Una panchina rossa a Ponte a Elsa contro i femminicidi
Eccoci nuovamente all’8 marzo. Vorremmo dire a tutt* che ci sono stati dei cambiamenti epocali, vorremo dire che noi donne non dobbiamo più aver timore di essere tali. Vi vorremmo dire queste parole e molte altre, in realtà, siamo nuovamente a combattere per diritti che dovrebbero essere naturali, per i quali non bisognerebbe lottare e invece, come ogni anno ci troviamo nuovamente qua. Il 2020 è sicuramente stato un anno drammatico, sotto tutti i punti di vista: sociale, economico, ma non per ultimo politico-culturale. Il depauperamento culturale andrà a influenzare soprattutto le nuove generazioni, che risentono già della perdita di un luogo fisico in cui vengono formati le e i futur* cittadin* e non per ultima la possibilità di socializzare con i e le compagn* di classe e gli amici e amiche di tutti i giorni. Per quanto riguarda l’economia non possiamo non trovare il filo rosso che la collega alla politica. In un anno il “governo della luce” non è riuscito a trovare una via per aiutare concretamente i suoi concittadini, che si ritrovano a dover combattere contro una delle crisi economiche più drammatiche della storia, DA SOLI. Inoltre, dato considerevole di attenzione, è quello sui licenziamenti. Se ci fosse rimasto anche solo un dubbio sul fatto che la pandemia stesse amplificando le disuguaglianze sociali, ma soprattutto quello di genere, ve lo togliamo subito! Chiaro che la bufera messa in atto dal COVID non bastasse! Già nel primo lockdown l’occupazione è scesa precipitosamente, fortuna che l’estate ha fatto risalire i dati, che già dall’autunno sono tornati a peggiorare, a causa della seconda ondata e le nuove chiusure. A dicembre l’Istat ha registrato un calo degli occupati (disoccupati o inattivi) pari a 101mila unità. Cosa dire a riguardo? Crediamo che il numero di per sé sia già preoccupante, ma non ci vogliamo far mancare niente, infatti la tragedia nella tragedia è la suddivisione di genere con cui questo è avvenuto. Siamo soprattutto noi donne le vittime di questo COVID, in quanto sono 99mila delle 101mila unità di sesso femminile. ALT, non arrabbiamoci ora, perché esiste un altro dato ancora dativo del fatto che il problema della disoccupazione e inattività è colorato in rosa, ovvero, anche se con numeri moderatamente contenuti, dei 444mila occupati in meno in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne. A confermare questo andamento sono anche i dati del gender gap a livello globale, i quali erano già critici prima della pandemia, che quindi ha solo dato un’impennata al peggioramento della situazione. I dati citati non sono fini a sé stessi. Il crollo occupazionale in Italia è rappresentativo della natura del lavoro svolto maggiormente dalle donne, ovvero servizi essenziali alla persona, i quali non sono stati di certo protetti dal blocco dei licenziamenti. Coloro che sono riuscite a rientrare nella misura prima citata, sono lo stesso intrappolate nella costruzione sociale per cui il carico della cura della famiglia debba gravare sulle loro spalle ed eccola la loro “punizione”: SMART WORKING. I benefici sono molti, ma ciò non toglie che si sia visto sovrapporre il tempo dedicato agli impegni domestici e professionali senza possibilità di separazione spaziale e temporale degli stessi, aumentando così diverse criticità. Come già detto questa emergenza sanitaria non ci ha reso uguali, anzi, abbiamo porto l’altra guancia e ci ha tirato un bello schiaffo, nutrendo il mostro della discriminazione sociale, culturale, geografica e di genere che strascicherà le conseguenze al di là del superamento pandemico. È proprio oggi, ora, che bisogna agire, riprendendoci lo spazio per una trasformazione radicale della situazione attuale; proprio ora che “il buon governo europeista” è in preda a spese folli per il Recovery Plan, ma soprattutto sta decidendo per lo sblocco dei licenziamenti, dobbiamo ricordarci che il nostro futuro non si svolge in un tempo ristretto e transitorio, ma soprattutto non siamo resilienti, noi ci siamo rott*, eccome se ci siamo rott*! La lotta del CSA Intifada non è nata oggi e nemmeno ieri, è una lotta trentennale, frutto di una visione ampia e non legata al singolo evento. Facile chiamare tutto “emergenza”, noi non abbiamo effetti speciali, perché da anni lottiamo contro la perdita di posti di lavoro, da anni lottiamo per la parità di genere e contro tutte le discriminazioni, da anni lottiamo contro i tagli sanitari e alternative ecosostenibili, la pandemia è servita solo a rendere visibili a tutt*che l’Italia va ricostruita. Il problema è ben radicato e non si toglie certamente con la politica dello “spendere” ora e subito, che altro non farà che aumentare questa struttura neoliberale, patriarcale e razzista. Come altre realtà ci impegniamo nello sciopero femminista e transfemminista, perché ci siamo rott* che le donne siano trattate come “specie protetta”, in quanto in un Paese democratico e civile non ci dovrebbe essere il bisogno di SGRAVI FISCALI per l’assunzione di donne; ci siamo rott* perché a pagare dovrebbe essere chi in questi mesi si è arricchit* obbligandoci a rispondere al quesito/ricatto: salute o lavoro? Lasciandoci a casa il più delle volte. Le donne in lotta fanno paura e lo hanno dimostrato i vari sgomberi di spazi femministi e transfemministi a Firenze e Pisa, ai quali dedichiamo il nostro 8 marzo di quest’anno. Parola d’ordine: riorganizzazione. Non è con la chiusura di uno spazio fisico che uccidete le nostre idee. Continueremo con le nostre lotte, fino a che in Italia non sarà raggiunto il nostro obiettivo di grande civiltà, iniziando con piccole e simboliche battaglie.
Da lunedì 8 marzo al centro si troverà una panchina di colore rosso per commemorare le vittime dei femminicidi, ponendola simbolicamente nel giardino dell’Intifada per ricordare ai suoi fruitori di difendere le donne insieme a noi. Abbiamo intenzione di alzare una mozione in comune per chiedere un voucher per le studentesse empolesi ai fini dell’acquisto di assorbenti, ponendoci anche come strumento per la promozione dell’iniziativa e come distributori/distributrici di tale voucher nelle scuole, insieme ad un’informativa su come gli assorbenti siano venduti con un’IVA del 22%, tale da renderli un bene di lusso, quando, signori e signore, non lo è! La donna non decide di avere le mestruazioni, una donna le ha per natura. L’iniziativa degli assorbenti è legata ad una lotta internazionale, dove Nuova Zelanda e Francia sono alla guida per rendere gratuiti gli assorbenti alle donne. In Italia si stanno muovendo in questo senso vari collettivi femministi e trasfemministi, un esempio è NUDM che a Firenze ha già iniziato con la sensibilizzazione, noi cerchiamo di portarla anche a Empoli, sotto il nome di “ASSORBITECI L’IVA”. Abbiamo intenzione di aprire, quando sarà possibile, le porte del nostro centro per creare nuovi spazi per studenti e studentesse per sopperire alla deficienza di aule studio nel territorio. Tutto rispettando le regole sul distanziamento fisico e le norme che al momento delle riaperture vigeranno. Piccoli gesti, si! Non lo mettiamo in dubbio, ma è da questi che dobbiamo ripartire per ricostruire, soprattutto in un periodo come questo in cui non ci è permessa la stessa attività di un anno fa. Buon lotto marzo a tutt*!
Fonte: Comunità In Resistenza Csa Intifada Empoli