Scatti dal confine, il viaggio del fotografo cascinese Jacopo Papucci tra Polonia e Ucraina
Andare dove c'è necessità di raccontare, per immortalare in uno scatto, l'orrore della guerra. È appena rientrato in Italia dal confine tra Polonia e Ucraina Jacopo Papucci, 27enne fotografo freelance di Cascina, partito per documentare quanto sta succedendo vicino alle zone del conflitto in Ucraina.
Il viaggio di Papucci, in compagnia di Sara Russo che ha curato la parte scritta dell’esperienza, è durato cinque giorni e si è concentrato soprattutto a Medyka, villaggio della contea di Przemyśl, attraversato da migliaia di ucraini in fuga.
Nei primi due giorni con l’aiuto di una persona del posto, un fixer ovvero colui che aiuta i giornalisti a muoversi sul campo, il fotografo ha visitato prima un ex supermercato, ora adibito a grande centro per i rifugiati che arrivano a Medyka, e dopo una fabbrica abbandonata, allestita allo stesso scopo. Ecco il luogo nella foto con il ritratto di Anita, dell'esercito polacco.
"Qui abbiamo conosciuto un volontario che veniva da Poznań , che ci ha spiegato del grande sovraffollamento di persone sul posto. Come stimato dall’UNHCR, il numero di arrivi ha superato la soglia dei due milioni in tre settimane" racconta Papucci, spiegando che la maggior parte di questi, hanno attraversato proprio la piccola contea di Medyka.
Gli occhi e l’obiettivo del fotografo cascinese hanno catturato scene, che si traducono in storie. Storie di persone che hanno lasciato tutto, per scappare dal pericolo dei bombardamenti ma anche storie di persone che hanno visto il proprio paese trasformarsi, da piccolo tranquillo villaggio a crocevia di migliaia di arrivi, alla ricerca di un riparo prima di ripartire verso una sicura destinazione. Come nel caso della foto scattata sotto: "Rifugiati si radunano davanti ad un falò improvvisato sul confine Polacco-Ucraino nel villaggio di Medyka"
Sempre a Medyka, "ho trovato un signore che veniva da Mariupol - città in Ucraina devastata dai bombardamenti – mentre un volontario della Croce Rossa gli portava una tazza di tè calda, lui fissava il vuoto. Mi ha guardato negli occhi, dicendomi che la sua città era distrutta, mostrandomi alcuni video che aveva girato con il telefonino mentre da camera sua vedeva le bombe cadere al di là della finestra".
Oltre alle foto, restano dei flash in testa, che testimoniano il male della guerra: "In una scuola del villaggio hanno allestito un angolo dedicato ai bambini. Su una parete hanno attaccato alcuni disegni, che hanno fatto bimbi piccoli, di 5 o 6 anni – racconta ancora Papucci, descrivendo cosa avevano tratteggiato i più piccoli con le matite – uno in particolare mi ha colpito: c’erano due torri, una con bandiera russa l’altra con quella ucraina, e si sparavano tra loro. Nel mezzo c’era una persona, piena di sangue. Anche da questo si può capire il trauma provocato dalla guerra".
Tra le tante storie apprese durante il viaggio, c’è quella di Jan e del pianista Davide Martelli. Jan è un anziano, sempre vissuto a Medyka, "e ora si è ritrovato davanti casa sua un campo per rifugiati, con migliaia di persone tra arrivi e partenze, in pochi giorni. L’ho trovato seduto vicino ad un container, accanto aveva dei sacchi neri pieni di vestiti e coperte, destinate a chi arriva dall’Ucraina. Ho visto un uomo incredulo di fronte a quanto stava succedendo, disorientato, che non riusciva a capire come fosse possibile".
In sottofondo, tra l'assistenza dei volontari per una coperta e una bevanda calda, c'erano le note del pianista: "Questo momento era accompagnato dalla musica di Davide Martelli, che suona per i rifugiati dalla mattina alla sera. È un musicista che ha suonato in molte parti del mondo – anche in Afghanistan o a Philadelphia durante le proteste 'Black Lives Matter' – lui cerca di connettere le persone, di promuovere la pace, proprio tramite la musica".
Rientrato da questa prima spedizione, compiuta per raccontare la situazione al confine polacco, Papucci ha già in mente di ripartire. "Sto valutando se tornare a Medyka, se spostarmi al confine con la Romania o vedere di arrivare a Leopoli. Voglio tornare perché credo sia il mio modo di dare un contributo positivo, raccogliendo testimonianze dirette e raccontandole tramite la fotografia – conclude Papucci - mezzo di informazione fondamentale".
Foto Jacopo Papucci, fotografo freelance
Margherita Cecchin