Si è evocato la 'paura dei verdi', l'inferno e il paradiso politico, lo scontro titanico tra due civiltà. "Ceccardi è avanti", "Se a Firenze non sfondiamo abbiamo perso", "Serve tanto voto disgiunto altrimenti è andata": questi i toni plumbei che rimbombavano nei corridoi del centrosinistra a poche ore dall'apertura dei seggi. Ci si attendeva una battaglia serrata all'ultimo voto, le jungeriane 'tempeste d'acciaio', sconquassamenti tellurici che avrebbero ridisegnato il profilo geografico della Toscana; ma alla fine sul campo di battaglia, di fronte al centrosinistra, c'erano solo figure di cartapesta. La 'roccaforte rossa' non è mai stata contenibile e fin dai primi exit poll è stato chiaro che Giani era il nuovo presidente. Il candidato PD alla fine ha raggiunto il 48%, staccando la Ceccardi di otto punti, sgretolando un M5S fermo al 6% e disintegrando, invece, una sinistra non-Pd che con tre diversi soggetti politici non ha ottenuto più del 4%. Un risultato per il centrosinistra in linea con quello di Rossi nel 2015, quando però Salvini era appena un'ombra politica e la destra solo un cattivo presagio.
Facile proclamare vinti e vincitori. Il Partito Democratico non solo tira un sospiro di sollievo, ma incassa una vittoria netta, inequivocabile. Si è fatto scudo di una miriade di UFO politici contro l'invasione della "peggiore destra di sempre", utilizzando quei 'soggetti politici non identificati' come bancomat elettorale o lista 'usa e getta': di 5 liste solo i renziani di Italia Viva entreranno in consiglio regionale (2 seggi), ma i voti delle altre 4 liste (circa il 7-8%) sono stati quelli determinanti non solo a vincere, ma anche a tracciare un solco netto tra Giani e Ceccardi. Quei voti saranno tutti utilizzati per dar fiato alle trombe festanti di un PD proclamatosi vincitore. Il Partito Democratico è infatti risultato il primo partito con il 34,7%, confermando il voto delle Europee 2019, e trasformando l'entusiasmo della destra in una severa batosta. Il grande sconfitto, invece, è proprio Salvini: nel centrodestra la Lega che trainava la coalizione con i toni chiassosi del salvinismo ha visto ridimensionare proprio la sua 'anima verde', ferma al 21%, circa 10 punti in meno rispetto al 2019. Aver perso Pisa, Cascina, Siena, sa di beffa, una vistosa inversione di tendenza. Molti voti, invece, sono andati a Fratelli d'Italia che in queste ore sta sventolando in faccia agli alleati le bandierine con scritto '+10%' (l'aumento del partito della Meloni in Toscana). Forse la scelta di Ceccardi qui era davvero avventata, si basava sull'ipotesi di una sconfitta certa: tanto valeva fare all-in, alzare i toni e tentare di polarizzare l'elettorato! Non a caso quando i sondaggi hanno fatto sperare in una Toscana contenibile i toni si sono placati: Salvini è stato lasciato scorrazzare tra il 'popolo', mentre Ceccardi ha vestito lo smoking istituzionale per fare il giro delle sette associazioni e rassicurare le categorie sociali.
Ma a vincere, bisogna dirselo chiaramente, sono state figure di cartapesta disseminate sul campo di battaglia. La strategia politica del centrosinistra è stata quella del "a Lupo, a Lupo", le Regionali 2020 saranno ricordate insomma come "lo scherzo del pastore-PD". Si è evocato un '18 aprile' contro il pericolo di destra, angeli e demoni politici, si è fatto appello alla "radicata cultura democratica" della Toscana più che mostrare programmi politici, si è ripescato il topos del 'voto utile', e si è traumatizzato un elettorato che è corso sotto la coperta di un PD diventato 'pater familias' più che partito. E ha funzionato. Se guardiamo i dati di M5S e Fattori non si è trattato di 'voto disgiunto' (lo scarto tra candidato e lista non è mai superiore a 1% sia per M5S che per Fattori), ma di 'voto utile': l'elettorato si è recato alle urne per votare Giani e la sua coalizione. I dati sull'affluenza sono leggermente minori delle Europee del 2019 (-3% circa), ma molto maggiori alle Regionali 2015 (+14%). Una vera e propria mobilitazione antisalviniana, non c'è dubbio, che probabilmente ha richiamato al voto quei delusi della sinistra che hanno deciso di "turarsi il naso" e votare PD. Fattori ha parlato di "voto inquinato dalla paura", Galletti e la sinistra non-PD ha contestato l'uso spregiudicato dell'appello al 'voto utile', ma il punto è che l'elettorato ha preferito Giani a Ceccardi e al salvinismo, punto. Ed è stata proprio questa mobilitazione a scongiurare un testa a testa; il paradosso semmai è che il PD passi da assediato a trionfatore.
