In consiglio regionale si celebra il Giorno del Ricordo: i commenti
“Il punto è: ma chi era la gente che viveva in quelle terre? Italiani, sloveni, croati non erano tribù ben identificate e separate. Erano semplicemente persone che convivevano nella stessa zona senza particolari problemi, in zone che nei secoli sono sempre state multietniche e nessuno si sarebbe sognato di chiedere agli altri di cambiare la lingua”, ricorda Guido Giacometti, referente per la Toscana dell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, in apertura del suo intervento durante la seduta solenne del Consiglio regionale dedicata al Giorno del Ricordo. Nato a Trieste il 19 marzo 1948, come ricorda il presidente Mazzeo, Giacometti “vive a Dignano d’Istria, che è costretto a lasciare in veste di profugo. Ora risiede a Pisa, è entrato in Accademia navale nel 1968, si laurea in ingegneria al Politecnico di Torino. È attualmente impegnato nell’associazione nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia, in qualità di consigliere nazionale e referente per la Toscana”.
“I guai – dice Giacometti - sono cominciati quando si è diffuso il virus del nazionalismo, che non era solo italiano, ma di tutte le etnie e inizia già con le idee che si diffondono nell’Ottocento. Anche con le idee di Alessandro Manzoni, che nell’ode Marzo 1821 parla di gente ‘una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor’, senza pensare che così si creano le minoranze, e di Giuseppe Mazzini”. Giacometti cita un figlio illustre di quella terra, l’architetto Massimiliano Fabiani, progettista del Narodni Dom, “perfettamente trilingue” e rievoca i tratti fondativi dei nazionalismi che porteranno a “tensioni violente. I violenti erano da tutte le parti. In Italia non c’è paese, città che non abbia una piazza o una scuola dedicate a Oberdan e mi chiedo come si può pensare che mentre noi onoriamo i nostri terroristi, non debbano farlo anche gli sloveni o i croati con i loro? Spero che prima o poi si faccia pace con questo aspetto e non si propongano ai giovani come modelli quelli che erano pronti a uccidere per le proprie idee”. Non solo nazionalismo, “il razzismo c’era già allora” in quelle terre.
“Devo dire che oggi le cose sono molto cambiate – prosegue Giacometti –. Poco prima del Covid, nel mio paese, Dignano d’Istria, si è celebrata la Giornata del Ricordo”. Di esodi “ce ne sono stati più di uno: il primo di coloro che sono sfollati da Zara durante la guerra, poi da Pola, da dove la mia famiglia è venuta via con l’ultimo vapore, il Toscana. Poi il resto, dopo che sull’Europa era calata una cortina di ferro, come diceva Winston Churchill, con lo scatenarsi delle dinamiche tipiche dei Paesi comunisti, dove la pressione sulla gente era notevole e si cercava di impedire che la popolazione andasse via. Chi partiva, partiva verso l’ignoto. L’Italia ha accolto queste persone, facendo quello che poteva”. Oggi, ripete, Giacometti, “le cose sono cambiate, si collabora molto tra le due sponde. Una statistica di recente ha dimostrato che il giorno del Ricordo ha dato dei frutti. La popolazione italiana che conosce la nostra storia ha raggiunto la soglia del 50 per cento. Si tratta di un ottimo risultato”.
Al presidente della Toscana, Eugenio Giani, l’intervento conclusivo di questa seduta solenne per la Giornata del Ricordo. “La conoscenza, la memoria, la percezione di cosa è stato questo fenomeno è un fatto importante, parte d’identità del nostro popolo e del nostro Paese”, dice Giani. “Fino a qualche anno fa, c’è stata una tendenza a non andare fino in fondo, anche perché si mischiavano aspetti ideologici che portavano partiti importanti del nostro paese non tanto a ignorare, ma a evitare intrecci. La Giornata del Ricordo è stata importantissima – prosegue il presidente –, ha riportato alla luce il dramma di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la loro terra, la radice della loro identità, l’Istria, la Dalmazia, per secoli e secoli parte dell’identità italiana”. E cita Dante, come “migliore testimonianza di cosa significhi il nostro territorio: quando cita l’Italia, nel IX canto dell’Inferno, la indica dalla Sicilia a Pola. Dal XIV secolo in poi, l’Italia, intesa dal punto di vista geografico e linguistico, è quella. Pola, l’Istria, la Dalmazia sono l’Italia. Per farle diventare qualcos’altro dovettero costringere 400mila persone a venire via”.
Nel dopoguerra, “gli americani avrebbero voluto il referendum, per il Trentino e l’Alto Adige, così come per l’Istria e la Dalmazia. Se si fosse andati al referendum, sicuramente l’Istria e la Dalmazia sarebbero state italiane. Si scelse un’altra strada, attraverso i trattati e la diplomazia, e sappiamo quale fosse il rapporto di Churchill con Tito. Noi che rileggiamo questa vicenda storica non possiamo non cogliere come quei 400mila italiani costretti all’esodo abbiano vissuto quella situazione che è stata descritta. Si tratta di un episodio fondamentale che nella storia d’Italia dev’essere raccontato, espresso, vissuto con sentimento di partecipazione emotiva, solidarietà, vicinanza e consapevolezza. Nel ricordo delle foibe, dove furono gettate qualcuno dice 4-5mila, qualcuno dice 11-12mila persone, semplicemente per il fatto di essere italiani. Il 10 febbraio appartiene alla nostra coscienza collettiva e al nostro sentimento comune”.
