Da Castelfiorentino al confine con l'Ucraina per salvare cinque persone
Fare più di 2.600 chilometri in tre giorni non è niente quando si fa del bene. Christian Macaione è un 34enne di Castelfiorentino che è abituato a stare alla guida, perché per lavoro ogni giorno pilota scuolabus e navette. Sabato 12 marzo, però, ha guidato per un altro obiettivo: salvare cinque persone in fuga dalla guerra in Ucraina.
Accompagnato dal presidente della Protezione Civile Marco Cappellini e da una donna ucraina ma castellana d'adozione, è andato al confine con l'Ucraina e ha portato in salvo in Italia due donne adulte e tre minorenni.
Proprio la signora residente a Castelfiorentino è stata il traino dell'operazione. Ha contattato la Protezione Civile per aiutare dei parenti in fuga dal paese martoriato dalla guerra. La Protezione Civile castellana ha risposto presente e il presidente Cappellini ha contattato Macaione, che aveva fatto parte dell'associazione anni addietro.
"Siamo partiti sabato 12 marzo alle 22 con un pulmino a nove posti, abbiamo fatto tutta una tirata e siamo arrivati a Tuszér in Ungheria a mezzogiorno di domenica" racconta Macaione. Una scelta logistica diversa, dato che molti si dirigono al confine polacco: "Cappellini aveva studiato il tutto nel dettaglio, aveva scelto il confine ungherese perché meno trafficato. Anche alle cinque persone che dovevamo portare in Italia è stato detto di arrivare alla frontiera di Zahony". Le cinque persone ucraine hanno infatti viaggiato per circa un giorno per arrivare a quel lembo di terra vicino a Tuszér, logisticamente più accessibile.
Ancora Macaione: "Ci siamo trovati in mezzo a questi villaggi piccolissimi con pochi abitanti. A Zahony abbiamo visto una specie di accampamento profughi alla stazione. La frontiera era vicinissima alla città. Abbiamo aspettato lì più di un'ora, presi dall'apprensione perché non riuscivamo a contattare le cinque persone dall'Ucraina, poi tutto è andato per il meglio. Non è stato facile, perché è passato del tempo durante il controllo dei documenti ma si è concluso tutto bene".
Provato, il gruppo di otto persone è ripartito nel pomeriggio del 13 marzo alla volta di Budapest: "Lì ci siamo fermati una notte. Lunedì con Cappellini siamo andati a un consolato italiano, abbiamo mostrato i documenti del gruppetto ucraino ed è arrivato il via libera. Quindi ci siamo rimessi alla guida e siamo arrivati alle 20 di lunedì 14 marzo a Castelfiorentino".
"Una donna ha una figlia piccola, l'altra ha due bambini minorenni. Tutti rimarranno dalla signora di Castelfiorentino che è venuta con noi". Quali erano le sensazioni al ritorno? "Da parte nostra c'era la contentezza per averli salvati, ma mi metto nei panni di queste persone, sono pur sempre gente che scappa dalla guerra. Una delle madri ha dovuto lasciare il marito al fronte, per la legge marziale. C'è sì un po' di tranquillità per essersi messi in salvo, ma rimane la preoccupazione per l'Ucraina e chi resta in Ucraina".
Che emozioni ha provato Christian Macaione in questo viaggio? "Nonostante la stanchezza c'era molta adrenalina, c'era voglia di mettere in salvo queste persone. Non so spiegare bene cosa ho sentito, di sicuro mi sono sentito bene quando ho caricato tutti nel pulmino e siamo tornati". Lo rifarebbe? "Sì ma con organizzazione. Cappellini aveva predisposto tutto al meglio. Laggiù ho visto gente che è andata alla frontiera senza aver preso contatti né altro, è un rischio grossissimo. Consiglio a tutti di appoggiarsi a un'associazione, di non partire all'avventura, perché si rischia di peggiorare la situazione. Servono mezzi efficienti e bisogna partire riposati".
Per Macaione è stata un'esperienza da non dimenticare. Anzi, il giovane castellano si mette a disposizione per chi ha in mente viaggi solidali simili: "Posso aiutare chi ha intenzione di andare a dare una mano alla frontiera. Posso sia dare dei consigli, sia guidare compatibilmente coi miei orari di lavoro". Perché se si tratta di aiutare gli altri, 2.600 chilometri sono corti come la via tra Castelfiorentino e Cambiano.