Gabriele Mazzoni e Sherlock Holmes: il re dei collezionisti vive a Empoli
Se per caso vi trovaste a soggiornare in Inghilterra e, tra una tazza di the e un "By Jove!", la discussione virasse sul celebre investigatore di Baker Street, avreste un asso nella manica per monopolizzare l’attenzione dei vostri interlocutori britannici. “Sapete dove si trova il maggiore collezionista europeo del vostro Sherlock Holmes? Elementare, Watson: a Empoli”.
Per improbabile che sia, è proprio vero: Gabriele Mazzoni, medico in pensione (in passato Responsabile del Servizio d’Igiene e direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica di Empoli), potrebbe essere considerato il collezionista “umano” più importante del globo. Il personaggio creato da Arthur Conan Doyle alla fine del XIX secolo non è stato “soltanto” l’interesse di una vita, ma un modo di vivere e pensare.
Membro ed ex presidente dell'Associazione Uno Studio in Holmes, che accoglie gli appassionati italiani di Sherlock Holmes, Mazzoni ha tenuto convegni e scritto saggi sul tema, ma soprattutto ha allestito decine di mostre su differenti temi Holmesiani.
“Il mio primo ‘contatto’ con Sherlock Holmes fu televisivo, e più precisamente tramite una serie di avventure trasmesse dalla RAI nel 1962. Il detective era impersonato da Ronald Howard (figlio del più celebre Leslie che fu tra i protagonisti di Via col Vento) e quei brevi episodi apocrifi furono trasmessi nell'allora classico bianco e nero.
Quell'eroe positivo, così diverso da tutti gli altri, così umanamente incostante e soggetto a sbalzi d'umore, che traeva forza dalla propria mente fervida e attenta, scolpì in me un modello indelebile di forza e di rassicurazione, di energia e di dedizione, che non mi avrebbe più abbandonato. Fu con la lettura adolescenziale del Canone, i quattro romanzi ed i 56 racconti brevi scritti da Arthur Conan Doyle, che suggellai la passione non solo per il personaggio ma anche per il contesto.
La Londra di fine ottocento, nella narrazione di Doyle, diventa un'ambientazione romantica dove la bruma notturna rischiarata dalle lampade a gas, il silenzio delle strade rotto solo dallo sporadico passaggio di una carrozza, l'echeggiare del languido suono del violino di Holmes che ci guida dentro le finestre illuminate del 221B di Baker Street”.
Dopo quasi sessanta anni di collezione la varietà di articoli è enorme e si avvia verso i 50.000 “pezzi”, di cui oltre 20.000 sono libri e riviste: a fare la parte del leone sono le pubblicazioni italiane, ma nel Corpus Holmesiano di Mazzoni troviamo pure volumi scritti in 70 lingue diverse, compresi dialetti africani, scandinavi e del sud-est asiatico. Anche l’oggettistica è ben rappresentata, con migliaia di statuine, teiere e manufatti in ceramica, figurine di piombo e diorami che rappresentano scene dei racconti: dal portacenere del 1932 che raffigura il Mastino dei Baskerville (pubblicità per l’omonimo film) al mazzo di chiavi originale della prigione di Dartmoor del 1902; dalle piastrelle in ceramica originali della vecchia decorazione con l’effigie di Sherlock Holmes della metropolitana di Baker Street alle statue originali di Holmes e Watson che abbellivano un pub londinese chiuso negli anni ’50.
Mazzoni, inoltre, possiede 600 dischi in vinile con audiolibri, colonne sonore, canzoni dedicato all’investigatore inglese, senza dimenticare le diapositive di vetro di fine ‘800/primi ‘900 che rappresentano uno spaccato della Londra vittoriana citata nei racconti o nei primi film muti su Sherlock Holmes.
“La fatica maggiore è stata raccogliere gli oltre 300 numeri singoli della rivista inglese The Strand Magazine, che dal 1891 al 1930 pubblicò quasi tutte le prime edizioni dei racconti originali su Sherlock Holmes e la maggior parte degli scritti di Conan Doyle. Per completare questa impresa ci sono voluti circa 40 anni, ma è stato un impegno ben ripagato: credo che la mia sia una raccolta unica al mondo, tanto che alcune biblioteche mi hanno chiesto la possibilità di fotografare volumi per farne delle pubblicazioni.
