'BEAT 72 - L’Avanguardia Teatrale Romana', dibattito a Pietrasanta
Nel pomeriggio di domenica 22 agosto 2020, nel bellissimo convento degli Agostiniani a Pietrasanta, ha avuto luogo una intensa riflessione su quelli che sono stati gli anni della seconda avanguardia romana, quella degli anni 60 e 70.
La serata voluta da Antonella Carignani, insieme all’Associazione musicale internazionale e da Anna Giannelli, per molti anni collaboratrice del critico Nico Garrone, era introdotta e coordinata da Andrea Mancini, uno studioso che ha dedicato molti scritti ad un’epoca così densa di avvenimenti, in particolare il libro “Chi Dio? La poesia? Misteriosamente. Poesia e teatro di disperata attualità”, su Donato Sannini, una figura centrale in quegli anni, uno dei tanti scomparsi molto giovani , bruciati appunto da una specie di tragedia interiore, consumata a partire da quella tragicommedia teatrale che avevano messo in piedi.
In quel teatro di amara comicità, fecero le prime prove teatrali Carlo Monni, Aldo Buti e Roberto Benigni, che debuttò con il suo mitico “Cioni Mario di Gaspare fu Giulia” proprio nel teatro di Donato Sannini, che l’aveva introdotto sulle scene romane.
Si è parlato di questo e si sono viste immagini bellissime dovute a Piero Marsili Libelli, sul lavoro di personaggi come Manuela Kustemann, Rosa Di Lucia, Giancarlo Nanni, Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari, Giuliano Vasilicò, Leo De Berardinis, Perla Peragallo e tanti altri, con alcuni critici di riferimento, come Franco Cordelli, Nico Garrone, Franco Quadri, che cantarono le glorie delle Cantine Romane.
A Pietrasanta erano presenti Valentino Orfeo e Mauro Barabani,un regista e un attore che in quel teatro lavorarono. Orfeo tra l’altro ha diretto per oltre trent’anni il Teatro dell’Orologio, uno degli spazi alternativi più importanti di Roma. Ma c’erano anche, in collegamento video, Bruno Mazzali, Paolo De Manincor e Ulisse Benedetti, fondatore nel 1966 del mitico Beat 72, dove si sono esibiti monumenti della musica e del teatro internazionale.
Una serata davvero interessante, proprio perché non ha guardato semplicemente alla storia di un certo teatro italiano, ma anche a quella del costume e della vita nell’Italia dell’epoca, in un ventennio che parte pochi anni dopo il 1960 e si prolunga almeno fino al 1980.
Come ha detto Mancini: “Vorremmo guardare senza nostalgia e con un interesse non solo storico scientifico, ma appunto umano, al periodo delle cosiddette cantine romane, intenso anche come sperimentazione di una pratica teatrale fuori dalle Accademie e appunto dai Teatri accademici”
Di quegli anni fecero parte in molti che oggi non ci sono più o che ad un certo punto hanno cambiato luogo di lavoro, ad esempio Carmelo Bene, Luca Ronconi, Laura Morante, Roberto Benigni, o appunto l’attuale direttore artistico dello Stabile di Roma, cioè Barberio Corsetti o ancora il regista Mario Martone e tantissimi altri, i quali, pur non negando questa importante parentesi formativa, sono andati da altre parti, hanno cercato altrove il successo e la vita in genere. Sono diventati direttori di teatri e di film, hanno magari vinto l’Oscar, come ha fatto Roberto Benigni, che ha dedicato uno dei suoi film migliori, cioè “Il piccolo Diavolo” con Walter Matthau (1988), proprio a Donato Sannini, un poeta maledetto, un pazzo scatenato con il quale Roberto aveva fatto il suo viaggio verso Roma nel 1972, ad appena vent’anni, facendo esplodere il suo genio comico.
Insomma, come ha detto Mauro Barabani, citando Stendhal: “La passione non è cieca, ma visionaria”. Proprio su questa visione sono stati presi altri impegni domenica a Pietrasanta, intanto quello di non far morire questa iniziativa, che ha attirato in città parecchie decine di persone, con l’entusiastica adesione di tantissimi altri.
Mancini e gli altri si sono presi l’impegno di dedicare nuove ricerche e nuovi libri all’avanguardia romana, ad esempio alla critica che si è occupata di lei, con articoli importanti ormai dispersi negli archivi di giornali e riviste. Anche di fare una grande mostra che si occupi di questi luoghi, delle cantine, i fondi della città, dove il teatro sperimentale sembra essersi radicato, a partire almeno dagli anni 20 del Novecento.
Fonte: La conchiglia di Santiago - Ufficio stampa