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Incinta e assunta, è un'utopia? Carriera e famiglia non devono essere 'carriere' separate

'Una notizia che non lo era', così si chiamava una rubrica gestita da Luca Sofri in merito a notizie rappresentate in modo errato, falsato o addirittura completamente invertito. Ecco, citando questa formula, la vicenda della giovane che ha continuato a lavorare dopo aver detto al datore di lavoro di essere incinta potrebbe diventare 'una notizia che non avrebbe dovuto essere tale'. Almeno in un mondo del lavoro normale nel quale i desideri di fare famiglia non siano un ostacolo non dico alla carriera, ma almeno al proseguimento di un qualsiasi impiego.

Tra le motivazioni di Simone Terreni, titolare della Voip Voice di Montelupo, in merito al perché non rifiutare un apprendistato di una giovane che sta per entrare nei mesi complicati della gravidanza ci sono parole intelligenti: "Perché devo privarmi di una persona che so che può servirmi anche starà 6 mesi, un anno, un anno e mezzo dietro al suo figlio o alla sua figlia?". E ancora: "Dobbiamo punire una donna per questo? I figli chi li deve fare?".

Già, i figli chi li deve fare? Siamo in un'epoca di transizione in cui si cambia lavoro per godersi di più il tempo libero, la famiglia, in cui il tempo è rivalutato invece di essere il solito tiranno che impedisce nelle consuete 24 ore di conciliare tutto.

Con pensieri di questo tipo però dall'altra parte c'è l'incertezza di chi sa di non poter mollare il tiro, in un mercato del lavoro in continua competizione, pensando di fermarsi ai pit-stop per allargare la famiglia. Niente da fare. E se per dei giovani alle volte diventa difficile non dico unire il pranzo con la cena ma sicuramente permettersi un affitto di un'altra abitazione per affrancarsi dai genitori o anche solo chiedere un mutuo per una casa, appendere un fiocco rosa o azzurro fuori casa rischia di essere l'azzardo della vita.

Lo dicono i dati:

Nel 2019 in Toscana sono nati circa 24.600 bambini e decedute 44.400 persone. Si tratta di circa 55 nuovi nati ogni 100 decessi, a fronte di una media nazionale di 67 ogni 100. Con 6,6 nuovi nati ogni 1.000 abitanti la Toscana è tra le regioni con il più basso tasso di natalità e, contestualmente, con 11,9 deceduti per 1.000 abitanti, tra quelle con il più alto tasso di mortalità. La nostra regione è tra le più anziane in Italia e questo comporta da un lato la minore presenza di donne in età fertile (convenzionalmente 15-49 anni). (nota Ars Toscana)

Il termine scientifico (ma orrendo al suono) 'primipare attempate' mostra come viene posticipata la natalità, nel momento in cui ci sono più certezze in famiglia. La notizia di Federica deve dare uno scossone ai titolari di aziende come ai dipendenti. Serve da ambo le parti una visione del futuro più coraggiosa.

Citando Sabina Nuti, rettrice della Scuola Sant'Anna di Pisa, durante un convegno a Pisa dedicato proprio alle donne nella ricerca: "Il messaggio che do alle ricercatrici è saper vivere questa sfida del tempo, i conti non si fanno nel breve periodo ma nel medio e lungo. Ho avuto 4 figli e sono stati la mia forza, non ha fermato la mia carriera".

Dall'altra parte, da quella dei datori di lavoro, se una notizia come quella di Federica (alcune volte travisata perché non è stata assunta in quanto donna in gravidanza, il suo percorso è continuato anche con una gravidanza) fa tutto quello scalpore, vuol dire che c'è qualcosa che non va.

Altrimenti sarà più frequente quello che già si vede e già si è affrontato in saggi dallo spunto sicuramente interessante.

Licenziamenti più frequenti per chi un contratto ha avuto la fortuna di averlo, cessazioni di attività per le tante partite iva. Le future madri o i futuri padri accetteranno un lavoro meno 'nobile' ma sicuro, con la garanzia di avere più tempo libero, sopportando però l'annichilimento di professioni ripetitive, pesanti, tanto per portare a casa uno stipendio giusto nel minor numero di ore possibile. È mai possibile che un lavoro che ci piace e la prospettiva di una famiglia debbano essere davvero inconciliabili?

C'è tanta aspettativa da parte dei lavoratori, e non ci sono riforme del lavoro che tengano: deve essere una questione di cultura, il più grande motore di cambiamento nella società.

Elia Billero

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