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Maurizio Brotini: "La questione gassificatore dimostra la frattura tra Pd e territorio"

Maurizio Brotini

Empolese, membro della segreteria regionale della Cgil, Maurizio Brotini è un osservatore attento delle questioni che riguardano il territorio e, siccome i temi sul tappeto non mancano, il suo punto di vista è sicuramente un contributo importante al dibattito

Iniziamo dalla questione Keu, c’è stato il passaggio importante della chiusura delle indagini. Valutazioni?
Direi in prima battuta che aveva ragione Rosy Bindi nel sostenere che non di infiltrazioni si trattasse ma di un sistema consolidato nel tempo che vedeva da parte dei vertici dei conciatori l’utilizzazione della criminalità organizzata nello smaltimento illecito dei rifiuti della concia.

Questo, al netto delle condanne in sede penale, mi pare il dato politicamente più significativo, assieme alla permeabilità della politica locale e regionale e delle istituzioni a fronte dei desiderata di parte significativa del mondo imprenditoriale locale che, cosa interessante, non aderiva a Confindustria.

E’ la dimostrazione che senza i partiti di massa, una legge elettorale proporzionale ed il finanziamento pubblico dei partiti gli interessi economici forti e particolari sopravanzano facilmente gli interessi ed una visione generale.

Sarebbe auspicabile e necessario che la politica locale e regionale, con particolare riferimento al PD, si interrogasse in maniera un poco più profonda di quanto mi pare stia facendo. Non solo non c’è più da tempo la Toscana rossa, ma avverto montare un risentimento fortissimo nei confronti del Partito Democratico.

In un’intervista in passato su questo blog avevi parlato a chiare note che “chi inquina paga” con chiara allusione alle spese importanti da sostenere per gli allacciamenti idrici. Pare che così non sia.
Non posso che ribadire quanto detto anche attraverso quella intervista: trovo vergognoso ed inaccettabile che chi ha lucrato a lungo usando la criminalità organizzata, impattando in maniera pesante sull’ambiente, solo possa pensare di scaricare sulla collettività i costi delle bonifiche.

Bonifiche ed allacciamenti alla rete idrica come sono costrette a fare tante persone che non possono più utilizzare i pozzi. Mi pare un punto decisivo per definire chi è di sinistra e chi no, visto che sinistra è chi sinistra fa, non chi dice di esserlo o si rifugia ricordando alla bisogna alberi genealogici di dubbia continuità. Insomma, forze politiche eredi del PCI non ce ne sono.

Cosa pensi della multiutility?
Come Cgil non siamo contrari ad eventuali processi di aggregazione multisettore dei servizi pubblici locali così come a ragionare su quali possano essere gli ambiti ottimali per ciascun servizio e se questi ultimi coincidano, mentre ribadiamo la contrarietà alla quotazione in borsa ed a una operazione che ha perso i tratti di una scelta di dimensione regionale e che sembra nascere ed esaurirsi in una mera operazione finanziaria.

Una scelta che non ha visto una discussione nell’ambito del consiglio regionale e che non ha ad oggi avuto un coinvolgimento pieno ed informato dei consigli comunali e delle comunità locali. Francamente come si possano riproporre oggi borsa e finanza rispetto a settori che sono sia beni comuni che monopoli naturali mi sfugge, visto il referendum sull’acqua pubblica e visti gli effetti inflattivi derivanti dalla finanziarizzazione internazionale dei comparti energetici.

Chi vende, poi, come avrebbero detto i nostri vecchi, “non è più suo”, oltre a dover remunerare a breve gli azionisti. Forse bisognerebbe pensare come in Francia ed in Germania a rinazionalizzare del tutto tali comparti e fare la stessa cosa per acqua e rifiuti in stretto rapporto con le comunità locali. Togliere dal campo la quotazione in borsa permetterebbe di affrontare con maggiore attenzione la dimensione industriale, tariffaria e di governance che mi sembra rilegata ai margini della discussione.

Diciamo che il tema decisivo dovrebbe essere come gestire la risorsa idrica attraverso un processo di ripubblicizzazione e chiudere il ciclo dei rifiuti, sia quelli solidi urbani che quelli industriali. Bisognerebbe poi mettere nero su bianco che si lavora per ridurre i rifiuti, far durare di più i prodotti e riaccomodarli prima di buttarli con una frenesia consumistica che il pianeta non può più permettersi e che forse dovrebbe improntare uno stile di vita più sobrio ed attento.

Multiutility e impianto Alia sono arrivate casualmente insieme sulla scena o in qualche modo sono questioni legate fra loro?
Bella domanda, alla quale non ho una risposta precisa. Diciamo che l’impianto proposto risponde ad una scelta regionale che vede integrare il piano regionale dei rifiuti nel piano per l’economia circolare.

