Pelletteria, dati in calo: la Toscana al -38%, Firenze al -40,6%
«La Toscana è sempre stata la regione dei record produttivi, adesso i nostri sono record negativi. È anche vero che ci sono griffe che in questo momento accelerano sugli investimenti: è evidente che il sistema del prodotto di pelletteria del lusso sta scommettendo sul post Covid. Dal punto di vista del tessuto industriale il tema è ‘come’ ripartiremo. Dobbiamo focalizzare l’attenzione sul sistema delle piccole, medie e grandi imprese e su questo Assopellettieri sta lavorando e continuerà a lavorare tantissimo». Così Andrea Calistri vicepresidente di Assopellettieri con delega al distretto toscano commenta i dati presentati questa mattina nel corso del webinar "Covid-19, elezioni americane e commercio internazionale: quale futuro?" in cui, a quattro mesi dagli Stati Generali della Pelletteria che si sono tenuti a Firenze lo scorso luglio, Assopellettieri ha voluto fare il punto della situazione insieme al giornalista Alan Friedman.
«Siamo di fronte a un cambiamento di paradigma accelerato dal Covid – ha detto Alan Friedman -. Sono convinto che fra la primavera del 2020 e quella del 2022 avremo fatto un salto di tecnologia che normalmente avremmo visto in dieci anni. I vincitori di questa sfida non saranno solo coloro che fanno prodotti di qualità, ma colo che saranno capaci di comunicare il valore della sostenibilità e di utilizzare in maniera efficace le piattaforme digitali. Non parlo solo di e-commerce ma di tutti i contenuti digitali necessari: è necessario che le piccole e medie aziende imparino a sfruttare in maniera efficace strumenti come i social media che rappresentano un panorama di occasione concrete. E la chiave, a mio avviso è fare squadra: se non si apre alla possibilità di fare sistema non ci sarà la massa critica necessaria per stare in piedi nel mondo del 21° secolo».
Secondo i dati del centro studi Confindustria Moda, nel primo semestre del 2020, in Toscana il settore dei prodotti della pelletteria e della concia (voce Ateco CB151) ha registrato una flessione del -38% rispetto al primo semestre 2019, passando da un fatturato di oltre 2,8 miliardi di euro a poco meno di 1,8 miliardi. Fa ancora peggio la provincia di Firenze. Con un -40,6% (su una media italiana del -30,6%) il distretto fiorentino passa da un fatturato di poco più di 2,3 miliardi di euro a poco meno di 1,4 miliardi. L’area fiorentina, che accoglie il distretto del lusso, resta comunque in testa alla classifica delle province (staccando di circa 300 milioni la provincia di Vicenza) e da sola rappresenta circa il 30% del fatturato totale nazionale nel settore. Tra le altre province toscane segna un -32% Pisa, mentre Pistoia recupera il 18,6%, dopo le dinamiche negative del 2019. In tema di export, risultano praticamente dimezzati (-51,3%) i flussi toscani verso la Svizzera. Male anche USA (-37,8%) e Germania (-28,2%). Più moderato il calo in Francia (-11,3%), mentre migliorano le vendite verso il Regno Unito, cresciute del +5,4%.
«I danni del Covid in Toscana sono nei numeri. – afferma Andrea Calistri –, la situazione delle aziende regionali è complessa: basta guardare i dati relativi alla cassa integrazione che ha subito un aumento senza precedenti rispetto al 2019, con un incremento del 3371% (884,6% la media nazionale), passando da poco meno di 420 mila ore a quasi 14,5 milioni. Gli ammortizzatori sociali stanno dando tempo al sistema di ritrovare degli spazi, ma anche se gli indicatori ci dicono che dalla metà del 2021 saremo in grado di risalire la china, è evidente che si ripartirà avendo davanti un tessuto industriale fortemente provato».
Una situazione che va affrontata con i giusti strumenti. «È molto probabile che da qui a 10 anni assisteremo a una rivoluzione del sistema industriale dettata dalla crescente necessità di digitalizzazione e questo richiede una rivisitazione del sistema nel suo insieme – prosegue Calistri –. In Toscana c’è una storia antica di saper fare: dobbiamo stare attenti a non perdere questo patrimonio, il Made in Italy è il nocciolo che fa attrazione, ma bisogna anche dotarsi di nuovi strumenti virtuali. Credo che il modo migliore per muoversi sia fare squadra, creare un patto di filiera capace di sostenere le imprese in questo processo di transizione. L’obbiettivo primario di Assopellettieri è fare l’interesse delle imprese. Rappresentiamo un settore portante dell’economia nazionale e questo ci dà la possibilità di essere ascoltati dalla politica locale e nazionale. Ci proponiamo come interlocutori delle aziende e loro portavoce, perché siamo titolati a farlo. Ma c’è bisogno, ora più che mai di restare compatti».
Fonte: Ufficio stampa