campo di specializzazione accademica. Al momento sta catalogando tutte le donazioni degli anni Ottanta e Novanta del Novecento”.
Difende e argomenta l’ingresso a pagamento nei musei utilizzandolo come leva al decongestionamento dei flussi durante i periodi dell’anno e della giornata e promuove la Riforma del 2015 del Ministro Dario Franceschini: “La riforma Franceschini sicuramente ha funzionato - afferma il direttore degli Uffizi al direttore di Finestre sull’Arte Federico Giannini - , come è confermato dal fatto stesso che adesso un governo di tutt’altro orientamento politico la stia portando avanti. In particolare la riforma ha funzionato nei tre campi dell’autonomia, ovvero l’autonomia scientifica dei musei (a cui si dovrebbe aggiungere l’autonomia artistica, perché più ci si avvicina all’arte contemporanea e meno diventa una scelta puramente scientifica), poi l’autonomia organizzativa e poi, più importante di tutte, quella di bilancio, perché responsabilizza di più i musei”
Fonte: Finestre sull'arte