Molto rari sono anche alcuni libri di fine ‘800 e primi ‘900 con illustrazioni bellissime. Alcuni dei circa 5000 manifesti e locandine cinematografiche e teatrali sono inoltre pezzi unici, sopravvissuti dagli anni ’20 e ’30. I due manifesti teatrali francesi del 1907 e 1908 di Louis Galice, artista della Belle Epoque, sono l’unica testimonianza grafica delle famose rappresentazioni teatrali che si tennero al Teatro Antoine di Parigi in quegli anni. Nel tempo ho recuperato un discreto numero di lettere, scritti e foto non solo di Arthur Conan Doyle, ma anche di personaggi ed attori famosi, che offrono inoltre uno spaccato psico-sociale delle persone che hanno ruotato dentro ed intorno alla Saga”.
In ogni caso credo di avere ben oltre il 90% di quanto è stato pubblicato in Italia a partire dalla prima edizione del 1892 fino ad oggi e basterebbe solo questo per rendere la collezione unica”.
Ovviamente, non è facile gestire una collezione così vasta, soprattutto per un ‘singolo’: "Gli oggetti sono divisi tra casa mia e alcuni locali della zona. Ho allestito librerie e scaffalature con uno sviluppo lineare di oltre mezzo chilometro. Ma sono già a corto di spazio".
Una tale meraviglia non poteva certo rimanere nascosta, limitata allo sguardo seppur sapiente dell’illustre collezionista empolese. Holmes è un Patrimonio dell’Umanità e Mazzoni ne era ben consapevole.
“In vent'anni ho realizzato una trentina di mostre in tutta Italia. La prima fu nel 2002 a Sesto Fiorentino, in occasione del centenario della prima edizione del Mastino dei Baskerville: riempii due grandi stanze con quasi 700 oggetti dedicati alla ‘Bestia infernale della brughiera di Dartmoor’. In quell'occasione compresi di avere un potenziale importante per far capire e documentare il 'Fenomeno Sherlock'.
L'esperienza più bella però fu quella a Empoli nel 2013: non solo giocavo in casa ma anche perché furono varie mostre in una: un evento si incentrò sull'arte dedicata a Sherlock Holmes, un altro sui libri internazionali; alle Poste andò in scena una mostra sulla filatelia holmesiana, con l'esposizione di oltre 300 pezzi, ed un'altra infine sul Teatro holmesiano, con foto, manifesti e programmi nel foyer del Teatro Shalom. Al Museo del vetro, infine, realizzai una mostra su prime edizioni, autografi e scritti. Cinque mostre che accolsero gente da tutto il mondo, a partire dai miei concittadini empolesi".
"A Gubbio è andata in scena un’esposizione di ceramiche dedicate a Sherlock alla quale si interessò anche la RAI. A Milano, durante i Giochi Sforzeschi ho realizzato una mostra sui giochi di tutti i tipi ed epoche dedicati a Holmes: gli oltre 400 pezzi furono ammirati da oltre 10.000 persone. A Pistoia, nella Biblioteca San Giorgio, ho esposto oltre 1000 pezzi tra pipe scolpite e materiale da fumo dedicato a Holmes, nonché libri, fumetti, riviste". Si ricorda anche una mostra importante in quel di Firenze.
Quest'estate, Mazzoni è stato protagonista al Festival del giallo di Senigallia, dedicato alla storia di Sherlock Holmes, in cui ha messo in mostra prime edizioni italiane e straniere, oltre a materiale cinematografico. Infine, lo scorso weekend, il collezionista empolese si è recato al Festival del fumetto di Cassino, allestendo un'esposizione dedicata alle avventure "comics" del detective inglese.
Di fronte a un passato e un presente tanto illustre, è d’obbligo la riflessione che prima o poi attanaglia ogni collezionista, soprattutto quando non si è più solo dei cultori, ma veri custodi: a chi lascerò tutto questo?
“Possedere molti pezzi unici è una grande soddisfazione ma anche una grande responsabilità. Cercherò istituzioni interessate a partecipare a una Fondazione a cui lascerò tutto il materiale, affinché studio ed esposizione dei pezzi rimangano l’interesse preminente. Per il momento – conclude – vorrei coinvolgere quante più persone possibile nella conoscenza di Sherlock Holmes, privilegiando il contatto coi giovani affinché imparino l’acume e la capacità di osservare ciò che li circonda, per poi sviluppare su tali osservazioni un ferreo ragionamento logico, permeato da lealtà ‘vittoriana’ e nobiltà d'animo”.
Giovanni Gaeta