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Keu, un anno dopo. Cgil: "10 proposte a imprenditori e politica"

sequestro keu

A quasi un anno dall’inizio dell’inchiesta della magistratura sullo smaltimento illecito dei residui risultanti dall’essiccazione dei fanghi conciari (il cosiddetto keu) il quadro delle indagini risulta assai inquietante, sia per il coinvolgimento dei vertici delle associazioni datoriali, sia sul piano del radicamento delle organizzazioni criminose, sia su quello ambientale, visto che i controlli ad oggi eseguiti confermerebbero che il materiale fuori norma ed inquinante sia stato disseminato irregolarmente in tanti cantieri e siti sparsi per la Toscana. La Regione Toscana si è attivata fin da subito nelle bonifiche dei terreni inquinati con dispiego di risorse umane e materiali, con l’obiettivo di mettere in sicurezza l’ambiente e la salute delle cittadine e dei cittadini. La magistratura sta approfondendo altri filoni di indagine, che auspichiamo arrivino quanto prima a compimento anche perché coinvolgono attività di grande importanza per l’economia regionale, occupando migliaia di lavoratrici e lavoratori.

L’EMENDAMENTO IN CONSIGLIO REGIONALE

Il 15 aprile prossimo sarà trascorso un anno dall’avvio dell’indagine della Autorità Giudiziaria che ha visto coinvolti a vari livelli e con diverse responsabilità, esponenti dell’imprenditoria locale e della politica locale e regionale. L'individuazione delle responsabilità penali competono agli Organismi preposti, alla CGIL preme sottolineare il dato politico rispetto all’emendamento presentato al Consiglio regionale ed approvato nella passata legislatura: il passaggio ad una modifica delle fattispecie autorizzatorie in materia di rifiuti come quella richiamata, implica il venir meno del ruolo delle autorità pubbliche rispetto al controllo ed intervento nei confronti dell’intero ciclo produttivo, essendo evidentemente intrecciato ciò che esce rispetto a ciò che entra in conseguenza delle concrete modalità di lavorazione. Le modalità con le quali si realizza il processo della concia delle pelli (ad esempio chimica o naturale), determina evidentemente rifiuti con un diverso grado di impatto ambientale e più o meno facilmente recuperabili ed inertizzabili. I rischi per un abbandono del territorio da parte dei grandi gruppi della moda era più che reale: questo per fortuna non è avvenuto anche se le preoccupazioni al riguardo restano presenti. Al danno per l’ambiente si sarebbe, in quel caso, aggiunta la duplice beffa per i lavoratori, colpiti nelle proprie condizioni di salario oltre a quelle di dover operare in un ambiente compromesso. Ecco perché pensiamo che parallelamente alle indagini della magistratura sull’accaduto si debba dar concretezza agli impegni condivisi con le istituzioni e le associazioni di rappresentanza per la trasparenza della filiera, la lotta allo sfruttamento lavorativo e la qualificazione del sistema produttivo del made in Tuscany.

