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Giornata mondiale delle api, cresce del 4% il numero di apicoltori ma è allarme per il miele

(foto di archivio)

Per Coldiretti Toscana "c'è poco da festeggiare" nel World Bee Day di quest'anno. Nonostante la crescita del settore, "la combinazione di siccità, gelate tardive ed eventi estremi avranno effetti negativi sul raccolto"

C’è poco da festeggiare per gli apicoltori toscani stretti nella morsa di stagioni sempre più anomale che scombussolano le fioriture e riducono la produzione di miele, dall’aumento dei costi per garantire la sopravvivenza degli sciami impossibilitati ad uscire dalle arnie, dei ridotti sostegni economici e per l’arrivo, in alcune zone, della temuta vespa killer che falcidia gli sciami. Non sarà una buona annata per le imprese apistiche della regione. La produzione di acacia è già compromessa. E pensare che la stagione era partita bene. A lanciare l’allarme è Coldiretti Toscana in occasione del World Bee Day che si celebra il 20 maggio. Il miele sarà assoluto protagonista, per tutta la giornata, dei mercati contadini di Campagna Amica in particolare di Grosseto ed Arezzo tra dimostrazioni, degustazioni e la distribuzione gratuita anche di semi melliferi da piantare nei giardini per aiutare le api. Istituita nel 2017 la Giornata Mondiale delle Api è volta a sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza degli insetti impollinatori e sul loro contributo allo sviluppo sostenibile.

“Il settore cresce in Toscana e questo è decisamente un buon segnale ma deve anche fare i conti con l’andamento instabile delle produzioni che minaccia la loro sopravvivenza. Senza produzione le aziende la loro sostenibilità economica è in pericolo. – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana - L’avvio della stagione delle fioriture è stato promettente, poi è arrivato il passo falso della primavera e l’abbassamento delle temperature proprio quando le api stavano raccogliendo il nettare. La combinazione di siccità, gelate tardive, eventi estremi stanno avendo effetti negativi sul prossimo raccolto e sulla sostenibilità economica delle imprese agricole che non producono solo miele, polline, propoli ma sono presidi fondamentali per la salvaguardia della biodiversità”.

Il ritorno del freddo ad aprile e poi della lunga ondata di perturbazioni con piogge abbondanti e diffuse ha rallentato la vita nell’alveare. Le api, scoraggiate nell’andare a caccia di fiori e nettare, hanno iniziato a mangiare le scorte costringendo gli apicoltori ad intervenire con la nutrizione di emergenza per evitarne la morte. “Le fioriture primaverili non hanno avuto il profumo classico della stagione ed erano poco nettarifere. La stagione era partita bene ma l’arrivo del freddo e delle precipitazioni hanno rimesso tutto in discussione. – spiega Daniela Daniele, apicoltrice fiorentina e Delegata regionale Donne Impresa Coldiretti - Per non morire le api hanno mangiato il miele che avevano già raccolto. Gli apiari sono praticamente vuoti in questo momento. Le conseguenze del cambiamenti climatici e l’aumento delle materie prime rendono difficile la vita dell’apicoltore e dell’agricoltore. Noi, che amiamo le api, cerchiamo di continuare a svolgere questa bellissima attività per tutelare l’ambiente e della nostra comunità”. Dove non piove le api sono tornare a cercare i fiori: “Le api hanno sofferto molto gli sbalzi climatici. – spiega Francesca Buonagurelli, apicoltrice di Barga - Ogni singola goccia di acqua per un animale così piccolo può essere fatale. Oggi hanno ripreso a volare timidamente. Escono per recuperare quel che resta di una produzione di acacia la cui fioritura ha subito una riduzione drastica a causa della caduta precoce. Vogliamo però essere ottimisti per la produzione di miele di castagno di prossima fioritura”.

Punta il dito contro i cambiamenti climatici anche Mirko Iacopini, apicoltore massese: “Le api non trovano il nettare. La situazione è molto complicata. Rischiamo di non raccogliere niente o una produzione scarsa che non coprirà assolutamente i costi che stiamo sostenendo per l’alimentazione di soccorso, per spostare e controllare periodicamente le arnie”. Ma mancano anche i sostegni economici: "Sono troppo pochi, e quando ci sono arrivano in ritardo, per un settore fondamentale per la protezione della biodiversità. – spiega Mirko Bulgarelli, apicoltore della Garfagnana – L’arrivo, anche in Garfagnana, della vespa velutina, insetto alieno che uccide le api, ci preoccupa molto. Per contenere il suo espandersi è nato un gruppo locale, da me fondato, formato da volontari e tecnici per informare la comunità, monitorare e neutralizzare i nidi”.

Sono 7.308 i “pastori delle api” in Toscana, il 4% in più rispetto al 2021, che gestiscono complessivamente 16.121 apiari (+4%) e 177.775 alveari (+28%) secondo i dati del Sistema Informativo Veterinario Nazionale. Nonostante i numeri in forte aumento, anche a livello nazionale, l’atavica carenza di prodotto, costringe il nostro paese ad importante grandi quantità di miele dall’estero in particolare da Ungheria, Argentina, Spagna e Cina.

Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – consiglia Coldiretti Toscana – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti regionale – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.

In Italia – precisa ancora Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nel nostro paese si stima un consumo pro-capite di 500 gr, il 35% in meno della media europea secondo Ismea, ma ben il 40% in più di quello che gli italiani consumavano negli anni ’80.

Fonte: Coldiretti Toscana

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