A Villa Bardini la mostra sugli anni giovanili di Galileo Chini
Villa Bardini riapre gli spazi espositivi, rimasti chiusi a seguito della pandemia, con la mostra intitolata ‘Galileo Chini e il Simbolismo Europeo’, che si terrà da domani al 25 aprile 2022.
Focalizzata sugli anni giovanili di Galileo Chini (Firenze 1873-1956), che lo resero famoso internazionalmente, l’esposizione è a cura di Fabio Benzi ed è promossa da Fondazione CR Firenze e da Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron. Sono esposti oltre 200 pezzi fra dipinti, disegni, illustrazioni e ceramiche, in un susseguirsi continuo di legami e parallelismi fra l’artista e l’arte internazionale che lo ispirò e che spesso a lui si è ispirata.
Sono presenti opere dell’ambiente artistico tra simbolismo francese e mitteleuropeo, tra preraffaellismo e secessioni, che vede intrecciare il percorso di Chini con quello di artisti come Auguste Rodin, Gustav Klimt, Max Klinger, Ferdinand Hodler, William de Morgan, Walter Crane, Aubrey Beardsley, Gaetano Previati, Giovanni Segantini, Odilon Redon, Ferdinand Khnopff, Félix Vallotton, Pierre Bonnard e molti altri. Alla presentazione, stamani, sono intervenuti Jacopo Speranza, Presidente della Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e Vice Presidente della Fondazione CR Firenze; Luigi Salvadori, Presidente della Fondazione CR Firenze; Carlo Sisi, Consigliere della Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e Fabio Benzi, curatore dell’esposizione.
La mostra prende in esame i primi 20 anni della vita artistica di Chini (dal 1895 al 1914 circa: dalla prima maturità fino alle soglie della Prima Guerra Mondiale), improntati dall’appassionata adesione al clima del Simbolismo internazionale e delle istanze moderniste dell'Art nouveau, che lo resero fra i maggiori artisti italiani dell’epoca e tra i più conosciuti all’estero, ammirato anche da artisti d’avanguardia che avrebbero rivoluzionato l’arte italiana, come Umberto Boccioni. Chini incarnava un’ideale di modernità nell’Europa di quel periodo, e partecipò con grande successo alle maggiori esposizioni internazionali (Torino, Parigi, Monaco, Bruxelles, San Pietroburgo, St. Louis). La sua fama gli procurò importanti commissioni pubbliche, come le decorazioni di importanti sale alle Biennali del 1903, 1907, 1909 e del 1914, di cui alcuni brani pittorici sono esposti in mostra. In particolare, alla Sala del Sogno del 1907, che fu uno dei più grandi successi delle prime Biennali del tempo, egli espose alcuni dipinti (Icaro, San Giovanni) in un contesto di Simbolismo internazionale che fu forse l’ultima grande manifestazione di quel movimento.
L’artista fu anche uno dei principali promotori dell’abbattimento delle barriere fra arti maggiori e minori: fu infatti uno straordinario ceramista le cui opere, improntate al gusto Art Nouveau, si possono annoverare tra le più significative e straordinarie in quell'ambito. Fin dal 1896 egli infatti introdusse, tra i primissimi in Italia e in Europa, il gusto moderno dell'Art Nouveau (in Italia meglio noto col termine Liberty), attraverso i manufatti di una fabbrica (Arte della Ceramica, poi Fornaci S. Lorenzo) da lui diretta, che raggiunse in breve tempo, anch'essa, fama mondiale.
Fra le opere esposte alcuni capolavori come i vasi “preraffaelliti” della primissima fase, alcuni capolavori presenti all'Esposizione internazionale di Parigi del 1900, il vaso a lustro rosso con alberi del 1902, il grande cache-pot con camaleonti ecc.: pezzi da annoverarsi tra i capolavori della ceramica europea di quel periodo. Se i dipinti degli anni fino al 1911 sono marcati dalla conoscenza diretta e dal dialogo estetico con la migliore arte europea improntata al Simbolismo, il viaggio che dal 1911 al 1913 lo vide spostarsi in Siam (l'odierna Thailandia), per decorare la grande Sala del Trono di Bangkok, segnò invece un'apertura su un nuovo sentimento della natura e del mondo che in Europa stava vedendo i protagonisti del vecchio gruppo francese dei Nabis (come Bonnard e Vallotton) indirizzarsi su una percezione dell'impressionismo come sedimento psicologico, bergsoniano, che costituisce una strada di modernità alternativa alle decostruzioni e analisi avanguardistiche.
La mostra si chiude su questo parallelo, attraverso alcuni capolavori straordinari di questi artisti posti a confronto con opere di Chini, secondo un indirizzo che impronterà anche la pittura del Maestro tra le due guerre.
“Siamo lieti che con questa grande mostra possa riaprirsi anche Villa Bardini come centro dedicato all’arte e alla cultura di Firenze – affermano Luigi Salvadori, Presidente di Fondazione CR Firenze e Jacopo Speranza, Presidente della Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron -. Dopo mesi di chiusura le sale espositive della villa tornano ad animarsi. L’esposizione celebra la figura di un grande artista fiorentino, che ha saputo distinguersi nel panorama internazionale attingendo e allo stesso tempo contaminando l’epoca artistica nella quale si è affermato”.