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La guerra in Ucraina vista dalla Moldova: "Saremo i prossimi?"

I pacchi di aiuti giunti in Moldova dall'Italia per sostenere la popolazione ucraina

I pacchi di aiuti giunti in Moldova dall'Italia per sostenere la popolazione ucraina

La testimonianza di Silvia Zaharia, tornata a vivere nel novembre scorso a Chișinău dopo oltre 20 anni vissuti in Italia

La guerra in Ucraina vista dalla Moldova. La testimonianza di Silvia Zaharia: "Accogliamo i profughi e ci chiediamo se saremo noi i prossimi?"

“Non sono giorni facili, viviamo ormai nell’angoscia. Ogni mattina confido che i russi si ritirino, invece continuano ad avanzare. Accendo la tv, guardo le immagini di Mariupol in rovina e mi chiedo: toccherà pure alla mia città? Se conquistano Odessa sarà la fine anche per la Moldova”. Non usa giri di parole Silvia Zaharia, tornata a vivere nel novembre scorso a Chișinău, capitale della Moldova, dopo oltre 20 anni vissuti in Italia. Silvia, infatti, è arrivata nel ’99 a Venezia, seguita l’anno successivo dal marito e nel 2001 dai due figli. Impegnata fin dal 2007 nel volontariato, nel 2014 è stata premiata da Unicef come Volontaria dell’anno e attualmente ricopre la carica di presidente dell’associazione Accordi di Beneficenza e Cooperazione, che si interessa di far curare in strutture ortopediche italiane bambini moldavi con gravi malformazioni ossee o che abbiano subito la perdita di un arto. “Uno dei momenti più belli è stata la giornata al centro protesi di Budrio, quando abbiamo incontrato l’associazione Alex Zanardi Bimbi In Gamba Odv, nonché lo stesso Alex Zanardi. Un’esperienza fantastica”.

L’impegno nel volontariato di Silvia Zaharia è conosciuto bene pure in Toscana: grazie anche alla sua mediazione, il 29 ottobre 2014 nella sede della Kosmed a Prato vennero consegnati dispositivi medici endoscopici all’Ospedale provinciale moldavo di Ungheni. Un traguardo che ha rinforzato il ponte che unisce la nostra regione allo stato dell'Europa orientale: il console onorario di Moldova, Alessandro Signorini, vive infatti a Certaldo. 

Accoglienza alle famiglie spezzate

Di fronte alla tragedia dei profughi ucraini Silvia non poteva restare a guardare senza fare nulla e insieme a uno dei figli si è recata al confine e ha prestato soccorso alle donne e ai bambini che oltrepassavano a piedi la frontiera, sia accompagnandoli nei centri di accoglienza situati a Chișinău, sia dando ospitalità alle famiglie spezzate. “Qualche giorno fa, alla stazione ho notato una mamma con il figlio di 10 anni; quando le ho domandato dove volesse andare mi ha risposto che non lo sapeva. Così, l’ho portata a casa mia, ma non è rimasta a lungo perché poi ha deciso di andare in Germania, anche se lì non aveva nessuno che la potesse ospitare. Ho contattato una mia conoscenza a Francoforte e le ho chiesto se poteva aiutarla per quanto possibile, poi l’ho accompagnata fino in Romania, dove ha preso un autobus per la Germania".

La maggior parte dei profughi è solo di passaggio: secondo le stime sono entrate in Moldova oltre 360mila persone, di cui “solo” 100mila attualmente sono rimaste sul territorio. “Il nostro è un paese piccolo – conta 2,6 milioni di abitanti, ndr – e povero, non ci sono molte possibilità. Da questo punto di vista, sono molto orgogliosa di noi moldavi: oltre agli aiuti di Stato, nel privato la mobilitazione è stata elevata; in tanti sono andati al confine con la macchina e hanno accolto in casa propria le famiglie sfollate. Io stessa ho sistemato nella casa che apparteneva ai miei genitori quattro persone. Alcuni, però, non vogliono allontanarsi dalla loro terra e si fermano qui in attesa che la guerra finisca”.

Il costo della solidarietà

Fortunatamente stanno arrivando tanti aiuti da tanti paesi, pure dall’Italia. Da Udine Silvia riceve ogni settimana circa 800 chili di generi di prima necessità (vestiti, cibo, pappa per bambini, medicine), che poi vengono consegnati all’ambasciata ucraina, per poi essere spediti a Kyiv e nelle zone città più in difficoltà. Da Mestre, invece, ha ricevuto medicine del valore di oltre 2mila euro da uno studio medico che ha voluto mantenere l’anonimato.

Tutta questa solidarietà purtroppo, si scontra con un grave problema: le tariffe di trasporto. La catena di aiuti attivata da Silvia si avvale di collegamenti privati e quindi molto costosi. “I donatori sono costretti a pagare il trasporto della merce perché possono ricorrere solo a trasporti privati, che si fanno pagare un euro al chilo. Una volontaria moldava di Udine, impegnata nella raccolta di aiuti, è obbligata a chiedere un contributo per le spese di trasporto. Senza questi costi aggiuntivi, forse le donazioni sarebbero molto più alte. Per questo sono alla ricerca di enti che possano aiutarmi a far arrivare aiuti dall’Italia senza spese di trasporto così gravose”. Un appello che si spera possa venire raccolto dal certaldese console onorario di Moldova.

L'eco delle bombe e il futuro incerto

L’impegno nell’accoglienza mostrato dalla Moldova assume ancor più rilevanza se viene considerata la pressione psicologica a cui sono sottoposti gli abitanti: se l’eco dei bombardamenti a Odessa diventa ogni giorno più forte, in passato si sono registrati tentativi di destabilizzazione interna da parte della Russia. Il pensiero di Silvia corre subito alla Transnistria, ma la volontaria ricorda anche a Georgia, Cecenia, e al conflitto tra Armenia e Azerbaigian, oltre che al Donbass.

“Qualche ruggine esiste perché da 30 anni molti russofoni si rifiutano di utilizzare la lingua nazionale. In un sondaggio svolto dall’ambasciata russa veniva domandato se venisse imposto di parlare la lingua moldava. È un metodo tradizionale della politica estera russa, alimentare conflitti all’interno dei paesi limitrofi per poi intervenire in qualità di ‘liberatori’. Tanti residenti russi hanno scritto sul sito dell’ambasciata: 'non vogliamo essere liberati, stiamo bene così!' Una risposta confortante, ma non dobbiamo cedere all’ottimismo: in Moldova ci sono molti filo-russi che aspettano solo il momento giusto”.

Eppure, nonostante tutto, il legame con la propria terra è più forte della paura. Silvia e la sua famiglia, infatti, non intendono lasciare la Moldova e tronare in Italia, benché posseggano la cittadinanza italiana. “Mai pensato di scappare. Se fossimo solo io e mio marito prenderemmo in considerazione ritornare a Venezia, ma in Moldova vivono e lavorano i nostri figli, i nipoti vanno a scuola qui. Come potremmo abbandonarli? Ammiro gli ucraini anche per questo: tanti residenti all’estero hanno lasciato un’esistenza al sicuro e sono tornati in patria per combattere l’invasore russo. Noi moldavi, invece, non possiamo fare altro che aspettare. Non abbiamo certo la forza militare dell’Ucraina, se Putin volesse potrebbe conquistare il mio paese facilmente. Siamo impotenti”.

Giovanni Gaeta

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