Rifiuti speciali smaltiti illegalmente dalla Campania a Prato: 8 avvisi di garanzia
Otto avvisi di garanzia per imprenditori e consulenti ambientali cinesi, campani e toscani per un'indagine riguardante rifiuti speciali che dalla Campania finivano in discariche toscane. I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Firenze sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo fiorentino hanno indagato in merito a reati che vanno dall’associazione a delinquere, all’illecito traffico organizzato di rifiuti, alla illecita gestione di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali di varia natura, in alcuni casi anche pericolosi.
Le notifiche dei provvedimenti agli indagati e agli amministratori delle due aziende sono tuttora in corso da parte dei Carabinieri del NOE e dei Comandi Provinciali di Prato, Firenze, Pisa, Napoli ed Avellino.
Ingenti quantità di rifiuti, fittiziamente classificati come imballaggi di materiali misti, erano conferiti verso una ditta pratese dal produttore, un’azienda di Napoli, per il tramite del trasportatore, sempre di Napoli, e successivamente venivano smaltiti in impianti e discariche toscane, attestando falsamente che fossero lo scarto di un’attività di recupero rifiuti, di fatto mai effettuata.
Il modus operandi consisteva nel far apparire documentalmente che l’attività svolta presso la ditta pratese fosse quella di sottoporre a recupero le diverse tipologie di rifiuti speciali in ingresso (imballaggi misti vari, ma anche materiali assorbenti, rifiuti misti dell’attività di costruzione e demolizione, materiali isolanti, guaine, scarti della lavorazione del cuoio e dell’industria tessile), avviando a smaltimento in discarica la frazione residuale; i militari del NOE hanno però accertato che invece presso l’impianto non vi fosse nessuna linea di trattamento meccanico, nè macchinari idonei al processo di recupero di gran parte dei rifiuti.
I titolari dell'azienda di Prato erano anche soci e amministratori della società di Napoli. Assieme a consulenti ambientali, altri imprenditori e dipendenti attestavano il falso in merito al recupero, quando invece questi rifiuti venivano solo accumulati e mischiati per fare perdere la tracciabilità. Dall’impianto di Prato uscivano rifiuti pronti per essere poi smaltiti in discarica, come se fossero il risultato di operazioni di recupero (mai eseguite), quando invece erano solamente il frutto di una mera miscelazione di diverse tipologie.
La gestione ha portato dal 2014 al febbraio 2018 a ottenere 2 milioni di euro per il mancato pagamento della ecotassa regionale e grazie all'Iva al 10% invece che al 22. Le due aziende, quella napoletana e quella pratese, sono state colpite da un provvedimento della Direzione Distrettuale Antimafia che prevede anche sanzioni sulle quote societarie.
Tra gli indagati figura anche un cittadino cinese, imprenditore locale, il quale si era ritagliato un posto nell’organizzazione quale trait d’union tra la ditta di Prato e molte aziende della manifattura tessile e il “pronto moda cinese” operanti nell’hinterland pratese, condotte da suoi connazionali, che avevano bisogno di smaltire ingenti quantitativi di rifiuti tessili prodotti da tali ditte.
Le intercettazioni telefoniche e telematiche Carabinieri del NOE di Firenze, supportate da diverse verifiche, sequestri e acquisizioni documentali e da accertamenti tecnici condotti dal Dipartimento A.R.P.A.T. di Prato, hanno fatto emergere come l’impianto toscano fosse il cuore di un meccanismo ingegnoso e semplice al tempo stesso che ha consentito al sodalizio criminale di smaltire per anni in Toscana rifiuti provenienti prevalentemente dalla Campania, ma non solo, trasgredendo alle normative di settore ed eludendo il fisco, con consistenti illeciti profitti.