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La tripla di Rosselli: "ora famiglia, Use, Empoli"

Guido Rosselli in palestra (foto Use Basket)

Guido è tornato a casa. Una ventina di anni dopo e con alle spalle una carriera vissuta ad alti livelli fra A2 ed A1, ventinove presenze in Nazionale con la quale ha disputato gli Europei in Slovenia del 2013, Rosselli ha deciso che era il momento di tornare a Empoli e vestire quella maglia che indossò la prima volta che entrò in una palestra prendendo in mano una palla a spicchi

Nel minibasket avevo come istruttore Mario Ferradini, poi Massimo Angelucci per tutto il percorso delle giovanili. Dai quindici anni in su iniziai a fare apparizioni in prima squadra con Marcello Billeri

Debutto in prima squadra quando?
Nel 1998/99, allenatore Marcello Billeri, l’anno della promozione in serie C1. Feci le prime apparizioni in prima squadra all’età di 15 anni. Ero il dodicesimo del gruppo ma poi, complici anche alcuni infortuni, andai in panchina. Poi dall’anno dopo sono stato sempre nel roster

Venti anni di carriera, se ti volti indietro cosa ti viene da dire?
Che sono soddisfatto. Forse l’unica cosa che mi è mancata è una coppa europea ma non ho mai scelto in base alle categorie

Ed in base a cosa?
Alla possibilità di giocare. Poi i minuti uno se li guadagna, però quando ho scelto una squadra era perché sapevo che avrei giocato. Da Riva del Garda in poi qualche A2 o A1 mi ha sempre cercato, specie dopo Rieti e Pistoia, ma ho sempre puntato su squadre dove sapevo di poter avere minuti e dove si giocava per vincere

E ti sei guadagnato il nome di uomo promozione in A1
In totale ne ho fatte cinque in A1

Qualcuna la ricordi in modo speciale?
Sono state tutte belle. Poi, se proprio devo sceglierne una, dico Rieti perché l’aspettavano da 26 anni. Al primo anno anche io persi la finale con Montegranaro, poi però ce la facemmo. In generale, comunque, tutte sono da ricordare. Magari con Rieti, Torino, Virtus e Fortitudo partivamo per vincere, mentre Verona è stata diversa. Pareva fosse un anno di transizione ed invece abbiamo vinto

Nella lista degli allenatori più importanti chi mettiamo?
Marcello Billeri e Massimo Angelucci sono quelli che mi hanno insegnato quello che so fare, mi hanno dato gli strumenti per giocare a pallacanestro e, senza di loro, sarei stato un giocatore diverso. A livello di professionismo, uno da cui ho imparato come si sta in una squadra di un certo tipo è Walter De Raffaele. Però ho preso da tanti: Andrea Mazzon a Maurizio Lasi che mi ha voluto a Rieti, senza dimenticare Alessandro Ramagli con cui ho un rapporto particolare visto che siamo stati tanto insieme

Hai mai avuto un modello di giocatore?
Da piccolo, con Massimo Iacopini a Treviso, guardavo Kukoc, anche se eravamo due stazze diverse. Poi, quando ho iniziato a pensare di poterlo fare da professionista, sui 18 anni, mi ispiravo a Rigaudeau, un play di quasi due metri, o Papaloukas. Ecco, guardavo questi tipi di giocatori

Un compagno che ti ha insegnato?
L’anno di Rieti metto Michele Mian, Cristiano Fazzi e Davide Bonora. Li vedevo fare piccole cose in allenamento che ti facevano capire che erano importanti e così miglioravo. Poi uno come Alvin Young a Venezia ti trasmette il divertimento di giocare. Ecco questi anni che ho citato, assieme al primo di Veroli, sono stati quelli nei quali mi sono davvero divertito come quando ero all’Use. Poi sono stato bene ovunque, ma questi li ricordo con piacere

