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Azienda di confezioni in carcere, 5 detenuti assunti a contratto

Il reparto di confezioni aperto nel carcere della Dogaia di Prato dall’azienda tessile Pointex è pronto per iniziare la produzione. Cinque detenuti avranno così la possibilità di essere impiegati in un lavoro vero in vista di un futuro reinserimento nella società. Vede dunque la luce il progetto presentato a fine novembre 2019 e che coinvolge la direzione della Casa circondariale, la Fondazione Solidarietà Caritas onlus di Prato, la Società della Salute e la Cooperativa sociale San Martino di Firenze.

Questa mattina alla presenza del vescovo Giovanni Nerbini e del sindaco Matteo Biffoni sono stati inaugurati e benedetti i macchinari e le attrezzature che serviranno per realizzare fodere per cuscini e materassi. «Si tratta una appendice della nostra azienda aperta in carcere – spiega Marco Ranaldo, titolare della Pointex – noi forniremo materiale semilavorato e ai detenuti toccherà il compito di taglio, cucitura e confezionamento». E che il progetto sia serio e non un’opera assistenziale lo dimostra il fatto che il committente, la Pointex di Capalle, azienda specializzata nel settore, si è posta un obiettivo: produrre dai 300 ai 500 pezzi al giorno. «Questa sfida andrà avanti solo se è sostenibile da un punto di vista economico, si tratta di un lavoro vero, solo così sarà possibile creare uno sbocco lavorativo successivo per queste persone», sottolinea Ranaldo.

Come funziona il lavoro. Nel progetto Confezione, questo il nome dell’iniziativa, saranno impiegati prima con un tirocinio e poi con un regolare contratto cinque detenuti in regime di semilibertà o che possono usufruire delle possibilità offerte dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario che permette loro di poter essere assegnati a un lavoro, anche esterno, o a corsi di formazione professionale. I turni sono di otto ore per cinque giorni la settimana. Il team è coordinato da un capo reparto, una persona esterna, dunque non un detenuto, appositamente formato al ruolo dalla Pointex, che fornisce in comodato d’uso gratuito le macchine da cucire e le altre attrezzature necessarie allo svolgimento della produzione.

«Dopo un anno tribolato siamo riusciti a dare l’avvio a questa collaborazione – dice Vincenzo Tedeschi, direttore della Dogaia – in questo modo diamo un segnale all’esterno che all’interno del carcere, nonostante le criticità che stiamo vivendo, possiamo dar vita a qualcosa di importante. Sono piccoli numeri, solo cinque detenuti, ma per queste persone si tratta di una opportunità fondamentale». Attualmente alla Dogaia sono 150 i carcerati impegnati in attività lavorative, ma si tratta di occupazioni che riguardano la vita carceraria: cucina, pulizie e lavanderia. Il progetto Confezione è la prima esperienza di lavoro «esterno».

Il progetto. Rispetto a quanto stabilito sulla tabella di marcia, questo progetto prende vita con un anno di ritardo, l’emergenza Covid ha allungato i tempi e reso complicata la sua realizzazione, ma il taglio del nastro avvenuto stamani alla Dogaia dimostra la determinazione dei tanti soggetti coinvolti. La Caritas, attraverso il braccio operativo della Fondazione Solidarietà Caritas onluns, ha coordinato tutta l’iniziativa, forte del suo impegno decennale a favore del reinserimento sociale dei detenuti mentre la Società della Salute di Prato ha contribuito con 20mila euro alla sistemazione del nuovo reparto di produzione con il pagamento dell’impianto elettrico e della messa a norma dei locali.

Per gestione del lavoro e dei lavoratori ci si è affidati alla Cooperativa sociale San Martino della Caritas diocesana di Firenze, organizzazione che vanta una lunga esperienza con i detenuti nella casa circondariale fiorentina Mario Gozzini, dove da tempo ha aperto un servizio di lavanderia che lavora conto terzi per «l’esterno». La Pointex ha installato in un ambiente indicato dalla Dogaia, in comodato gratuito, le attrezzature necessarie: cinque macchine da cucire, tavoli, scaffalature e quanto serve per mandare avanti un reparto di confezioni e poi, come detto, farà da committente per le produzioni fornendo i materiali per realizzare le fodere.

Hanno detto. «Questa iniziativa sancisce la grandezza e la validità della nostra Costituzione e la sua messa in pratica – afferma il vescovo Nerbini – non c’è questione più importante del lavoro perché un detenuto possa aprirsi a un vero riscatto». Soddisfazione per il grande lavoro di squadra è stata espressa anche dal sindaco Biffoni: «Questa è una bella storia di coerenza tra quello che si dice e quello che si fa. Grazie alla collaborazione di tanti è stato realizzato un progetto importante».

Presente all’inaugurazione anche la direttrice della Società della Salute di Prato Lorena Paganelli: «Abbiamo finanziato questo progetto perché crediamo che possa rappresentare un segno, questa iniziativa dimostra che anche il carcere può essere uno spazio compatibile con una esperienza di lavoro produttivo, una attività che rende la pena sicuramente più umana».

Per la Fondazione Solidarietà Caritas onlus di Prato questo risultato «è il frutto di un lavoro che viene da lontano», come ha sottolineato la presidente Idalia Venco: «Continueremo il nostro impegno, abbiamo in ponte altri progetti legati al concetto di “giustizia riparativa”, percorsi che facciano riflettere i detenuti sul danno causato alla comunità con le loro condotte. Sono tutte iniziative che cercano di realizzare il precetto costituzionale della funzione rieducativa della pena».

Si dice pronto a partire il presidente della Cooperativa San Martino Francesco Grazi: «Sappiamo bene che il percorso che iniziamo oggi non sarà facile, ma sappiamo anche di poter contare sul sostegno di tanti. Vogliamo dimostrare che in carcere si può fare attività imprenditoriale e ci impegneremo in questo».

Fonte: Diocesi di Prato

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