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Assunta in gravidanza a Montelupo, la storia di Federica alla VoipVoice

La fortuna di 'agganciare' un lavoro dopo essere finita in cassa integrazione, cominciare il periodo di prova dopo l'estate e poi avere una bella notizia da dire, ma che in questi casi potrebbe trasformarsi in un boomerang. "Capo, sono incinta", queste le parole che ogni neo-mamma rischia a dire in certi ambiti di lavoro, dove l'assenza di un anno o forse di più rischia di compromettere l'assetto lavorativo, la produttività.

Non è andata male invece per Federica Granai, neo-mamma 27enne del piccolo Diego, che lo scorso anno ha avuto il famoso colloquio con il titolare della VoipVoice Simone Terreni. Alla confessione sullo stato di gravidanza però ha avuto la risposta tanto felice quanto inaspettata: "E che problema c'è?".

La storia è stata raccontata da Terreni in un post su Facebook, a parto già avvenuto mentre il colloquio è del 2020, e racconta una felice storia di un'azienda e una dipendente che hanno bisogno l'una dell'altra, e che hanno accompagnato la nascita di un bambino senza preoccupazioni.

Simone Terreni (foto gonews.it)

"I nostri collaboratori passano tutti da questo percorso: progetto GiovaniSì, contratto di apprendistato e alla fine il contratto a tempo indeterminato - spiega Simone Terreni -, niente tirocini o tempo determinato. Abbiamo già avuto esperienze per un'altra ragazza che era rimasta incinta. Dobbiamo punire le donne? I figli chi li deve fare sennò? Abbiamo gestito le gravidanze con lo smart working. Invece che fare venire le persone a lavoro tutti i giorni, con i rischi che comportano mettersi in viaggio, abbiamo ridotto al minimo la presenza in azienda. Lo abbiamo fatto con tutti, donne e uomini che hanno bisogno di tempo per i loro figli".

Terreni, da tempo sostenitore dello smart working come pratica che 'libera' i lavoratori dalla morsa del lavoro in ufficio a tutti i costi, spiega anche che attenzioni di questo tipo arrivano per tutti. "Diamo la connessione a casa, computer, doppio schermo e anche la connettività per chi vuole lavorare per un periodo di tempo in una casa lontano dalla sede di lavoro. In più un bonus smart working di 100 euro perché le spese non devono ricadere tutte sul dipendente che lavora da casa. Dopo il mio post sono arrivati 25 curriculum alla mia azienda, è segno che molte persone insoddisfatte dalle aziende o senza benefit cercano realtà più moderne".

Per chi sostiene che lo smart working rende fannulloni, Terreni replica: "I numeri non mentono, mi fido dei miei dipendenti. Non mi interessa se durante le ore di lavoro un babbo o una mamma gestisce i figli, basta che il lavoro sia completato e fatto bene. Comunque prima dello smart working c'è un anno di percorso in azienda per imparare tutto".

E Federica come racconta questa esperienza? "Dopo il colloquio con Simone, che reputavo necessario per informare del calendario di esami che avrei avuto, poi sono passati 3 mesi e a un meeting di inizio mese ho detto tutto agli altri dipendenti. Avevo timore di invidie, non sai mai come pensano le persone. Tutti mi hanno accolto a braccia aperte. E ora siamo qui, sono rientrata dopo un mese e sta andando tutto bene. Ho l'orario ridotto per stare dietro al bambino".

Elia Billero

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