Discarica Grillaia, Legambiente: "Non è questa la soluzione per l'amianto"
La discarica de La Grillaia, in funzione dal 1990 al 1998, nacque con l'obiettivo di smaltire 300.000 metri cubi di rifiuti che diventarono in seguito a vari ampliamenti a partire dalla sua “regionalizzazione” nel 1992, 1.500.000 metri cubi per rispondere all’emergenza dello smaltimenti dei fanghi conciari. Fanghi che, insieme a rifiuti da altre regioni, misero in crisi il funzionamento dell'impianto, con produzione di percolato altamente inquinato, sversamenti e maleodoranze. Dopo le lunghe proteste di un coraggioso movimento di cittadini, la provincia nel 1998 decretò la chiusura della discarica; la fase di post-chiusura fu gestita da allora in maniera molto approssimativa. In seguito i proprietari presentarono progetti di messa in sicurezza dell'impianto prevedendo ulteriori 300.000 mc di rifiuti poi scesi a 270.000 (che avrebbero garantito un significativo ritorno economico, ben superiore ai costi della messa in sicurezza medesima). Poco prima delle elezioni del 2014 i comuni di Chianni, Terricciola e Laiatico, la Regione e la Provincia firmarono un protocollo per la gestione della chiusura della ex-discarica senza apporto di ulteriori rifiuti. Il dirigente della Provincia però, aveva nel frattempo approvato il progetto di chiusura della discarica con apporto di ulteriori rifiuti proposto dalla proprietà. Come Legambiente siamo stati presenti fin dall'inizio e testimoni nel 1998 sia delle cariche della polizia contro i cittadini che si opponevano all’impianto, sia dell'impegno dell'allora presidente della Provincia di procedere alla chiusura definiva. La Delibera della Regione n. 629 del 2020 che autorizza il conferimento di amianto nella discarica per 270.000 metri cubi, risponde a una nuova emergenza regionale, e ancora una volta questa discarica rischia di diventare, come lo fu per i fanghi conciari, LA SOLUZIONE, rischiando di diventare l’unico sito di smaltimento di amianto della Toscana. E come già successo per i fanghi, la cubatura potrebbe aumentare e Chianni potrebbe diventare il sito regionale di smaltimento dell’amianto per molti anni, vedendo così condizionare pesantemente il futuro economico dell’area e impedendo a una nuova economia, basata su agricoltura e turismo, di affermarsi. La Delibera della Regione oltretutto, si basa sul presupposto che i volumi di rifiuti autorizzati per la discarica non siano stati raggiunti, mentre documenti di ARPAT degli anni ’90 dimostrano che la volumetria autorizzata è stata completamente utilizzata: si andrebbe quindi a smaltire una consistente quantità di amianto in una discarica esaurita, che deve solo essere messa in sicurezza con una rimodellazione del profilo che richiede una quantità assai inferiore di materiali. Ci aspettiamo e ci auguriamo che, ove non intervenga la Regione bloccando il progetto, il ricorso amministrativo e gli esposti presentati a partire dal 2020 da Comitati e gruppi di cittadini possano impedire la riapertura della discarica. Riguardo al problema dell’amianto, come circolo Legambiente Valdera, in accordo con la Direzione Regionale dell'associazione, sosteniamo che la soluzione non è quella di fare di volta in volta scelte improvvisate per risolvere una emergenza che dura da anni, ma quella di realizzare un Piano Regionale che preveda che ogni territorio, ogni provincia, si faccia carico dello smaltimento di questo tipo di rifiuti. Legambiente sostiene che se lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto è sicuro, occorre individuare gli impianti idonei per capienza e caratteristiche costruttive, non solo in Valdera ma in tutta la Toscana: la politica a ogni livello può fare la sua parte, pianificando la soluzione invece di procedere per tentativi, e evitando di considerare una soluzione lo smaltimento di amianto in una discarica esaurita che è invece semplicemente da chiudere!
Legambiente