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Catena umana di imprenditori a Firenze: "Torniamo tutti a lavoro, altrimenti ristori dignitosi"

Si è svolta oggi (lunedì 1° marzo 2021) a Firenze, in contemporanea con altre dieci città toscane, la mobilitazione “Salviamo le imprese” organizzata dalle associazioni di categoria regionali Confcommercio Toscana e Confesercenti Toscana per rivendicare una diversa gestione dell’emergenza pandemica, in grado di conciliare diritto alla salute e diritto al lavoro.

A Firenze la manifestazione, statica, composta e silenziosa, ha visto una “catena umana” lunga poco meno di un chilometro snodarsi nel cuore della città, da via Verdi fino a piazza del Duomo. A comporla oltre 400 imprenditori, professionisti e dipendenti delle imprese del terziario di tutta la provincia, che - uniti simbolicamente da un nastro tricolore, ma distanziati l’un l’altro come vogliono le normative di sicurezza antiCovid - hanno voluto manifestare pubblicamente la propria sofferenza e le difficoltà in cui vivono ormai da un anno, potendo lavorare solo a scarto ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi) o addirittura per nulla (il mondo dello sport, dello spettacolo, degli eventi e dell’intrattenimento).

“Se il Governo continua, dopo un anno, a non garantire il diritto al lavoro in nome della salute, avrà sulle spalle la responsabilità civile, morale e sociale della distruzione economica del nostro Paese”, dicono con fermezza i presidenti della Confcommercio di Firenze Aldo Cursano e di Confesercenti Claudio Bianchi, che hanno coordinato la manifestazione fiorentina insieme ai loro direttori Franco Marinoni e Alberto Marini.

I dirigenti delle due associazioni di categoria hanno dato il via al “flash mob” proprio di fronte al ristorante La Maremma di via Verdi, diventato luogo-simbolo della disperazione degli imprenditori dopo l’estremo gesto del suo titolare, che si è tolto la vita nell’agosto scorso e che è stato ricordato anche da sua moglie, presente alla mobilitazione di stamani. E ad un altro imprenditore tragicamente scomparso nei giorni scorsi, l’agente di viaggio di Seano, i colleghi fiorentini hanno voluto rendere omaggio con una corona posta lungo il percorso. I dirigenti di Confcommercio e Confesercenti hanno quindi camminato insieme lungo le strade lungo le quali si snodava la “catena umana”: piazza Salvemini, Borgo degli Albizi, via del Proconsolo, fino ad arrivare in piazza Duomo 10, di fronte alla Presidenza della Regione Toscana, dove erano attesi dall’assessore alla attività produttive Leonardo Marras, che ha espresso la solidarietà del governo regionale alle ragioni della protesta. Infine, si sono recati in Prefettura per consegnare nelle mani del Prefetto Alessandra Guidi il documento unitario contenente dieci richieste degli imprenditori del terziario, con la preghiera che il massimo esponente locale dello Stato se ne faccia portavoce presso il governo nazionale.

“Dieci richieste ma che possono riassumersi in due principali: poter tornare tutti al lavoro, pur con le regole e limitazioni imposte dalla necessità di arginare la pandemia, e – laddove questo non fosse possibile – avere ristori dignitosi e sufficienti per tirare avanti continuando a garantire l’occupazione”, dicono i presidenti Cursano e Bianchi.

“L’emergenza pandemica non è più solo sanitaria, ma è diventata anche economica, in maniera sempre più drammatica con il passare dei mesi”, si legge nella premessa del documento unitario di Confcommercio e Confesercenti, “abbiamo accettato con grande senso di responsabilità tutte le misure di sicurezza che venivano imposte alle nostre attività dal Governo, investendo tempo e denaro. Ma la pandemia non si è arrestata e pare purtroppo ancora lontano il momento in cui potremo dirci completamente fuori dal pericolo. Il piano vaccinale va avanti ancora troppo lentamente e le nostre imprese continuano ad arrancare attingendo ai risparmi personali (i pochi rimasti) dei titolari, ai fidi bancari (che vengono erogati sempre meno) e ai pochi ristori arrivati dal Governo e dalla Regione Toscana”.

Da qui la fortissima preoccupazione “per il futuro delle nostre imprese ma anche per quello dell’occupazione, soprattutto alla luce dell’eventuale sblocco al divieto dei licenziamenti”. Poi, gli interrogativi che restano ancora aperti. Su tutti, uno: “non comprendiamo perché, di tutti i settori economici esistenti, solo il nostro sia stato colpito così duramente dalle restrizioni e dalle chiusure. Mentre interi comparti del terziario sono stati completamente bloccati (si vedano le palestre, i cinema, i teatri, le discoteche, il settore degli eventi) o possono lavorare solo a singhiozzo e a regime ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi o i negozi di moda), imprese di altri settori sono rimaste ferme solo per poco più di 15 giorni. Come se il pericolo di assembramenti e contagi riguardasse esclusivamente le aziende ed i lavoratori del terziario”.

