Centro Fibromi Palagi, dalla Svezia i medici del primo trapianto di utero
E’ il primo centro a livello nazionale con un modello organizzativo che unisce in un unico percorso diagnostico-terapeutico la gestione delle pazienti con fibromatosi uterina, la patologia di tumore benigno più frequente in assoluto in circa il 70% delle donne di 45 anni. Il “Centro Terapeutico Fibromi Palagi” nato di recente con sede al terzo piano del presidio di via Michelangiolo a Firenze, è stato individuato anche come Centro di formazione internazionale nel campo delle radiofrequenze, un modello interventistico che permette una riduzione dei fibromi e una risoluzione della sintomatologia nel 60-70% dei casi senza la necessità di intervento chirurgico e quindi con costi notevolmente minori. Proprio questa mattina, nell’ambito di un progetto formativo internazionale, il Centro ospita al Palagi i tre chirurghi ginecologi del Sahlgrenska University Hospital di Goteborg, in Svezia, membri del gruppo che nel 2012 ha effettuato il primo intervento di trapianto di utero nel mondo.
I fibromi uterini causano frequentemente un anomalo sanguinamento uterino, dolore e tensione pelvico, sintomi urinari e complicanze in corso di gravidanza. L’idea di un centro dedicato a questa patologia di cui sono portatrici più frequenti le donne di età tra i 40 e 50 anni, è nato dalla collaborazione fra il dipartimento della rete territoriale di cui è responsabile Valeria Dubini e il dipartimento materno infantile diretto da Alberto Mattei. Ne è referente aziendale la dottoressa Karin Louise Andersson in collaborazione con la dottoressa Claudia Consoli che cura la parte ecografica. Il modello è il primo in Italia con queste caratteristiche tanto che ai medici del Centro è già stato richiesto dai colleghi di altri ospedali italiani, di fare formazione a livello organizzativo-ambulatoriale.
Il percorso innovativo attuato al Piero Palagi prevede che le pazienti, dopo un'attenta anamnesi e compilazione di un questionario, vengano sottoposte a visita ginecologica e a ecografia transvaginale con mappatura dei fibromi e successivamente indirizzate a un trattamento terapeutico personalizzato e appropriato alla loro condizione. Una procedura che ottimizza in un unico percorso diagnostico terapeutico la gestione delle pazienti, comprese quelle in percorso PMA con richiesta di terapia chirurgica.
“Può accadere che dopo una prima visita ginecologica, una donna con fibromatosi uterina venga invitata a un consulto con un altro medico, con un chirurgo per esempio, dovendo quindi iniziare da capo un nuovo percorso. Nel nostro Centro – spiega Anderson - nessuna paziente se ne va senza una risposta o un’indicazione del percorso da seguire che può essere una pre ospedalizzazione per un intervento chirurgico o isteroscopico oppure una embolizzazione in collaborazione con la radiologia interventistica e che prenotiamo noi direttamente presso un altro presidio aziendale “.
Presso l’ospedale Piero Palagi è stato attivato il percorso, offerto in regime di Day hospital, dell'ablazione con radiofrequenza. Quando indicato, infatti, oltre alle tecniche chirurgiche convenzionali come isteroscopia, laparoscopica e laparotomia vengono impiegati, approcci mini-invasi come la termobalazione e l'emoblizzazione delle artierie uterine. L'ablazione ipertermica dei fibromi uterini con radiofrequenza rappresenta una tecnica chirurgica mini-invasiva che permette di arrivare direttamente al fibroma attraverso un ago-elettrodo inserito per via trans-vaginale eco guidata. Il trattamento viene eseguito in sedazione profonda e in regime di “day surgery”. Questo modello interventistico permette una riduzione dei fibromi e una risoluzione della sintomatologia nel 60-70% dei casi, a fronte di un rapido recupero per la paziente che può tornare tranquillamente alla propria attività dopo poche ore. Le pazienti operate sono state quindi rivalutate con follow-up a 6 e 12 mesi con ottimi risultati (una riduzione volumetrica media dei fibromi a 6 mesi pari a 75%).
L’approccio terapeutico alla fibromatosi uterina sintomatica è stato fino a oggi essenzialmente chirurgico, con ricorso alla miomectomia o all’isterectomia. Negli ultimi anni, però, è sempre più forte il desiderio, quando possibile, di offrire una terapia più conservativa possibile. Intensa è stata anche la ricerca di nuovi trattamenti conservativi finalizzati non solo a preservare l’utero e la fertilità ma anche a ridurre la morbilità e i tempi di ripresa rispetto alla terapia chirurgica convenzionale.
Fonte: Azienda Usl Toscana Centro - Ufficio stampa