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Giorno del ricordo, storici e studenti si misurano con la complessità della storia

Alessandra Nardini

La Toscana ricorda  le vittime delle foibe, l’esodo degli italiani dall’Istria, dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia ma soprattutto la storia complessa di un confine difficile senza la cui conoscenza  non è possibile comprendere tutto quello che poi è successo. È quello che accadrà mercoledì 10 febbraio con la diretta streaming che potrà essere seguita, dalle 9.30 alle 11, all’indirizzo www.regione.toscana.it/diretta-streaming. Numerose scuole si collegheranno. Interverranno il presidente dell’Istituto storico della Regione Toscana Giuseppe Matulli, il presidente dell’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea  Luca Verzichelli, Luciana Rocchi sempre dell’Isgrec, Luca Bravi per l’Università di Firenze e il console italiano a Fiume Davide Bradanini. Concluderà l’assessora regionale alla cultura della memoria Alessandra Nardini (qui il programma).

Di qua e di là da quel confine ciascuno visse nel Novecento, in anni diversi, il suo dramma e patì la sua violenza.  Chi aveva ragione? “Ognuno pensava di averla” rispondeva uno studente l’anno scorso, nel 2020, al termine della seconda edizione del viaggio con le scuole, venticinque istituti e cinquanta ragazze e ragazzi, organizzato dalla Regione. “Troppi interessi da parte delle nazioni – raccontavano gli studenti -  Non fu un bel periodo per nessuno”.

Storie diverse, prospettive che si incrociano. E da quel viaggio di un anno fa, raccontato attraverso una mostra virtuale web (https://viaggiosulconfine.weebly.com/) imposta dai tempi, riparte la Regione Toscana per celebrare il “Giorno del ricordo”, mettendo insieme conoscenza ed emotività, le orecchie rivolte come sempre ad un mosaico di voci: col vedere e l’ascoltare tutti per capire, che sono poi gli stessi ingredienti delle iniziative sulla memoria della Shoah e della deportazione nei campi di sterminio nazisti.

Per gli storici un parallelo tra foibe e Shoah è impossibile, perché “non fu pulizia etnica né genocidio” come spiegava nel 2020 Franco Ceccotti. Ma le violenze ci furono e i crimini anche, sono nei fatti. E quelle violenze vanno conosciute per provare a capire. Così, se un confine è una linea che sempre separa, la Toscana con le iniziative organizzate ogni anno  ha voluto provare ad attraversarla quella linea, ricomporre le storie di qua e di là (anche quelle scomode) e confrontarsi, appoggiandosi alla ricerca storica e alla memoria.

È quello che accadrà di nuovo il 10 febbraio 2021, sullo sfondo del viaggio dell’anno scorso e in attesa del prossimo: cinque giorni allora lungo il confine orientale italiano per riannodare le fila della storia e della memoria tra contrapposte paure, dal sacrario di Redipuglia dove sono sepolti i caduti della Prima guerra mondiale a Trieste e a Gonars, da Basovizza a Fiume, ascoltando storici e archivisti, incontrando esuli e figli di esuli e gli italiani che hanno continuato a vivere in Croazia e Slovenia. Un viaggio per misurarsi con la complessità della storia, tra i racconti degli italiani,  etichettati ingiustamente tutti allora come fascisti, costretti all’esilio dall’Istria e dalla Dalmazia, di chi rimase e di chi dall’Italia nel nuovo stato comunista di Tito volle andare.  Un viaggio in cui si rievocano le storie anche di sloveni e croati ‘italianizzati’ a forza, di internati in campi di prigionia con le terre che coltivavano messe all’asta, e in cui si materializzano le storie dell’occupazione nazista dopo il 1943 e del campo di concentramento e sterminio della Risiera di San Sabba a Trieste, le storie di collaborazionisti italiani, sloveni e croati o dei tedeschi salutati all’inizio come liberatori a Pisino ma poi autori in tutta l’Istria di stragi in cui morirono in duemilacinquecento, italiani, sloveni e croati di nuovo.

In questo contesto di violenze legate alla guerra e ai suoi strascichi si inserisce l’orrore delle foibe: quasi cinquecento persone scomparse nel 1943 (e 217 corpi ritrovati), tra le quattro e le cinquemila svanite nel nulla tra maggio e giugno del 1945 subito dopo la Liberazione (482 cadaveri in 48 foibe diverse rintracciati sul Carso. altri 411 negli scantinati di Trieste). Morirono tanti italiani ma anche sloveni e croati: uccisi perché ritenuti collusi con l’amministrazione fascista, uccisi perché anti-comunisti, oppure  solo poveri diavoli e pedine scomode nel progetto di Tito di uno stato jugoslavo con Trieste e l’Istria all’interno.

“Diffidate di tutto e di tutti, anche delle vostre prime sensazioni” raccomandava da buon giornalista, custode di un racconto che prima di tutto deve essere  onesto, Pierluigi Sabatti, presidente del Circolo della Stampa di Trieste, durante l’incontro nel 2020 con le studentesse e gli studenti toscani. “Confrontate le fonti – diceva – e approfondite”. Un consiglio che non riguarda solo la storia e il passato.

Per approfondire 

 

Fonte: Regione Toscana

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