Vulvodinia, la Toscana per il riconoscimento. Giorgia Soleri: "Istituzioni prendano posizione netta"
Tra il 10% e il 16% della popolazione femminile in età fertile soffre di vulvodinia e neuropatia del pudendo, patologie croniche e invalidanti, che hanno conseguenze dolorose sulla vita personale, familiare, professionale di molte donne, ma che ad oggi il sistema sanitario nazionale non riconosce. Tuttavia un percorso per creare in Toscana un punto di riferimento per le pazienti e per il riconoscimento formale di queste malattie ha preso il via oggi con il convegno "Intervento medico e azione politica: insieme per riconoscimento e cura di vulvodinia e neuropatia del pudendo", organizzato dall’associazione Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo in collaborazione col Consiglio Regionale, che si è tenuto a palazzo del Pegaso. Sono intervenuti il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo, il presidente della Commissione sanità Enrico Sostegni, l'assessore al diritto al diritto alla salute Simone Bezzini e Giorgia Soleri, l'influencer impegnata a sostegno del lavoro del comitato. Un’iniziativa molto partecipata e ricca di contributi di di professionisti, attivisti, pazienti, medici e psicologi.
"Oggi è una giornata importante di sensibilizzazione su una malattia ancora poco nota – ha affermato il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo - . Da un lato c’è la necessità di investire sempre di più in formazione, in modo che le ginecologhe e i ginecologi abbiano la possibilità di conoscere questa patologia che il sistema sanitario nazionale purtroppo ancora non riconosce. Dall’altro bisogna puntare sulla ricerca di nuovi farmaci e soluzioni per la cura di una patologia cronica e invalidante. Davanti a noi c’è una battaglia di civiltà che il Consiglio regionale della Toscana vuole raccogliere". A questo proposito Mazzeo ha ricordato come la strada da perseguire sia quella individuata dalla mozione approvata in commissione Sanità del Consiglio regionale toscano nell’aprile scorso per il riconoscimento della vulvodinia e neuropatia del pudendo quali malattie invalidanti e del loro inserimento nei Lea.
Patologie che si manifestano con un dolore cronico a livello genitale esacerbato dal contatto, per cui si ha difficoltà a stare seduti e persino indossare un paio di jeans, la cui cura necessita un approccio multidisciplinare.
A sottolineare l’impegno delle istituzioni toscane, il presidente della Commissione sanità del Consiglio regionale Enrico Sostegni, che ha parlato di un vulnus nell’ambito del diritto alla salute: “A breve sarà nominato l'Organismo Toscano di Governo Clinico che avrà il compito di elaborare e approvare un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale per queste patologie – ha affermato - Ci sono già alcuni centri nella sanità Toscana che si occupano di vulvodinia. È nostra intenzione strutturarli e creare un percorso che porti alla nascita di almeno un punto di riferimento regionale nel quale far confluire le donne che hanno bisogno della diagnosi e, soprattutto, della successiva terapia. Attualmente c'è una grande dispersione di risorse perché prima di arrivare alla diagnosi passano anni, e ad occuparsi di questa patologia sono solo i soggetti privati”.
"È fondamentale che ci sia un riconoscimento nazionale di queste patologie – ha affermato l’assessore al Diritto alla Salute della Regione Toscana Simone Bezzini – e come Regione Toscana daremo il nostro contributo perché riprenda l’iter parlamentare della proposta di legge. Tuttavia non ci limiteremo ad attendere che il Parlamento e il Governo le riconoscano: stiamo già lavorando per sviluppare nelle aziende ospedaliere universitarie e nelle aziende sanitarie della Toscana percorsi di cura e di presa in carico adeguate, anche coinvolgendo le associazioni e la rete territoriale".
Del ritardo diagnostico come problema principale della malattia ha parlato Giorgia Soleri, l'influencer impegnata a sostegno del lavoro del comitato, affetta dalla malattia da quando era adolescente.
"La patologia si cronicizza col tempo e una diagnosi tempestiva è cruciale per evitare che ciò accada – ha spiegato - Nel mio caso la malattia è stata diagnosticata dopo 11 anni. Ho convissuto per tanto tempo con il dolore ed è stato molto difficile, soprattutto sul piano psicologico ed emotivo. Però voglio portare un po’ di speranza. Sono in terapia da due anni e riesco a fare una vita pressoché normale, anche se con alti e bassi, perché ho il privilegio di potermi curare privatamente, visto che ad oggi nel servizio sanitario pubblico non c'è modo di essere seguite con un approccio multidisciplinare. Questo è il motivo per cui chiediamo alle istituzioni di prendere una posizione netta per aiutare tutte quelle persone che hanno diritto alla salute anche non avendo le possibilità economiche".
"Oltre ai riconoscimento di queste due malattie – ha affermato l’attivista del Comitato Silvia Carabelli – chiediamo anche fondi per realizzare a livello regionale dei centri che siano in grado di prendere in carico le pazienti a 360 gradi".
Fonte: Consiglio regionale della Toscana - Ufficio stampa