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Metastasi epatiche: su “Frontiers” approccio pisano che combina con efficacia chirurgia e microonde

I risultati di un approccio personalizzato combinando chirurgia e microonde per il trattamento delle metastasi epatiche da tumore del colon-retto sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Frontiers in Oncology” e riportano l’esperienza della Sezione dipartimentale di Chirurgia generale universitaria dell’Aoup diretta dal professore Giulio Di Candio, con ottimi risultati nel controllo a distanza a medio termine sui pazienti operati. “Surgery combined with intra-operative microwaves ablation for the management of colorectal cancer liver metastasis: a case-matched analysis and evaluation of recurrences”, questo il titolo dello studio che ha potuto svilupparsi in Aoup grazie alla coesistenza, nello stesso team, di una elevata esperienza sia in chirurgia generale (accesso tradizionale, mini invasivo laparoscopico e robot-assistito), sia in ecografia chirurgica. Infatti, gli alti volumi di chirurgia oncologica maggiore effettuati negli anni, insieme alla pluriennale esperienza in ecografia interventistica e intraoperatoria, hanno consentito di unire le forze ed effettuare sul paziente scelte personalizzate con i risultati eccellenti riportati nel lavoro.

Oggi le metastasi epatiche beneficiano sul lungo termine di speranze di controllo della malattia molto superiori rispetto al passato, finanche di prospettive di guarigione in molti casi, grazie alla crescente efficacia delle terapie oncologiche e di molteplici opzioni chirurgiche tutte mirate il più possibile a preservare l’organo.

La chirurgia combinata con la termoablazione è una di quelle, anzi, quanto di nuovo emerge dal lavoro pubblicato è che il tipo di utilizzo intraoperatorio delle microonde descritto per le metastasi epatiche da tumore del colon retto - scarsamente indagato fino ad oggi in letteratura – dà ottimi risultati.

In questo settore disciplinare, ormai, si tende ad essere più conservativi possibile, mirando a trattare solo le lesioni senza sacrificio inutile di parenchima epatico che può servire in caso di ricadute, chemioterapia o re-interventi. Il merito dello studio pisano è di aver acceso i riflettori su un’altra opportunità terapeutica per le metastasi epatiche da tumore del colon-retto, ossia l’utilizzo intraoperatorio delle microonde, nell’ambito di un percorso multidisciplinare oncologico-chirurgico (quasi sempre preceduto e seguito da chemioterapia).

Nel dettaglio, l’approccio combinato descritto nel lavoro del gruppo pisano consiste in un accurato studio ecografico intraoperatorio da parte del chirurgo prima di procedere all’asportazione chirurgica di tutte le metastasi aggredibili agevolmente. Le lesioni profonde, invece, specie se a ridosso di grossi vasi, vengono termoablate mediante microonde guidando un apposito ago sotto controllo ecografico. Una volta verificato il corretto posizionamento, il calore sviluppato dalle microonde provoca la necrosi della metastasi trattata che avrà estensione variabile in base a quanta energia si decide di utilizzare e al tempo di erogazione stabilito. A differenza di sistemi di termoablazione precedenti, il rilascio di energia garantito dalle microonde è molto rapido e maggiori le aree di ablazione ottenibili. Queste caratteristiche, consentendo di variare agevolmente la dimensione dell’area trattata e al tempo stesso di termoablare molte lesioni senza prolungare troppo la durata dell’intervento, hanno reso possibile trattare con successo anche pazienti con oltre 40 metastasi.

A condividere la prima authorship dello studio sono stati il dottor Simone Guadagni, chirurgo ed ecografista in forza nella Sezione dipartimentale di Chirurgia generale universitaria e la dottoressa Federica Marmorino, ricercatrice in Oncologia medica (Unità operativa di Oncologia medica 2 universitaria).

“Siamo molto contenti per questo riconoscimento proveniente dalla comunità internazionale che ha ritenuto meritevole di pubblicazione la nostra esperienza - afferma il professore Luca Morelli, responsabile dello studio ed autore materiale degli interventi. - Con l’approccio descritto abbiamo trattato molti pazienti complessi, alcuni dei quali al limite della fattibilità, senza registrare mortalità e con risultati oncologici soddisfacenti. L’analisi pubblicata ci incoraggia a proseguire sulla strada intrapresa”.

Fondamentale, per la gestione condivisa dei pazienti, per l’analisi dei dati e per la stesura del lavoro, la collaborazione con tutto il gruppo oncologico pisano dedicato al colon retto, i cui referenti sono la professoressa Chiara Cremolini e il professor Gianluca Masi, entrambi associati di Oncologia medica e rispettivamente direttore della Scuola di specializzazione in Oncologia dell’Università di Pisa e direttore dell’Unità operativa di Oncologia medica 2 universitaria.

Fonte: Ufficio Stampa

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