LE 10 PROPOSTE CGIL

Siamo in presenza di una ripresa lavorativa importante che fa ben sperare per il futuro anche se sottoposta, come altri settori, agli effetti della guerra in Ucraina e agli aumenti dei costi energetici e delle materie prime. Da questa vicenda è necessario uscirne in avanti e positivamente. Ciò potrà avvenire se Istituzioni, Parti sociali e Imprenditori condivideranno l’impegno di mettere in campo iniziative e provvedimenti chiari e trasparenti che possano rendere concreta la credibilità dell’intero territorio: 1) Un incremento in termini di personale ed una rafforzata autonomia dell’ARPAT, che attraverso un incremento delle attività di controllo e prevenzione verifichi puntualmente il corretto iter del processo di depurazione e smaltimento. 2) Il coinvolgimento delle popolazioni locali sulle questioni ambientali con percorsi partecipativi strutturati e non episodici. 3) L’intervento sulle modalità di lavorazione, in modo da migliorare la qualità del rifiuto, premessa indispensabile per un suo efficace trattamento. 4) Il rafforzamento dell’innovazione e della ricerca sui processi e le tecnologie di riciclo al fine di rendere compatibili le sostanze di scarto con i limiti stabiliti dalle norme. Tutto ciò con l’obiettivo di creare un ciclo integrato dei rifiuti trasparente e conosciuto dalla popolazione. 5) Una migliore sinergia nella gestione dei servizi pubblici locali della nostra regione anche al fine di perseguire l’obiettivo dell’economia circolare in cui anche i rifiuti, compresi quelli delle lavorazioni industriali, si trasformino in materia o risorse energetiche (come i biogas) in stretta connessione con il tema della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile. Per fare ciò sarà necessario superare i deficit impiantistici e la scarsa propensione alla collaborazione tra gli enti locali della nostra regione. 6) Una analisi ed un intervento dei livelli istituzionali, che accompagni e rafforzi l’iniziativa sindacale portata avanti in questi anni sul territorio sulle condizioni di chi lavora nel distretto, con maggior riguardo alle attività che si svolgono in conto terzi e nei servizi. 7) La salvaguardia della parte pubblica di quote e la natura consortile dell’impianto di depurazione con l’obiettivo di costituirne uno unico tra le due rive dell’Arno. 8) La costituzione di un Osservatorio permanente su ambiente e sostenibilità, coinvolgendo le associazioni ambientaliste strutturate e qualificate che si interfacci con le Istituzioni locali attraverso il Comitato d’Area di Distretto. 9) Attenzione da parte delle Istituzioni sulla capacità di sviluppo del Distretto da un punto di vista sociale ed ambientale e, qualora si rendessero necessari, appositi ammortizzatori sociali a tutela dell’occupazione. 10) I costi delle bonifiche dei terreni inquinati non dovranno ancora una volta ricadere sulla collettività (cittadini, lavoratori e pensionati), ma è necessario che a pagare sia chi risulterà integrato e colluso con la criminalità organizzata e coloro che producendo i rifiuti hanno omesso di controllare la loro destinazione finale attraverso lo smaltimento e/o il riuso, così come gli competeva.

LEGALITA’ E DIFESA DI LAVORO E AMBIENTE

Come CGIL siamo ancora una volta dalla parte della legalità, contro la presenza delle organizzazioni criminali e contro chi le utilizza per aumentare i margini di profitto, per la qualità dell'ambiente, già fortemente compromesso anche nella nostra regione come appare evidente dal quadro delineato dai vari studi e rapporti di Arpat, per il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici ad un lavoro in pienezza di diritti che metta la salute e la sicurezza al primo punto. La presenza della criminalità organizzata nel tessuto manifatturiero della nostra regione non ha prodotto solamente danni all’ambiente e alla salute dei cittadini ma ha comportato un danno diretto e immediato ai lavoratori e alle loro organizzazioni di rappresentanza sindacale. Infatti, in un contesto produttivo dove non v’è alcun rispetto delle normative vigenti, difficilmente i lavoratori si troveranno a operare in un quadro di sicurezza per la loro salute e di legalità per il loro inquadramento e per la fruizione dei diritti loro spettanti; parimenti la CGIL, che ha fatto del rispetto delle regole delle relazioni industriali il perno del suo agire sindacale, non può che trovarsi esclusa nei contesti produttivi dove le regole date non sono quelle legali ma quelle delle consorterie mafiose. Riteniamo che la corretta e celere individuazione delle responsabilità sia anche il modo migliore di salvaguardare un distretto fondamentale per l’economia della nostra regione che è composto da circa 600 aziende e da oltre 8.000 addetti. Paghi chi ha inquinato, a livelli diversi rispetto alle responsabilità, ma paghi. Lavoratori, pensionati e cittadini hanno già dato anche troppo.

Maurizio Brotini, segretario Cgil Toscana; Gessica Beneforti, segretaria Cgil Toscana; Fabio Berni, segretario generale Filctem-Cgil Toscana; Paola Galgani, segretaria generale Cgil Firenze; Mauro Fuso, segretario generale Cgil Pisa; Alessandro Tracchi, segretario generale Cgil Arezzo

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