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Ex Gkn, la convergenza tra Collettivo di Fabbrica e ricercatori disegna il futuro

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(foto gonews.it)

Mesi di lotta, di vertenza per la difesa dei posti di lavoro in Gkn e dei diritti di chi in quello stabilimento lavorava hanno portato non solo a un accordo quadro di valore nazionale ed estremamente avanzato nei contenuti, ma anche al Piano Pubblico per la Mobilità Sostenibile (PPMS): un piano di riconversione dello stabilimento, oltre 40 pagine elaborate dal Collettivo di Fabbrica in collaborazione con una rete di economisti della Scuola Superiore Sant'Anna e di ricercatori di altre università, che ha risvolti economici, produttivi, ambientali e sociali.

Secondo Dario Salvetti, delegato RSU ex Gkn, "on la nostra lotta siamo stati in grado finora di salvare la continuità occupazionale e dei diritti. Non siamo riusciti a salvare però la continuità produttiva, perché è impossibile pensare di salvare la singola unità produttiva in un settore come l'automotive senza un intervento complessivo. In pratica non era possibile salvare la produzione di semiassi a Campi Bisenzio senza ripensare l'automotive in Italia. Per questo abbiamo proposto una riconversione all'interno del polo pubblico della mobilità sostenibile".

"La logica del piano" sottolinea Andrea Roventini, docente di Economia alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, "è trasformare una crisi in un’opportunità cogliendo le sfide dalla transizione verde, garantendo la stabilità occupazionale e la continuità produttiva in settori ad alta intensità d’innovazione e di valore aggiunto. Il piano innescherebbe una trasformazione del tessuto produttivo toscano costruendo filiere produttive nei settori chiave dell’energie rinnovabili e della mobilità pubblica sostenibile, in linea con gli obiettivi e i fondi del PNRR. Il piano garantisce resilienza attraverso due possibili traiettorie. La prima prevede una riconversione incrementale volta alla produzione di componenti meccanici per il trasporto pubblico locale verde. La traiettoria radicale inserirebbe invece il sito produttivo nelle filiere dell’idrogeno, attraverso la fabbricazione di elettrolizzatori, e del fotovoltaico. In entrambi casi, si prevede la formazione e l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori dello stabilimento e più in generale del territorio".

"Le proposte del piano muovono dalla constatazione che restare nella fornitura di componenti per gli impianti ex-FCA è impossibile perché manca un piano dell’auto e la volontà da parte dello Stato italiano di fare accordi precisi con Stellantis" chiarisce Lorenzo Cresti, dottorando di Economia alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. "Lo Stato infatti si è via via privato dei necessari strumenti di politica industriale e non ha messo in campo azioni concrete per evitare il declino manifatturiero in atto già da tempo e che trova il suo apice proprio nel settore dell’auto. Il piano considera che la chiusura dello stabilimento presenti inoltre il rischio di perdita di competenze e conoscenze a danno di tutto il territorio circostante. A partire da queste valutazioni" conclude Cresti, "si propongono riconversioni di vario genere (incrementali e radicali) che coinvolgono il più ampio tessuto produttivo, con il ruolo di Invitalia come garante dell’interesse pubblico e quello del Competence Center ARTES 4.0 come soggetto interlocutore per favorire la formazione della forza lavoro, il trasferimento tecnologico e l’adozione di macchinari e tecnologie 4.0. ARTES giocherebbe un ruolo chiave anche nella costituzione, all’interno del sito di Campi Bisenzio, di un distretto della conoscenza che veda lo sviluppo di una relazione virtuosa e non subalterna tra fabbrica e università".

Senza un chiaro piano industriale pubblico, è impossibile riuscire a far cambiare politica persino a Stellantis, "ma almeno le si contenda gli stabilimenti in dismissione per integrarli in una unica filiera pubblica della mobilità" chiarisce Dario Salvetti.

"Ma il nostro piano ha anche degli evidenti risvolti sociali: non è solo un progetto tecnico di riconversione, ma una proposta con una sua chiara visione sociale. Il piano comprende il ruolo del Collettivo di fabbrica, dei delegati di raccordo e si muove verso l'idea di fabbrica socialmente integrata. Non solo: quello che vorremmo lasciare chiaro è che questo piano non può prescindere dal ruolo pubblico, sia sotto forma di investitore sia nella creazione di reti virtuose tra formazione e ricerca universitaria pubblica".

Tutto ciò, in ogni caso, implica un cambiamento dei rapporti di forza generali nella società che la singola fabbrica non può determinare. E questo è il motivo per cui il Collettivo di Fabbrica ex Gkn e l'arcipelago di realtà sociali che lo sostiene hanno lanciato la data del 26 marzo come giornata di lotta complessiva e di convergenza nazionale a Firenze.

Fonte: Ufficio Stampa

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