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Restauro, Toscana terza in Italia. Cna: "Settore resiliente ma che invecchia"

Sono 448 le imprese attive nel settore del restauro in Toscana (di cui il 42% a Firenze), il 12,6% di quelle esistenti in Italia, facendo della regione la terza nel paese per numerosità dopo Lombardia (662) e Lazio (500).

“Attività strategiche in un paese che è un vero e proprio museo a cielo aperto visto che la bellezza è un bene tanto prezioso quanto fragile. Risultano pertanto di fondamentale importanza le attività di conservazione e restauro del vastissimo patrimonio museale, archeologico, monumentale presente in ogni località, dalle famose città d’arte, ai piccoli borghi, alle aree interne” commenta Simone Beneforti, presidente dei restauratori di CNA Firenze.

Il ruolo svolto dalle imprese del settore, che operano per garantire la custodia e la preservazione di tale patrimonio per le future generazioni, è cruciale per l’intero sistema Italia. Da qui nasce l’esigenza di CNA di fornire una fotografia nitida del settore del restauro.

In Toscana e a Firenze si tratta di imprese prevalentemente artigiane (per oltre l’86%) organizzate per il 79,2% come ditte individuali (quasi 8 imprese su 10).

“Questa scelta trova spiegazione, in parte, in quelle che sono le caratteristiche del mercato del restauro: i lavori per la conservazione del patrimonio artistico e culturale del Paese vengono assegnati sulla base di procedure pubbliche/ bandi di gara e gli operatori del settore tendono a prediligere forme organizzative snelle che consentono di adeguare l’organico alla mole di lavoro” spiega Lorenzo Cei, coordinatore di CNA Artigianato Artistico Firenze.

Non mancano, in ogni caso, anche imprese più strutturate: in Toscana e a Firenze una impresa su dieci (9,8%) adotta infatti la veste di società di capitali. Gli altri operatori del comparto sono, infine, società di persone.

Si tratta di un comparto che sta invecchiando: gli under 40 sono infatti solo il 19% del totale in Toscana e il 17% a Firenze.

“Un dato in linea con la tendenza demografica del nostro paese. Ma che risente anche della presenza sul territorio di istituzioni abilitate a rilasciare la qualifica di restauratore - spiega Cei - Certo, in Toscana ne sono presenti 2 delle 28 esistenti in tutta Italia, ma in Lombardia sono 6 e nel Lazio 5. Considerato che è proprio la nostra regione ad ospitare la quota maggiore di musei, gallerie d’arte, aree o parchi archeologici e complessi monumentali d’Italia (l’11% dei 4.976 istituti totali, di contro all’8% della Lombardia e al 7% del Lazio) i conti non tornano, o quanto meno potrebbero essere migliorati”.

Se il comparto è in Italia a preminente vocazione femminile (il 58,4% degli incarichi imprenditoriali è in capo a donne), localmente i valori s’invertono: in Toscana le restauratrici sono il 41,2% e a Firenze il 48%.

Dal 2008 in poi la consistenza del mondo artigiano si è ridotta, in linea con gli andamenti economici e le fasi recessive attraversate dal Paese. Diverso, però, è il caso del restauro che, dopo una fase di crescita del numero delle imprese (anni 2000 - 2010), ha sì subito una battuta di arresto fino al 2016, ma poi ha tenuto. Il numero delle imprese del comparto è infatti rimasto praticamente inalterato dal 2017 fino a tutto il 2021.

“La resilienza del settore non è banale: la domanda nel restauro è infatti correlata alle attività culturali (musei, gallerie d’arte; etc.), negli ultimi anni penalizzate sia dalla ristrettezza delle risorse destinate alla conservazione del patrimonio artistico e culturale, sia dall’assottigliamento dei flussi turistici per le misure di lockdown – conclude Beneforti – Basti pensare che le risorse destinate dalla finanza pubblica alla gestione di un patrimonio così vasto e così largamente diffuso appaiono comparativamente modeste. In Italia, la spesa pubblica per i servizi culturali (che includono la tutela e la valorizzazione del patrimonio) ha superato di poco i 5 miliardi di euro nel 2019. Tra le altre maggiori economie dell’Unione, Francia e Germania hanno speso molto di più (16,8 e 13,9 miliardi, rispettivamente) e anche la Spagna ha impegnato più risorse (5,5 miliardi)”.

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