Scelta condivisibile, quella regionale, perché sancisce l’azzeramento del conferimento in discarica e la non realizzazione di nuovi inceneritori per dotarsi di tutta una impiantistica intermedia finalizzata al recupero di materia.

Per questo è necessario in legge regionale inserire assieme alla percentuale di raccolta differenziata il tasso di riciclo, ovvero quanta materia prima seconda si recupera per ogni fattispecie omogenea di rifiuto.

L’impianto quindi risponde ad una scelta di programmazione regionale dove invece la multiutility è la proposta nata dalla conferenza stampa di alcuni sindaci per gestire in maniera diversa le aziende che insistono su questi ambiti, sostanzialmente all’interno dell’Ato della Toscana centrale.

Diciamo che la quotazione in borsa proposta suscita il fondato dubbio che gli impianti non servano soltanto a chiedere il ciclo degli urbani o degli speciali prodotti in Toscana ma che possano accogliere rifiuti provenienti da altre realtà in maniera fissa e continuativa.

Chiarire preventivamente questi aspetti secondo me è decisivo. Diciamo che, se non c’è un rapporto lineare di causa effetto, le due cose - più la quotazione in borsa - vanno lette assieme.

Che idea ti sei fatto della questione dell’impianto Alia?
Mi pare che quella che si squaderna davanti a noi sia una grande questione di credibilità delle istituzioni politiche e della fiducia rispetto a soggetti come Asl ed Arpat deputati alla salute pubblica, che hanno visto diminuire in maniera drammatica la propria dotazione di personale e che sono state sottoposte ad un tentativo di subordinazione al potere politico come nel caso di Arpat.

Il dato ambientale della nostra Regione è preoccupante, la giusta attenzione e preoccupazione delle popolazioni cresce ed i consigli comunali eletti attraverso leggi maggioritarie e “presidenzialiste” sembra non riescano più a rappresentare la pluralità di posizioni, interessi, valori ed ideologie presenti nel corpo sociale.

Per questo penso che sia una scelta giusta oltre che obbligata prevedere ed esercitare referendum locali abrogativi e/o consultivi su queste tematiche, come previsto dagli stessi Statuti dei Comuni.

Diciamo che per poter parlare efficacemente del dimensionamento e della tecnologia proposta occorrerebbe sgombrare il campo dalla quotazione in borsa, mettere nero su bianco qual è il bacino e che tipologia di rifiuti è coinvolta, prevedere un credibile piano di riduzioni degli stessi e rendersi disponibili ad un confronto tecnico-scientifico che veda protagoniste a pieno titolo le comunità locali assieme alle istituzioni ed i soggetti proponenti.

Impressioni sulla manifestazione di sabato scorso a Empoli?
Non ero fisicamente presente ma ho visto in diretta filmati, riflessioni e foto. Una cosa straordinaria nei numeri e nella composizione che deve far riflettere tutti i soggetti coinvolti. Una cosa positiva, come tutte le volte che si riempiono le piazze pacificamente per costruire un punto di vista collettivo in un percorso pubblico e comune. Mi è sembrato un riappropriarsi delle scelte che ci riguardano e che determinano la qualità del nostro vivere: un tempo era chiaro a tutti che questa è la politica. Mi riconosco nelle valutazioni che ho letto sul tuo blog, calcando la mano sulla faglia che si è aperta nel territorio nei confronti della forza politica che governa tutti i Comuni. Questo mi pare l’aspetto più rilevante, che va oltre l’oggetto di discussione pur trovando in esso un punto di coagulo.

Quella dell’impianto è una questione tecnica o politica?
Diciamo che è politico tutto il contesto nel quale è inserito, e mi riferisco al piano regionale dei rifiuti in un’ottica di economia circolare, la quotazione in borsa, lo svuotamento di Arpat e soprattutto la frattura politica che si è aperta ma che è tecnico e scientifico per quanto riguarda il merito dell’impianto.

L’impiantistica intermedia per il recupero di materia per le plastiche attualmente non riciclabili e per parte solida del rifiuto urbano definito come combustibile solido secondario è necessaria per evitare il conferimento in discarica e l’incenerimento; le quantità e soprattutto le modalità di funzionamento concrete devono veder affrontati temi come la quantità di energia e acqua necessarie, gli scarti e come provvedere e la natura ed utilizzazione del materiali di recupero come gas e materiale vetroso.

Assieme ovviamente alle emissioni ed alla pericolosità dell’impianto, che è un insediamento industriale a tutti gli effetti. Tutto questo considerando la destinazione dell’area, la presenza degli insediamenti umani ed industriali, le distanze di sicurezza, le modalità logistiche con le quali arriverebbe il materiale, gli stoccaggi dei gas prodotti e tutto quanto attiene alla programmazione urbanistica.

Come con la vicenda Keu ti pare che ci sia una crisi di fiducia che ormai dilaga anche a livello locale?

Assolutamente si, è questa secondo me la questione centrale.

Marco Mainardi

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