Per un difensore del tuo livello, chi ti metteva pensiero quando sapevi di doverlo affrontare?
Belinelli e Gallinari fra gli italiani, si vedeva già che erano a livelli fisici e di basket clamorosi. Gli anni di Rieti, dove praticamente facevo il terzino visto che c’erano quattro stranieri e quindi si tirava poco o niente, ne ho affrontati tanti forti. Era una pallacanestro diversa e non voglio fare discorsi da vecchio ma certi fisici non c’erano e di talento se ne trovava tanto. Ora è diverso, è cambiato il basket e lo vedo anche all’Use

Cioè?
Io non avevo alla loro età il fisico di Mazzoni o di Cerchiaro, ero alto 1,98 e pesavo 90 kg

Parliamo di Bologna che hai vissuto sulle due sponde passando dalle V nere alla Effe
Alla Virtus ho fatto un anno e tre mesi ed alla Fortitudo uno e nove mesi. L’anno della Virtus era di rifondazione, non partimmo per vincere ma il budget c’era e la squadra anche. Entrarono in squadra quattro ragazzini come Paiola, Penna, Oxilia che se non avesse avuto problemi fisici avrebbe fatto una carriera diversa e Petrovic, oltre a Spissu che aveva 22 anni. La dirigenza contava solo su quelli che davvero ci tenevano ed anche nel pubblico ci fu un bel ricambio generazionale. Quell’anno si vinse sempre, giocai il derby ed è stato bello

La Fortitudo?
Completamente un altro mondo, seppur nella stessa città

Cioè?
Ad esempio, alla Virtus si può avere uno screzio in allenamento e fuori non lo sa nessuno. Alla Effe, se uno si scalfisce un’unghia, cinque minuti dopo al bar lo sanno tutti. Sono due ambienti da gestire in maniera completamente diversa

Anche come tifoseria?
Ho trovato una tifoseria molto più matura alla Fortitudo che alla Virtus. Qui arrivai nel momento del ricambio generazionale con tutti ragazzetti mentre il tifo Fortitudo e la fossa dei leoni sono una questione familiare. Ci sono dai nipoti ai nonni che vanno in fossa. Alla Virtus il giovane va in curva e poi passa in tribuna, alla Effe sono sempre tutti lì, in quella curva

Siamo a Empoli, quest’anno hai finalmente detto sì
A livello familiare era l’anno giusto con Folco all’ultimo anno di asilo e Giulia che inizia a lavorare. Io ho sempre voluto chiudere all’Use, poi capitava sempre che si vinceva, magari arrivava un’offerta e non se ne faceva niente. Quest’anno, invece, era tutto perfetto per tornare

Ti piace la squadra?
Sì, ho un solo dubbio

Quale?
Bisognerà adeguarsi al campionato perché, fra tutti, siamo davvero grossi fisicamente. Al di là di questo, siamo assortiti bene. Poi vedremo come sono le altre squadre

Giocherai il derby con Castello
Sarà la prima volta perché l’ho giocato solo con le giovanili. Quando andai via l’Abc era in B2 e noi in C1

Allenerai le giovanili?
Sì, ho chiesto di partire dai piccoli e così farò l’Under 13 e l’assistente a Davide Elmi nell’Under 15 Eccellenza. Per me sarebbe più semplice stare con i ragazzi più grandi ma, siccome voglio imparare, parto dai più piccini

Da grande farai l’allenatore?
Vediamo, l’idea mia è riuscire a creare una stabilità a Empoli dove sto volentieri e bene. Oltre a moglie e figlio, sono partito che i miei genitori avevano 50 anni ed ora ne hanno venti in più. Poi ci sono la sorella, i nipoti Vera e Gino. Devo dire che, con gli anni, la lontananza da tutti loro iniziava a pesarmi. Con Folco che va a scuola, gli ultimi tre anni a Verona sarò tornato due volte all’anno. Quando lui sarà più grande vedremo che succederà, se mai arriverà la possibilità di andare altrove. De Raffaele mi faceva spesso la battuta che mi avrebbe voluto come assistente. Ma ora sto a Empoli, l’ho sempre detto e lo ripeto

Numero di maglia?
Prenderò il 9

Venti anni dopo il cerchio si chiude. Bentornato a casa, Guido

Marco Mainardi

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