Ma la destra era un vero pericolo o no? Sarebbe troppo facile dare giudizi oggi dopo un +8% ottenuto grazie ad una Santa Alleanza. Né è possibile dire se il PD fosse davvero spaventato o abbia solo vestito i panni machiavellici dello stratega (forse entrambe le cose?). Ci interessano di più gli effetti politici. Da una parte le Regionali 2020 generano un paradosso nella sinistra, uno dei tanti: la mobilitazione contro la destra ha ridisegnato un consiglio regionale nella quale è stata azzerata la componente di sinistra non-PD. Il richiamo al voto utile e alla 'paura dei verdi' ha drenato voti all'unica formazione 'istituzionalizzata', quella di Fattori, che è stata ridotta ad un misero 2,2%, l'ennesimo 'coitus interruptus' della sinistra di governo. Impercettibili, invece, gli altri schieramenti che non hanno raggiunto l'1%. La "scelta di responsabilità" fatta da Sinistra Civica Ecologista, lista che ha sfiorato il 3% e che proveniva dall'area di Fattori, non è stata determinante per la vittoria di Giani, ma lo è stata per escludere Toscana a Sinistra dal consiglio regionale, ma soprattutto per rendere schiacciante la vittoria del PD, rilanciare cioé un partito che con Giani ha fatto una non troppo velata scelta di 'centrismo': vincere con un +5% o con un +8% non è la stessa cosa e il PD adesso può portare alti gli stendardi del vincitore senza curarsi di chi chiede troppo in cambio. Il risultato finale è un 'PD rosa' rinvigorito di voti e consenso, una destra delegittimata dal popolo toscano, una Sinistra non-PD ridotta agli zero-virgola, senza rappresentanza istituzionale e alle prese con i suoi demoni. Il rischio a sinistra era noto, ma la Ceccardi era comunque un rischio peggiore: questo sembra aver pensato l'elettorato. Italia Viva intanto, dopo aver 'indicato' da esterno il candidato alla presidenza, conquista due consiglieri e farà valere il suo pur misero 4% in una Giunta presieduta proprio dal figliuol prodigo Eugenio e in una dirigenza regionale PD che non ha mai dimenticato il suo primo amore: Renzi, appunto. Insomma 'lo scherzo del pastore-PD' è davvero riuscito.
Eppure proprio come ci insegna la favola di Esopo "a lupo a lupo" può funzionare finché il pastore non perde credibilità. Insomma: "Fu vera gloria?". I dati dicono che la destra, verde o azzurra che sia è solo una questione interna, è al 40%, che alcune zone industriali come il Cuoio o le periferie hanno votato a maggioranza Ceccardi e che Giani ha vinto con 145mila voti di scarto di cui 128mila presi nel Fiorentino, che i 'toni istituzionali' di FdI stanno conquistando fette di elettorato, che una parte delle classi medio-basse non trovano più spazi di rappresentanza nel centrosinistra e diventano preda della destra. A penalizzare il cdx nel 2020, forse, è stata proprio la volontà di impiantare una lingua creola, quella del salvinismo, in una cultura politica incapace di comprenderla. Ma la domanda viene spontanea: cosa sarebbe successo se si fosse scelto un candidato più moderato? Qui si entra nella fantapolitica e non è necessario rispondere.
È invece importante prendere coscienza che il cdx raddoppia (quasi) i consiglieri passando a 14, e mette così un altro tassello a quel progressivo radicamento sociale e politico in Toscana. Bisogna ricordare che molti dei voti a Giani provengono, come lui stesso ha ammesso, dal sostegno dei sindaci del PD, nonché dal "buon governo" di Rossi, cioè dalle strutture impiantate dal PD in decenni di storia politica regionale. Il centrodestra, invece, ha vissuto negli ultimi anni un exploit che non è stato accompagnato con l'adeguata espressione di una classe dirigente a livello locale conosciuta, competente e con ruoli di governo. Se il cdx vola nei consensi, restano però ancora sconosciuti i suoi membri, così come resta anonima la sua dirigenza e i legami di essa con la società civile. Questo è uno dei grandi errori della destra, quello di aver voluto soffiare dietro le vele di grandi condottieri politici pensando che il 'capo' potesse essere autosufficiente. Ma è plausibile che nei prossimi anni continui questa infiltrazione, basta pensare alle nuove amministrazioni di cdx e ai legami che tesseranno i nuovi consiglieri regionali. Anche questi sono dati su cui riflettere in una prospettiva futura.
Insomma il PD dovrebbe mettere da parte le fanfare e ripensarsi come partito, capire come riallacciare il legame con una base che non accorrerà sempre al richiamo del lupo. La sinistra tutta è chiamata ad una riflessione. Giani può fare orecchio da mercante, dare fiato alle trombe mentre entra trionfalmente in consiglio regionale con i voti in mano, portando avanti la sua linea politica senza ormai nemmeno il peso di chi lo tirava a sinistra per la giacchetta; può svoltare al centro, dialogare con Italia Viva e chissà anche con un pezzo del centrodestra. Oppure può fare un passo di apertura verso la componente di sinistra, riallacciare legami sociali ormai dissolti, potrebbe iniziare ad esempio a dare un assessorato a SCE, e dialogare con quel mondo mettendosi in gioco come abile statista politico di centro in grado di coniugare anime diverse in funzione progressista. Insomma la scelta è tra interpretare il risultato di oggi come una vittoria, o come un ultimatum. Qui sta la grande scelta da fare nel palazzo della Regione. Fuori, invece, c'è una sinistra fatta di revanscismi, di culti del passato, di buoni propositi e valori, che deve ripensarsi e guardare ad un futuro unitario e progressista in grado di offrire seri spazi di rappresentanza alle classi medio-basse e farsi forza di governo, con o senza il PD. La roccaforte rossa ha bisogno di ricostruire le sue mura...e attenti al Lupo!
Giovanni Mennillo
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