Si deve, ora, “rileggere quelle vicende, sentire il senso di appartenenza italiana e vivere con sentimento di pace i rapporti. Nell’esasperazione del nazionalismo vi sono stati episodi di violenza e incitazione alla violenza da tutte le parti”, dice Giani. “Dobbiamo pensare ogni giorno ai sentimenti espressi nella Costituzione: noi siamo un Paese che ripudia la guerra, crede nella pace, nella solidarietà, nel rispetto l’uno dell’altro. Personalmente, penso che il sentimento di dovere delle scuse, per una migliore accoglienza che avremmo dovuto riservare a quella popolazione, appartenga al nostro patrimonio di valori”. La Toscana, però, fece bene la propria parte, ricorda Giani: “Ho letto questa mattina un bell’articolo sul Tirreno che partiva dall’accoglienza dei mille esuli accolti a Livorno. I campi profughi furono a Laterina, Avenza, Lucca, Migliarino, Calambrone. I toscani hanno saputo accogliere e dare prova di grande testimonianza umana, civiltà e integrazione, in Toscana nella gran parte dei casi vi fu l’accoglienza giusta. Si comprese che era necessario abbracciare e accogliere coloro che venivano da quella martoriata vicenda. Oggi – conclude il presidente –, la Toscana ha vissuto la giornata nel modo giusto”.
In conclusione della seduta, il presidente Mazzeo ha voluto consegnare insieme, con tutto l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale e al presidente Giani, il Pegaso alato a Guido Giacometti.
Torselli (FdI): "Chi oggi svilisce il dramma, violenta la memoria di italiani"
“Ancora oggi, nel 2022, ci sono soggetti che mettono in dubbio la carneficina delle foibe. La giornata del Ricordo è stata istituita per rendere giustizia ai 300mila esuli istriani che a conclusione della seconda guerra mondiale, furono costretti ad abbandonare le loro case e alle migliaia di vittime della follia dei partigiani titini. Nonostante lo sforzo istituzionale per celebrare questo giorno, ci sono ancora soggetti – come il rettore dell’Università per Stranieri di Siena – che organizzano convegni negazionisti ed esistono tuttora gruppi, che sventolano nelle piazze le bandiere della dittatura di Tito. Chi oggi svilisce il dramma dell’esodo e delle foibe, violenta la memoria di questi italiani.
Oggi diventa doveroso ricordare il dramma di questi nostri fratelli obbligati a fuggire dalle loro terre natie”. Così Francesco Torselli, capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio regionale toscano.Petrucci (FdI): "Conservare la memoria degli italiani martiri delle Foibe"
“Cerimonia, stamani, in Consiglio regionale della Toscana, un Consiglio straordinario dedicato al ricordo di migliaia di italiani martiri delle Foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. Non era scontato fino a qualche anno fa e non è scontato neppure oggi, perché in Toscana ci sono ancora tanti gruppi che vorrebbero, in qualche modo, negare quella tragedia e impedire anche agli altri di poter ricordare quella pagina vergognosa della storia italiana. Migliaia di donne, uomini, bambini, ragazzi che avevano l'unica colpa di essere italiani, una colpa così grave da valere loro la morte, seviziati e infoibati, gettati nelle cavità carsiche. E’ giusto mantenere viva la memoria di quella tragedia” dichiara il Consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Diego Petrucci, componente dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.
Mazzeo: "Foibe furono un genocidio ingiustificabile"
“Il Novecento è stato, purtroppo, il secolo delle atrocità, delle guerre, dell'odio razziale, degli stermini di massa. Qualche settimana fa abbiamo celebrato la Giornata della Memoria, lo scorso 27 gennaio. Nello scorso secolo gli uomini si sono macchiati di violenze che mai avrebbero potuto essere immaginate, accecati dalle diversità, dalle ideologie, dalle differenti appartenenze etniche, sociali, culturali o nazionali. In questo scenario, il dramma delle foibe assume i contorni di un genocidio di ferocia inaudita, inaccettabile, ingiustificabile”. Così il presiedente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo apre la seduta solenne del Consiglio regionale dedicata al Giorno del Ricordo, la commemorazione di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata.
Il presidente ha parlato dell’istituzione del giorno del ricordo con la legge 30 Marzo 2004 e della scelta del 10 Febbraio, perché in questa data, nel 1947, veniva firmato a Parigi il Trattato di pace tra l'Italia e le forze alleate che pose fine alla guerra ma che lasciò irrisolta più di una problematica relativa al nostro confine orientale. “Una legge - ha detto- che è stata un atto di giustizia e anche di risarcimento morale. Un silenzio troppo lungo era calato sugli italiani uccisi dalle autorità comuniste jugoslave e sul dramma dell’esodo”. “Il non riconoscere ciò che è successo - ha aggiunto - non è più in sintonia con il sentimento della nostra comunità nazionale che ha fatto propri quei lutti e quelle sofferenze”.
