In 3 anni recuperate oltre 2mila piante di ulivo sul Montalbano a Vinci
9 ettari e oltre 2.200 piante di ulivo recuperati in soli 3 anni, pandemia permettendo, nell’area del Montalbano, a Vinci, dove dal 1954 ad oggi sono stati persi più di 1000 ettari di uliveti (di cui ben 400 ha potenzialmente recuperabili) per via della loro ubicazione, degli elevati costi delle operazioni colturali e della mancanza di adeguati strumenti di gestione.
I dati che emergono dalla relazione finale del progetto CATChCO2 Live, sul recupero del patrimonio olivicolo Toscano sono l’incentivo che gli agricoltori attendevano da tempo e offrono una prospettiva sia in termini economici che di tutela ambientale. La fotografia scattata dagli scienziati, protagonisti della tavola rotonda che si è appena conclusa a Montalbano, presso l’omonima Cooperativa agricola capofila di progetto, è positiva, “anche se siamo solo ai primi passi”, spiega Andrea Triossi, agronomo e vicepresidente di DREAM Italia, società di servizi nell’ambito dello sviluppo rurale sostenibile, della protezione dell’ambiente e della riqualificazione territoriale, che ha promosso l’incontro.
“Il mantenimento dell’olivicoltura collinare è funzionale tanto alla produzione quanto alle positive ricadute ambientali, dalla prevenzione da frane e incendi all’incremento di sequestro del carbonio. Un esempio: il recupero e il rinfittimento degli oliveti dell'area del Montalbano con una gestione agronomica biologica permetterebbe di compensare le emissioni di carbonio dovute a circa 31.000 persone residenti nell’area metropolitana fiorentina. Rispetto ai 9 ettari recuperati la quantità di carbonio stoccato è pari a 17 tonnellate CO2 per anno. Per le varie attività avevamo stimato costi pari a 120 mila euro, ma alla fine della rendicontazione sono risultati 90 mila, questo significa che se vogliamo siamo capaci di adattare la risposta gli uliveti e del terreno alle condizioni climatiche grazie all’applicazione di un modello organizzativo. Ma c’è ancora molto da fare”.
Finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale della Regione Toscana per la costituzione di un Gruppo Operativo (G.O.) del PEI (Partenariato Europeo per l’Innovazione), CATChCO2 Live ha coinvolto altre due aziende agricole, la Torrini Vasco e la Braderi Moreno – e tre partners scientifici: il CNR-IBE (Istituto di Bioeconomia del CNR), che si è occupato dell’applicazione della rete sensoristica e del monitoraggio in campo dell’oliveto, strumenti di precisione che consentono di simulare crescita e sviluppo della pianta; il DAGRI (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali) dell’Università di Firenze per lo sviluppo di una piattaforma web - http://www.drolive.unifi.it/simulazioni dotata di mappe e grafici visualizzabili in tempo reale come strumento di supporto decisionale per gli agricoltor al fine di aiutarli sul campo; infine il DISAAAa-UNIPI (Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali) dell’Università di Pisa per la parte di promozione delle tecniche innovative di agricoltura di precisione.
Questa, insieme al portale (già attivo) delle buone pratiche, è fondamentale nella limitazione degli impatti ambientali del settore e nella riduzione dei costi. L’aspetto economico ha rappresentato un input importante all’interno del progetto, considerato che il costo per quintale di olive ottenute con una olivicoltura tradizionale non innovata è di ben 140 euro. Si è scelto, dunque, un modello contrattuale e organizzativo che fosse vantaggioso sia per i proprietari degli oliveti che delle aziende che ne richiedevano la gestione: è la concessione ad meliorandum, per cui si concede il godimento del fondo a patto che venga migliorato dal conduttore senza obbligo di corresponsione del canone d’affitto. La coop Montalbano, che ha avuto in concessione gli oliveti dal 2020 e fino al 2028, ha utilizzato la manodopera presente sul territorio a fronte di nessun investimento.
Un beneficio che si è presto compensato sul campo dati gli sforzi richiesti per via delle pessime condizioni in cui versavano gli appezzamenti: gli interventi hanno riguardato potature straordinarie e lavorazioni profonde nel terreno divenuto asfittico a causa dell’incuria e degli eventi siccitosi. Significativo, in tal senso, è stato l’intervento del forestale dott. Luca Tonarelli (DREAM), che ha riportato alla memoria gli 980 ettari andati in fumo la scorsa estate, tra cui vari oliveti abbandonati, nel comune di Massarosa. “Dobbiamo tornare a essere i pastori, i custodi del nostro territorio”, ha concluso Tonarelli.
Particolare attenzione è stata posta nella raccolta d’informazioni legate a possibili criticità e problematiche riscontrate dagli olivicoltori, ad esempio la gestione della chioma (risolvibile con una potatura minima che ricrei la forma naturale dell’ulivo, ossia il cespuglio), nutrizionale della pianta, il mantenimento della fertilità del suolo, la prevenzione degli attacchi della mosca dell’olivo, tra i parassiti più diffusi negli oliveti mediterranei, oggi identificabile anche da remoto grazie alle nuove tecnologie di monitoraggio.
Oltre agli interventi robotici, che consentirebbero la riduzione del costo della manodopera e il miglioramento di alcune operazioni (es. la pulizia della sotto chioma) favorendo così l’estensione della superficie a biologico, una soluzione importante per salvare gli oliveti arriva, infine, dall’agroforestazione che promuove la coltivazione consociata di colture arboree con colture erbacee e/o allevamenti animali per sviluppare una nuova agricoltura sostenibile. Gli alberi, hanno spiegato gli intervenuti, nel tempo aumentano la fertilità del suolo, forniscono legna come materia prima ed energia rinnovabile e assorbono anidride carbonica. Strategica per la transizione ecologica e la mitigazione della crisi climatica, l’agroforestazione offre la possibilità di diversificare e aumentare il reddito agricolo e di accedere a finanziamenti come la carbon farming.
“E' un sistema conosciuto da oltre due millenni – dice il prof. Marco Bindi del DAGRI, fra gli scienziati più influenti sui temi del cambiamento climatico in ambito internazionale. “Combina una serie di fonti di produttività e ottimizza l’uso del terreno, si tratta di una gestione integrata di cui beneficia anche il paesaggio”.