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La semplice regola della disinfezione delle mani costò la carriera al Dottor Semmelweis

Lo sentiamo ripetere da mesi come un mantra. “Igienizza spesso le mani con acqua e sapone o usando un apposito prodotto disinfettante a base alcolica”, è fra le prime raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire il nuovo coronavirus. Sembrerebbe una norma igienica piuttosto banale, eppure nella storia della medicina tale regola si è affermata soltanto nella seconda metà dell’Ottocento, in particolar modo grazie alle scoperte del chimico francese e padre della moderna microbiologia, Louis Pasteur (1822-1895). Basti pensare che, prima di allora, gli operatori sanitari non erano soliti lavarsi le mani: l’idea fu considerata talmente rivoluzionaria da costare la reputazione e la carriera al ginecologo ungherese Ignazio Filippo Semmelweis (1818-1865) che per primo la istituì. Un paradosso? Al giorno d’oggi, per tutti noi che fin dall’infanzia abbiamo imparato a ripetere quotidianamente un gesto che è entrato a far parte delle abitudini igieniche più basilari, può apparire un’assurdità. Come molte piccole cose che possono fare una grande differenza – e che tendiamo a dare per scontate –, anche dietro questa semplice regola si cela una storia che vale la pena ricordare.

Il particolare caso della febbre puerperale a Vienna

Torniamo indietro nel tempo, nella Vienna del XIX secolo. Più precisamente nell’anno 1847, quando il giovane medico chirurgo Ignazio Semmelweis cominciò il proprio lavoro come assistente del primario di ostetricia dell’Ospedale Generale di Vienna, l’Allgemeines Krankenhaus. Il reparto era diretto, fin dal 1823, da Johann Klein: in quegli anni si verificò un inconsueto incremento della mortalità dovuta alla febbre puerperale, la quale era passata dall’1% al 7,5%. A differenza della direzione del suo predecessore, il dottor Boër – durante la quale erano state limitate le visite interne alle partorienti e non era autorizzato lo studio sulle donne decedute –, fu reintrodotta da Klein la regola dell’insegnamento ostetrico durante le autopsie e delle successive visite alle partorienti. La situazione si stava aggravando anche nelle altre cliniche europee e statunitensi, laddove avveniva la formazione dei neolaureati. Al contrario, presso la seconda divisione di ostetricia di Vienna in cui si formavano esclusivamente le ostetriche tirocinanti, la mortalità per la febbre puerperale risultava essere inferiore di almeno un terzo dei casi complessivi occorsi nella prima divisione. D’improvviso, si verificò un evento che segnò profondamente Semmelweis: la morte del professor Jacob Kolletschka, avvenuta in seguito ad una accidentale ferita al dito, procurata col coltello di uno studente durante una delle autopsie formative. L’infezione che aveva colpito il professore presentava le medesime caratteristiche della febbre puerperale.

L’intuizione del dottor Semmelweis

“Le mani, per semplice contatto, possono infettare”, scrisse il brillante medico – dopo aver esaminato gli effetti delle contaminazioni sulle partorienti, intuendo come vi fosse una correlazione fra le mani non igienizzate degli studenti e la grave infezione che colpiva i neonati e le madri. In seguito, ordinò che fosse posta una scodella di cloro liquido – possiamo immaginarla come una sorta di precursore dell’odierno dispenser sapone a base alcolica – all’ingresso della prima divisione di ostetricia, insistendo affinché il personale sanitario vi si lavasse sempre le mani, prima di entrare in contatto con le pazienti. “I salutari risultati della nuova profilassi impiegarono qualche settimana prima di essere evidenti, ma entro l’inizio di giugno non vi era dubbio che stesse accadendo qualcosa di significativo: negli ultimi sette mesi dell’anno erano morte solo 56 delle 1841 donne che avevano partorito nella prima divisione. Questo significava che la mortalità era scesa al 3 per cento, paragonabile a quella della seconda divisione. Nel 1848, il primo anno completo del programma, la prima divisione ebbe un tasso di mortalità dell’1,2 per cento e la seconda dell’1,3 per cento, in pratica uguale. A marzo e ad agosto di quell’anno nella prima divisione non si verificò neppure un decesso”[1].

A tal punto, nella vicenda del dottor Semmelweis accadde qualcosa di inaspettato. Una svolta che in seguito si rivelerà drammatica. Il successo nell’identificare la causa della febbre puerperale e trovare un metodo efficace di prevenzione suscitò la netta opposizione del dottor Klein: il primario, tendenzialmente poco incline ad accogliere nuovi metodi – tantopiù se stabiliti da un sottoposto – non tollerava l’idea che le proprie disposizioni avessero potuto causare la morte delle pazienti. Di conseguenza, nel 1849 – terminato il primo biennio come assistente – lo stesso si rifiutò di rinnovare l’incarico al giovane medico. Nonostante le proteste dei colleghi Rokitansky, Hebra e Skoda a sostegno del collega, Klein non tornò sui propri passi. La carriera di Semmelweis nel prestigioso nosocomio viennese si concluse bruscamente: un esito che lo mise a dura prova, gettando un’ombra sul futuro. Difatti, egli lasciò improvvisamente la capitale e fece ritorno a Pest, dove assunse l’incarico di direzione della maternità dell’Ospedale San Rocco. Istituendo la norma della disinfezione delle mani, ottenne risultati paragonabili ai suoi precedenti successi a Vienna. Eppure, ancora una volta, dovette scontrarsi con la reticenza dei collaboratori che, incuranti dei risultati, continuavano ad essere restii ad eseguire scrupolosamente una semplice norma igienica. Il numero degli oppositori continuò ad infoltirsi perfino in seguito alla pubblicazione dell’opera di Semmelweis «L’eziologia, il concetto e la profilassi della febbre puerperale», nel 1861.

Purtroppo, non vi è un lieto fine nella storia di Ignazio Filippo Semmelweis: in seguito ad una profonda depressione, il medico si spense nella stanza di un ricovero per malati mentali, nel 1865. Per il meritato riconoscimento e la conferma scientifica delle sue teorie, si dovrà attendere il successivo lavoro di Pasteur.

Flora Liliana Menicocci

[1]Nuland SB. Il morbo dei dottori. La strana storia di Ignác Semmelweis.

Torino, Codice edizioni, 2004.

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