Cadaveri nelle valige, Elona Kalesha inchiodata dalla deposizione dell'ex fidanzato
Resa banco dei testimoni dell’aula bunker di Santa Verdiana, a Firenze, la deposizione di Taulant Pasho sembrano inchiodare l’ex fidanzata Elona Kalesha, unica imputata nel processo per l’omicidio di Shpetim e Teuta Pasho, i cui corpi fatti a pezzi sono stati ritrovati in alcune valige nel dicembre 2020.
Secondo quanto riportato dall’edizione fiorentina de La Repubblica, Taulant, attualmente detenuto per reati di droga, ha indicato come “probabilmente suo” uno dei sei trolley nei quali sono stati nascosti i resti dei coniugi e che sono stati ritrovati lungo l’argine della Fi-Pi-Li, nelle vicinanze del carcere di Sollicciano.
La sua testimonianza confermerebbe le convinzioni dei carabinieri del comando provinciale e della pm Ornella Galeotti: fu la 37enne albanese in concorso con ignoti – si legge su La Repubblica – a uccidere la coppia di coniugi arrivati da Valona nell’ottobre 2015, per assistere alla scarcerazione del figlio il 2 novembre. Tuttavia, nessuno ricevette più notizie dal primo novembre.
Prima del 2021, procede nella sua deposizione, Taulant ha affermato di non sapere della gravidanza di Elona, né del suo aborto, e ha assicurato che in ogni caso non poteva essere lui il padre di quel bambino.
La tesi della procura vedrebbe Elona temere la reazione di Taulant – il quale ha ammesso di averla picchiata in più di un’occasione perché “diceva sempre bugie per ogni minima cosa” – nel caso lui avesse scoperto del tradimento e della gravidanza tenuta segreta. Tale paura l’avrebbe spinta all’omicidio dei coniugi Pasho, venuti al corrente di questa maternità non voluta.
Inoltre, non va dimenticato il movente economico: i circa 40mila euro in contanti che la madre di Taulant teneva sempre nella borsa, derivanti dal risarcimento per un incidente capitato al padre. E poi c’erano altri 70 mila euro, i proventi della sua attività di spaccio. “Ne affidai 50 a mia madre – sono le parole di Taulant riportate da La Repubblica – che li mise in banca, sapevo non li avrebbe mai toccati. Gli altri 20 li affidai al padre di Elona. Lei mi disse che i carabinieri li avevano sequestrati, ma quando uscii dal carcere mi rese i soldi”.