“Lo Stato – prosegue il documento - non può scaricare sulle nostre spalle tutto il peso di una situazione drammatica, come se la diffusione del contagio dipendesse dalla nostra attività. Se così fosse, la pandemia sarebbe già conclusa da tempo, invece i contagi continuano anche quando le nostre aziende sono chiuse. Le nostre attività si svolgono in luoghi controllati e controllabili. Se è necessario il vaccino, chiediamo di essere vaccinati. Se si devono rivedere i protocolli, siamo pronti a rivederli. Ma questo deve servire a ridarci la dignità del lavoro”

“Noi siamo convinti che salute e lavoro possano e debbano convivere. Ma, soprattutto, pensiamo che “il futuro non si chiude”: dobbiamo quindi imparare a convivere con la pandemia, mettendo in atto – se necessario – misure ancora più restrittive per regolare le nostre attività, ma senza bloccarle totalmente, nel rispetto di quel diritto al lavoro sancito dall’articolo 4 della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società”.

Il documento consegnato al Prefetto di Firenze, il medesimo che nello stesso momento è stato consegnato ai prefetti di tutte le altre città toscane coinvolte nella mobilitazione, si conclude dunque con le dieci richieste:
1. ristori immediati parametrati sulla perdita di fatturato;
2. riapertura immediata in sicurezza di tutte le attività chiuse;
3. moratoria fiscale per gli anni 2020-2021;
4. proroga della cassa integrazione e della moratoria dei mutui e finanziamenti fino al 31 dicembre 2021;
5. rimodulazione delle locazioni commerciali e blocco degli sfratti;
6. taglio del cuneo fiscale che grava sulle imprese;
7. creazione di un piano “ripartenza” per il terziario;
8. vaccinazione immediata di imprenditori e addetti del terziario;
9. pagamento immediato di tutti i bonus ristori e indennizzi sospesi;
10. passaporto sanitario europeo per spostamenti Ue.

Un nastro tricolore, steso da via Verdi fino a piazza del Duomo dove ha sede la presidenza della Regione. E da lì fino alla prefettura in via Cavour, dove le associazioni di categoria – Confcommercio e Confercenti -  hanno consegnato un documento in dieci punti da recapitare al Governo.  Anche a Firenze, come in tutti i capoluoghi toscani  con l’aggiunta di Viareggio,  il mondo del terziario è sceso oggi in piazza per chiedere di riaprire e trovare un punto di equilibrio tra la sicurezza (di tutti) e la ripartenza e la tutela di un settore economico fermo oramai praticamente da un anno. Oltre quattrocento persone nelle vie di Firenze ed una lunghissima catena umana fatta di ristoratori, baristi e rappresentanti di agenzie di viaggio, palestre, piscine, scuole di danza e ambulanti.  “Una  rappresentazione plastica di quante famiglie siano costrette a vivere nelle restrizioni e nelle difficoltà e che hanno invece voglia di ripartire e di lavorare” ha commentato l’assessore all’economia della Toscana, Leonardo Marras, che ha incontrato i commercianti in piazza del Duomo.

Marras incontra gli imprenditori: "Più vaccini unica vera soluzione"

“La proposta più risolutiva rimane quella di una vaccinazione di massa contro il Covid-19 – ha spiegato l’assessore – perché, senza vaccini, trovare un punto di equilibrio tra la libertà di iniziativa e dunque la socialità ritrovata e la sicurezza e il distanziamento per ridurre i contagi è difficilissimo.  Lo si vede in questi giorni, in cui in tutta Italia sono ripresi a correre i contagi: con condizioni imprevedibili, durata incerta di questa fase e l’impossibilità quindi di poter programmare qualunque cosa, il che mette in difficoltà soprattutto chi deve fare i conti con costi fissi che viaggiano e condizioni di ripresa che non si conoscono”.

I commercianti hanno sfilato affidando a cartelli le loro richieste e preoccupazioni: il lavoro come diritto, la salvezza delle imprese, un futuro per il settore, i debiti accumulati con le banche e ristori adeguati.

“Sui ristori come Regione abbiamo cercato di dare un piccolo segnale, sicuramente non risolutivo, ma ci siamo mossi e proveremo a fare altrettanto di nuovo, a beneficio di tutto il settore turistico che maggiormente ha sofferto e soffrirà ancora la crisi innescata dalla pandemia” ha ricordato Marras. La Regione ha impegnato infatti a gennaio oltre venti milioni con due diversi bandi con ristori da 2500 euro per gli esercizi con perdite di almeno il 40 per cento. Le richieste sono state inferiori alle risorse a disposizione e circa nove milioni non spesi saranno adesso riprogrammati.

“Ma se dobbiamo cercare un punto di equilibrio tra sostegno all’economia e salute dei cittadini è evidente – ha concluso Marras – che è la copertura che arriva dai vaccini l’unica risposta. Occorre accelerare il più possibile, pretendere e produrne anche autonomamente, se necessario. Dobbiamo  arrivare a gradi di vaccinazione molto più intensi di quelli registrati oggi. La Toscana ha messo in campo tutto quello che può servire, i servizi sanitari sono pronti e per noi sarebbe facile vaccinare tanta più gente se ci fossero più vaccini a disposizione”. Prevenendo, a quel punto, i contagi che oggi impongono restrizioni.

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