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Biodiversità, di padre in figlio nascono gli stessi semi di mais 50 anni dopo

I genetisti dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa continuano a indirizzare le loro ricerche su continenti diversi, coinvolgendo gli agricoltori locali, per approfondire i temi legati all’agrobiodiversità, tema rilevante per rispondere alla richiesta di cibo da tutto il mondo e per contribuire alla riduzione delle diseguaglianze alimentari.

Dopo l’Africa e l’Etiopia, i genetisti della Scuola Superiore Sant’Anna sono arrivati in Messico, dove sono riusciti a dimostrare che gli agricoltori sono stati in grado di preservare, negli anni, l’unicità delle varietà tradizionali del mais. I risultati di questo studio, condotto utilizzando strumenti genomici, sono stati descritti in un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Heredity”.

Per portare a termine il loro studio, i genetisti della Scuola Superiore Sant'Anna hanno utilizzato un particolare approccio di confronto genetico concentrandosi sulle varietà di mais ancho coltivato nello stato di Morelos, non lontano dalla Città del Messico. I ricercatori italiani hanno selezionato semi di mais raccolti dagli agricoltori locali negli anni ‘70 e conservati da allora nei frigo del Centro di Ricerca Internazionale di Miglioramento del Mais e del Frumento (Cimmyt).

Cinquanta anni più tardi, i genetisti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa hanno rintracciato le stesse famiglie di agricoltori che avevano donato i semi originali e hanno chiesto loro di valutare il mais che oggi coltivano, per verificare i cambiamenti. Con un approccio basato sul sequenziamento genomico, hanno confrontato i lotti di semi conservati a 50 anni di distanza nei campi degli agricoltori e il risultato è stato sorprendente.

Nonostante la vicinanza di città in rapida espansione e di grandi cambiamenti sociali che hanno interessato il Messico dagli anni ’70 a oggi, gli agricoltori sono stati in grado di preservare l’unicità e le caratteristiche del mais tradizionale, selezionando ulteriore semente.

“La semente conservata nei campi di coloro che l’hanno attivamente coltivata e propagata per decenni è molto simile a quella raccolta 50 anni fa, eppure nel frattempo ha accumulato adattamenti genetici che la rendono appropriata alle attuali condizioni di coltivazione locali”, sottolinea il ricercatore della Scuola Superiore Sant’Anna Matteo dell’Acqua, responsabile della ricerca.

Denisse McLean-Rodríguez, allieva perfezionanda della Scuola Superiore Sant’Anna e prima autrice dello studio, difende il valore di questi approcci innovativi. “L’interazione con le comunità di agricoltori tradizionali è la strada maestra per comprendere come meglio conservare l’agrobiodiversità in un mondo che cambia con grande rapidità. Se non agiamo per conservare la diversità delle colture in maniera ottimale – prosegue - rischiamo di perdere una grande ricchezza che ci ha accompagnato sinora e che è necessaria per rispondere alle sfide del futuro”.

“L’unione della genomica con approcci partecipativi che coinvolgano gli agricoltori tradizionali – commenta ancora Matteo dell’Acqua - è la chiave per un’agricoltura più sostenibile. L’agricoltura è fatta anche di cultura. I moderni metodi di indagine scientifica, tra cui il sequenziamento del Dna, ci permettono di valorizzare il contributo dei piccoli agricoltori nella conservazione e promozione della diversità per sistemi agricoli più resistenti e più resilienti nei confronti del cambiamento climatico”.

Fonte: Scuola Sant'Anna - Ufficio stampa

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