Covid e sport amatoriale, si rischia la paralisi: "Evitare un altro lungo stop"
Sarà pure iniziato il nuovo anno, ma per lo sport italiano i vecchi problemi non sono rimasti confinati nel problematico 2021, ma li ha ritrovati ancora una volta (e non a sorpresa) nella calza della Befana. È finito sotto gli occhi di tutti il caos che ha regnato nell’ultima giornata di Serie A, caratterizzata da varie partite rinviate e non poche perplessità sul numero di calciatori contagiati in base al quale predisporre il rinvio.
Insomma, per l’ennesima volta il Protocollo è saltato nello sport più importante del Belpaese. Se ai massimi livelli è dura raccapezzarsi, la situazione è altrettanto problematica nei settori non professionistici e dello sport di base. Infatti, la continua crescita dei contagi ha portato non solo all’interruzione dei campionati dilettanti regionali e giovanili da parte della Lega nazionale dilettanti di calcio, ma anche alla sospensione di attività sportive decisa da altri enti sportivi come Uisp e Csen.
Il Comitato Uisp Empoli Valdelsa, per esempio di fronte alla continua crescita dei contagi da Covid-19 verificatasi in questi giorni e della rapida diffusione del virus, anche all'interno di alcune società amatoriali, ha disposto la sospensione di alcuni campionati e attività che avrebbero dovuto riprendere nei prossimi giorni, al termine del periodo delle festività, ossia calcio e basket.
Anche il Csen, che a Empoli per i campionati di calcio a 5 può vantare 16 squadre e oltre 250 tesserati, ha deciso di rimandare la ripresa dei campionati fissata originariamente alla seconda metà di gennaio. A Firenze, ad esempio, il pallone rimarrà nella cesta almeno fino al 30 gennaio.
"Stiamo rinnovando tesseramenti e affiliazioni per mettere immediatamente le associazioni in regola nel registro Coni – dichiara Michele Falvino, presidente regionale Csen – ma di fronte a una tale impennata di contagi era doveroso fermarsi momentaneamente almeno per verificare l’evoluzione dei casi positivi. Speriamo comunque che questo stop duri solo un paio di settimane: saremmo pronti a rivedere le metodologie delle attività, ma non accetteremo un blocco totale come quello dello scorso anno. Molte società non potrebbero sopravvivere. Già è stato un miracolo farcela dopo due anni tragici: i sostegni sono stati solo una goccia nel mare delle perdite e le società sportive hanno dovuto cavarsela praticamente da sole”.
Al momento sospensioni generalizzate come quelle avvenute nel 2020 e nel 2021 non sono state ancora prese in considerazione, tuttavia non è solo questa eventualità a far preoccupare società, federazioni ed enti di promozione sportiva. Infatti, nello lo sport di base e non agonistico, per un atleta che ha contratto il Covid e che poi è guarito, non è molto agevole tornare subito in campo, qualunque sia la disciplina. Innanzitutto perché deve ottenere nuovamente il certificato di idoneità sportiva, decaduto a causa del contagio.
Fino a oggi per richiederlo l'atleta doveva attendere almeno un mese dalla fine dell’isolamento: se la quarantena è finita il 10 gennaio, ad esempio, la visita medico sportiva può essere fatta dal 10 febbraio. Alla visita medica l'atleta era tenuto ad esibire il foglio fine isolamento inviato dall'Asl e il tampone negativo se la quarantena era terminata a seguito di una positività a lungo termine, altrimenti bastava il foglio di fine isolamento avvenuto per tampone negativo.
Il nuovo Protocollo FMSI per il ritorno all’attività sportiva agonistica in atleti post-covid, pubblicato oggi pomeriggio dalla Federazione Medico Sportiva Italiana, adesso invece prevede la possibilità di sottoporsi agli esami di idoneità dopo che siano trascorsi 7 giorni dall’avvenuta guarigione da SARS-CoV-2 (accertata secondo la normativa vigente) per gli atleti sotto i 40 anni, con anamnesi negativa per patologie individuate come fattori di rischio cardiovascolare e che abbiano ricevuto la dose booster, oppure abbiano completato il ciclo vaccinale primario nei 120 giorni precedenti, o siano guariti da infezione da SARS-CoV-2 nei 120 giorni precedenti. Gli over 40, invece, potranno farlo non prima che siano trascorsi 14 giorni, a patto che abbiano anamnesi positiva per patologie individuate come fattori di rischio cardiovascolare e per gli atleti che non abbiano ricevuto la dose booster, o non abbiano completato il ciclo vaccinale primario nei 120 giorni precedenti, oppure non siano guariti da infezione da SARS-CoV-2 nei 120 giorni precedenti.
In più, dopo l'isolamento, è necessario sottoporsi a un ecocodoppler cardiaco. Durante la visita sarà eseguita una prova da sforzo al cicloergometro (come si fa normalmente sopra i 40 anni).
Il timore, però, è lo stress a cui è sottoposta la macchina dell'azienda sanitaria, d’altronde il foglio di fine isolamento viene inviato appunto dalla stessa Asl. Insomma, lo sport potrebbe non fermarsi "di imperio", ma rischia di trovarsi comunque bloccato per carenza di atleti disponibili.
“La voglia, comunque, non è venuta meno - conferma Falvino -. Sebbene a settembre i tesseramenti erano partiti un po’ in sordina, tra novembre e metà dicembre avevamo registrato un picco di rinnovi degli atleti. Quanto alle affiliazioni da parte delle società, il rinnovamento aveva coinvolto il 95% di queste: non solo calcio, ma anche altri sport come karate, nuoto, danza e pole dance. Purtroppo dopo la metà di dicembre i tesseramenti dei più giovani hanno bruscamente frenato, in concomitanza con l’aumento dei contagi, e adesso dovremo attendere la fine di gennaio per fare il punto della situazione".
“Il problema è che il vecchio protocollo non è stato aggiornato” spiega Giovanni Carniani, presidente di ANSMeS Firenze. “A livello professionistico abbiamo visto la discrepanza tra Asl e Calcio. Salute e Sport non possono avere criteri di valutazione e decisione così differenti, né possono andare ognuno per la propria strada perché andrebbero a generare confusione. Per quanto riguarda lo sport di base, poi, il protocollo andrebbe adeguato: credo che la norma attuale sia superata, anche perché è rimasta vincolata a una situazione in cui i vaccini non c’erano. Dal momento che la maggioranza degli atleti è vaccinata allora dovremmo stabilire nuove regole e adeguare i protocolli al tempo che stiamo vivendo, in modo da reagire in maniera appropriata senza mettere in crisi il sistema. In ogni caso – conclude – non bisogna bloccare la macchina ma intervenire in corso d’opera e ritengo sia giusto, nella definizione dei nuovi protocolli, l’intervento del sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali. Politica e Sport devono collaborare”.
Giovanni Gaeta