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Anche questo è un Viaggio, le 'trasferte' fiorentine di Cupelli in mostra

Da domani sera (martedì 20 luglio 2021 n.d.r.) torna ad animarsi lo Spazio dell’Orcio, Officina Culturale, ospitato nella Casa Torre degli Stipendiari, sotto l’arco che porta al Seminario di San Miniato.
Alle 21:30 aprirà i battenti la mostra fotografica di Aurelio Cupelli, dal titolo “anche questo è un Viaggio”. I “martedì del centro storico” sanminiatese si arricchiscono di questa importante iniziativa culturale.
Si tratta di 44 fotografie in bianco e nero, che raccontano una sua giornata fiorentina, a partire dalla Stazione di Santa Maria Novella, giù per le scale di via Alamanni, sulla metropolitana verso Peretola e la periferia della città. Un viaggio in questi strani tempi, dove il vuoto si sostituisce al pieno, con persone-presenze che ormai fanno parte del nostro quotidiano. Senza nessun giudizio, solo con il bisogno-desiderio di documentare un’emozione. La mostra resterà aperta fino all’8 agosto, con orari anche serali.

Aurelio Cupelli, che Andrea Mancini, direttore artistico dell’Orcio d’Oro, definisce: un fotografo straordinario che ha documentato tanti attimi delle nostre vite, il cui archivio raccoglie migliaia di scatti, dedicati negli ultimi trent’anni, a un’infinità di momenti significativi, non soltanto nei dintorni di San Miniato. Le sue fotografie sono eccezionali repertori da tante parti del mondo, dai luoghi che lui ha visitato, con le sue macchine fotografiche, ma soprattutto con la sua curiosità, con il desiderio di fermare il fluire della vita.

L’incipit di questo nuovo lavoro di Cupelli è una famosa frase di Marcel Proust: "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi.". E le foto esposte possono sembrare fotografie di “viaggio”, che raccontano appena qualche momento di una sua giornata, sulla tramvia di Firenze che va verso Peretola.

Cupelli ha fotografato alcuni oggetti, qualche struttura architettonica, alcune persone, perse nel loro telefono o nella loro solitudine, che è un po’ la stessa cosa. Una serie di elementi che li fanno assomigliare alla scena di un film, a partire dall’uso del bianco e nero, che evidentemente ha un effetto immediatamente straniante, riesce subito a rendere interessante un’immagine, a staccarla dalla realtà.

Nelle foto si vedono alcuni elementi, ma soprattutto si percepisce che non esiste la natura: né una pianta, né un albero, né un fiore. Nelle prime tra l’altro non c’è nessun mezzo di trasporto, ci sono solo delle persone che forse lo aspettano.

Persone di spalle, con i sacchetti della spesa, lo zaino dietro, alcuni senz’altro sono africani, altri vengono dall’est Europa, altri ancora non si capisce. Stessa cosa nelle immagini successive, c’è un chiosco di giornali ma è chiuso, la saracinesca ha una grande scritta che invade lo spazio, riempie quasi la foto, dunque anche lo sguardo dello spettatore; le persone sono ancora lì, aspettano. Così come nelle foto successive, dove si vedono spicchi di cielo e dove chi è in attesa, o di passaggio, è visto da davanti, anche se non si riconosce, la mascherina ne nega la visione, il mondo è privo di facce, almeno di facce riconoscibili.

Il viaggio prosegue, con il fotografo che sale sul treno, che nel frattempo è arrivato con la sua parete specchiante che raddoppia l’immagine. I volti sono ancora più anonimi, sia all’interno che all’esterno, biciclette legate ai lampioni o agli spartitraffico, vuoto di persone ma non di macchine, il mondo è tutto qui, le foto sono diverse, ma si assomigliano.

Il viaggio è a Firenze, ma potrebbe essere a Parigi o a Londra, c’è poca differenza, se non in piccoli particolari, che Aurelio riesce a fermare, ad esaltare. È una pagina importante di questo suo girovagare, una delle tante, vi aspetta una bella mostra, intensa, forte, piena di implicazioni.

Fonte: Ufficio stampa

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