L’intervento di Mazzeo cita poi il Presidente della Repubblica: "L'orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze – ha detto il presidente Mattarella, nel suo messaggio in occasione del Giorno del Ricordo di un anno fa”. "Le sofferenze, i lutti, lo sradicamento, l'esodo a cui furono costrette decine di migliaia di famiglie nelle aree del confine orientale, dell'Istria, di Fiume, delle coste dalmate sono iscritti con segno indelebile nella storia della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e delle sue conseguenze”. Mazzeo ha ricordato che “il Presidente, anche lo scorso anno, rinnovò ai familiari delle vittime, ai sopravvissuti, agli esuli e ai loro discendenti il senso forte della solidarietà e della fraternità di tutti gli italiani. Lo ha fatto anche con un gesto simbolico molto significativo che non può che restare nella nostra mente. Un gesto che, immortalato in una splendida foto, nella sua semplicità, lo vede mano nella mano, come due amici, insieme al Presidente sloveno Borut Pahor di fronte alla foiba di Basovizza”.
Mazzeo chiude parlando dell’amore per la propria patria, definendolo “una cosa bellissima”. Significa impegnarsi per rendere sempre migliore, più giusto, più apprezzato il proprio Paese, e questo è il senso dell’impegno collettivo che dobbiamo portare avanti. Quella che era stata terra di soprusi e di violenza, è oggi un luogo di dialogo e di amicizia. Questa è l'attualità del Giorno del Ricordo. Non è solo una celebrazione, ma l'occasione per ribadire l'impegno delle istituzioni italiane a lavorare insieme con le associazioni degli esuli per ricordare”.
“Sono stato consolato dalle parole forti e serene della presidenza - interviene il giornalista Toni Capuozzo - che riportano questo giorno nell’alveo del ricordo di una fase difficile e tragica, vissuta dal nostro Paese in un angolo discosto dove i tormenti sono continuati anche dopo, quando in tutto il resto d’Italia la Liberazione aveva affidato a quelle generazioni il compito di ricostruire”. “Oggi a distanza di quasi 20 anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo - continua - è inevitabile dirci che in qualche cosa, come comunità nazionale, abbiamo fallito, non abbiamo fatto una giornata condivisa nel rispetto del dolore anche quando è un dolore degli altri. Credo che ancora oggi venga vissuta come una giornata di parte, che non appartiene a tutti, anzi eccita e risveglia dei negazionismi”. “Forse perché l’istituzione di questo giorno è stata richiesta dei partiti di destra - si risponde il giornalista - ma è noto che le uniche formazioni che son state vicine agli esuli sono state quelle della destra italiana”. “Ho sperato che l’istituzione del Giorno del Ricordo facesse uscire gli esuli da una specie di scranno minore nella memoria del Paese, senza intenzioni politiche e vessilli ideologici, ma non è stato così”.
Capuozzo aggiunge una riflessione sulla contrapposizione, che per lui “non ha senso”, fatta tra le due giornate: quella della Memoria e quella del Ricordo. “L’Olocausto è qualcosa di assoluto e senza termini di paragone, il tentativo di cancellare in modo quasi industriale l’esistenza di un popolo, ma affermare l’unicità della Shoah non vuol dire dimenticare tragedie minori”. Il giornalista ha terminato affermando con forza l’importanza di una memoria condivisa, “senza piantarci la bandiera delle appartenenze politiche”. “Nel modo di raccontare questa giornata - ha concluso - non siamo stati capaci, tutti, di rivelarci un Paese maturo, capace di una pietà non sussultante, capace di respingere dubbi morali e capace di guardare alle proprie colpe e a quelle degli altri con la stessa inflessibilità”.
Galletti (M5S): "Ricordare significa non banalizzare, né semplificare la storia"
“Il Giorno del Ricordo chiama ogni rappresentante delle istituzioni ad esprimere una riflessione e una piena solidarietà con i discendenti di tutti coloro che perirono nelle foibe. Ricordiamo, inoltre, anche la tragedia di migliaia di italiani costretti all’esodo e tutti coloro che, spinti dagli accadimenti fino al confine orientale, trovarono sofferenza e morte”. Lo afferma Irene Galletti, Presidente del Gruppo Movimento 5 Stelle in Regione Toscana, in occasione del Giorno del Ricordo.
“Ma ricordare significa non banalizzare, né semplificare la storia. Ogni vittima di ogni tragedia conta, e se davvero vogliamo onorare la memoria delle sciagure che colpirono istriani, fiumani, dalmati e di tutti gli altri italiani che abitavano in quei luoghi, dobbiamo farlo con perizia bibliografica: l’esatta ricostruzione di tutti gli accadimenti che hanno provocato così tanto dolore. Anche quelli che per un così lungo tempo non hanno consentito ai sopravvissuti e agli esuli, il riconoscimento della verità dei fatti legata alle loro sofferenze”.
Fonte: Toscana Consiglio Regionale